Governance e piano industriale, le sfide della nuova stagione Rai
Viale Mazzini si avvia al ricambio del Cda. Si chiude un mandato molto condizionato dalla politica e dall'emergenza Covid che ha fatto rinviare piano industriale e riorganizzazione delle direzioni
di Andrea Biondi
3' di lettura
Il murales è spuntato in una notte in via Podgora, strada laterale a viale Mazzini. Il cavallo Rai domato da Fedez riassume iconicamente la vicenda che ha visto il cantante-influencer duellare con la Tv pubblica scaricandole addosso l’accusa di censura per quanto accaduto al Concertone del Primo maggio.
La vicenda ha affossato qualsiasi eventuale velleità di tenere in vita questo Cda. Tempi tecnici e da giugno in poi al settimo piano di Viale Mazzini si insedierà un nuovo board per il quale sono partite le procedure tecniche – Camera e Senato hanno pubblicato i curricula di chi si è “autocandidato”, 194 in tutto, per essere scelto fra i 4 componenti scelti dal Parlamento – e le manovre politiche. Il Cda sarà completato dal componente in rappresentanza degli undicimila dipendenti e da presidente e ad ai quali penseranno Mef e Palazzo Chigi. Il totonomi per sostituire l’ad Fabrizio Salini (arrivato con il gradimento di M5S) e Marcello Foa (in orbita Lega) è partito da tempo e ora sarà da misurare con il metodo Draghi, improntato alla linea del silenzio ma teso anche a tenere i partiti lontano dalla scelta dei vertici, per la quale al lavoro c’è anche la società Egon Zehnder.
Di sicuro il mantra dei “partiti fuori dalla Rai” è risultato in questa consiliatura come lontanissimo dalla realtà. L’ultima riforma della “governance” dell’azienda, voluta nel 2015 dal governo di Matteo Renzi, non ha di fatto indotto alcuna svolta. Le autocandidature sottoposte a Camera e Senato non hanno allentato la morsa dei partiti rispetto a quei tempi in cui a dare le carte per la scelta del Cda era la Commissione di Vigilanza. Anche per questo al centro dell’attenzione sono tornate le proposte di legge di riforma della governance Rai. Al Senato ci sono quella con prima firmataria Valeria Fedeli (Pd) – che si basa su una Fondazione garante dell’autonomia da governo e partiti – e quella con primo firmatario Primo Di Nicola (M5S): cda di cinque membri, scelto dall’Agcom anche a valle di un sorteggio fra gli idonei, con ad scelto dal board e presidente dal Tesoro. Alla Camera c’è la proposta di Leu (Federico Fornaro primo firmatario) che prevede il sistema duale.
Intanto per il prossimo board il menu di sfide è già ricco. Da gestire c’è una Rai che ha chiuso il 2020 in pareggio (come gruppo), ma con ricavi scesi di quasi 147 milioni (-5,5%) a 2,5 miliardi. I ricavi pubblicitari sono scesi di 45,8 milioni a 578 milioni con costi esterni scesi di 140 milioni. Alla fine il risultato netto consolidato è in pareggio – ma occorre dire grazie alle controllate come Rai Way e considerare i 40 milioni una tantum del Mise per gli obblighi del contratto di servizio – e con posizione finanziaria netta negativa di 523,4 milioni, «in peggioramento rispetto all’esercizio precedente ma comunque attestata su livelli di sostenibilità», ha dichiarato Viale Mazzini. A budget c’è una chiusura a -57 milioni di euro per il 2021: anno da cui, grazie all’ultima legge di Bilancio, si potrà contare sul rientro di quel 5% del canone sottratto alla Rai che la legge di Bilancio 2015 aveva destinato alla riduzione della pressione fiscale.
Causa Covid, intanto, è stata sospesa lo scorso anno l’attuazione del piano industriale. L’architettura delle nove direzioni orizzontali, di genere, andrà quindi completata, dovranno partire il canale istituzionale e quello in inglese. E questo solo per citare alcuni aspetti. In compenso, oltre alla crescita di Raiplay, la piattaforma Ott del gruppo, è dato in dirittura, anche prima di fine consiliatura, il progetto Rai24 (portale web unico). Cdn unica e progetto per una piattaforma digitale europea per la condivisione delle news in cui Rai sta lavorando in seno all’Ebu sono le altre sfide. Le quali riguardano una Rai chiamata a stare al passo con i tempi. Le piattaforme avanzano. Rai 1 è sempre il canale più visto e Viale Mazzini il primo editore. Ma non con dati in crescita.
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