Governo a fianco di Cdp e contro l’antitrust Ue per il riassetto di Tim
di Vito Gamberale, Piero Bergamini, Umberto de Julio, Girolamo di Genova, Roberto Pellegrini
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Proliferano notizie riguardanti le Tlc Italiane, con TIM sempre al centro. La stampa evidenzia possibili iniziative da parte di azionisti (per lo più Fondi). I Sindacati sono molto preoccupati per quello che potrebbe essere l'atto finale di una vicenda industriale ormai a rischio di disfacimento.
Come ex Manager dell’Incumbent nazionale, Telecom Italia, nel periodo del suo più glorioso ed esemplare modello, offerto e ricoperto nel Mondo (6° operatore), riteniamo giunto il momento di una nostra voce, dettata non da un vecchio affetto che potrebbe farci velo, ma solo dalla conoscenza e dalla competenza, che tuttora rivendichiamo.
L’Incumbent italiano è l’unico privatizzato, tra i maggiori operatori europei (esclusa l’Inghilterra). Orange (ossia France Telecom) è al 30% in mano allo Stato; DeutscheTelekom è al 60% in mano allo Stato tedesco (anche tramite istituzioni bancarie); Telefonica è al 10% circa in mano a banche pubbliche spagnole, ma con un flottante dell’84 per cento. Questi Incumbent vedono una attiva presenza dello Stato, a tutela del loro valore strategico.
Telecom Italia/TIM, dalla frettolosa privatizzazione (ricordiamo il malefico Van Miert), ha subito ben 7 passaggi di proprietà, per lo più totalmente “strani”, tutti senza una chiara strategia, spinti e guidati da banche d’affari (iniziò Lehman Brothers!). Nessuna azienda, anche non strategica, in Italia, ha subito “abusi” di questo tipo.
La Rete di Accesso, tema di attualità, in tutta Europa presenta (vedi carta): una prevalenza (23) di Paesi (tra cui Germania e Spagna), con rete integrata con i servizi; 5 Paesi (tra cui Francia e Italia) con la separazione funzionale della rete; 4 Paesi con la separazione societaria della rete, tra cui l’Inghilterra, che però ha a monte lo stesso azionariato, nelle 2 società (servizi e rete). Allora, non si capisce perché l’Antitrust Europeo sia in campo per imporre a TIM ciò che nessuno ha fatto, e farà, nell’Europa che per noi conta.
A questa “invasione” – irrituale come Ue – hanno dato un obiettivo contributo le Authorities Italiane; ma anche qualche Governo, con la sollecitazione all’Enel di avviare Open Fiber, sulla base di Metroweb che, nel 2012 TIM non ebbe il coraggio di comprare, insieme a F2i.
A tutto ciò va aggiunta la inquietante presenza di grandi fondi stranieri nelle 2 Reti di accesso italiane. Un fondo, per sua natura, ha la politica delle rolling door: entra per valorizzare il proprio investimento, con IRR ben sopra il 10% annuo. In più, sulla stessa TIM incombe la più strana delle OPA, da parte di KKR, già socio al 40% di Fiber Cop, la rete di TIM: OPA amichevole (come possibile?), senza limiti di tempo, senza un progetto.
Separare il servizio dalla rete, significa indebolire non solo l’Incumbent, ma tutto il sistema delle Tlc italiane, già superaffollato. Dice bene Antonio Sassano – presidente della gloriosa Fondazione Bordoni – che «le reti sono quelle che abilitano e, ancor di più, abiliteranno i servizi del futuro, per cui non c’è confine tra rete e servizi». Insomma, chi chiederebbe alle Ferrovie di dare proprietà diverse a RFI ed a Trenitalia? In una rete ferroviaria, l’intelligenza è distribuita capillarmente lungo la rete, per ragioni ovvie di servizio e di sicurezza. Ma il tema è lo stesso per le Tlc, che hanno nella rete non solo capacità, ma intelligenza, in continua evoluzione ed adattamento, per i servizi.
C’è poi il problema della scarsa qualità nei servizi erogati dalle Tlc italiane. L’utente – impresa o privato cittadino – non ha più l’ombrello protettivo dei KPI (Key Performance Index), che imponevano sia tempi rigorosi in qualsiasi intervento, che qualità misurata nei singoli servizi. Anche questo decadimento è figlio di Authorities Italiane che hanno spinto la proliferazione della concorrenza in Italia, in maniera anomala ed esagerata rispetto alle effettive esigenze del mercato (come se le vicende Blu e IPSE non fossero servite a nulla). Questo lassismo concorrenziale ha comportato, in 22 anni, il record europeo del calo dei prezzi (55%) nei servizi Tlc. Donde diffuse difficoltà economiche delle aziende, limitati investimenti, modesta qualità del servizio.
A tutto ciò, ha fatto da naturale riscontro un massiccio impoverimento, nei numeri e nelle competenze, di posizioni apicali, vero traino per una gestione sana e capace, sia nella rete che nei servizi.
La regolamentazione tariffaria è stata orientata solo al taglio delle tariffe, non alla regolazione del dumping, altrimenti un’Enel non sarebbe mai potuta entrare ed uscire 2 volte dalle Tlc (Wind e Open Fiber). E l’ultima, di Iliad, che vuole comprare la gloriosa Vodafone Italiana, smentirebbe quanto, nei mesi scorsi, l’Antitrust Europeo impose, proprio a favore di Iliad, per acconsentire alla fusione tra Wind e 3G. Altro, ossia le Big Tech, è il tema delle Authorities, per i loro monopoli, per l’abuso della rete (che non pagano) e per gli effetti sociali di ogni tipo.
Da tutto questo quadro, emerge la totale assenza dei Governi Italiani, a partire dai Ministri (con una sola eccezione) che si sono succeduti nella specifica responsabilità. L’Italia ha visto la desertificazione di settori nei quali era riconosciuta leader: l’elettronica, gli apparati di Tlc, il nucleare, la siderurgia. Tutti settori strategici, per un ruolo industrialmente forte del Paese.
I Governi recenti sono stati costretti a ricomprare Autostrade per l’Italia, dopo il Morandi; hanno mancato nel sorvegliare quell’azienda regolata, per controllarne le strategie e le azioni manageriali e societarie. Per tutto ciò, noi siamo del fermo parere che oggi il Governo debba dare grandissima attenzione all’industria delle Tlc del nostro Paese. Il successo della trasformazione digitale, e quindi del Pnrr, dipende dalla salute e dalla solidità del sistema Tlc, a partire da TIM. Le reti di accesso e i servizi di connettività sono la spina dorsale dell’economia digitale di oggi e ancor più del futuro. I nuovi vertici di Cassa Depositi e Prestiti hanno ereditato aziende societariamente sghembe nelle Tlc, come genesi e come azionisti. Il Governo ha l’obbligo di accompagnare CDP ad esercitare un ruolo completo e radicale nel vero riassetto di TIM, basato sulla riunione delle 2 reti di accesso; deve opporsi fortemente all’Antitrust Europea che spinge per una assurda separazione societaria; deve valutare come contenere o limitare i Fondi che, in questo anomalo caso, appaiono come mercanti in un tempio strategico per il Paese. C’è da augurarsi che questa volta le forze sindacali possano avere un confronto autentico col Governo, non tanto per negoziare su come contenere le ferite sociali, ma per chiedere ed ottenere il pieno recupero dell’Incumbent delle Tlc in Italia, né più, ma per niente meno, di quanto c’è in Europa. Sarebbe, per il Governo, ridarsi il diritto che fu negato per bloccare l’OPA “dei capitani coraggiosi”, e quindi azzerare tutti i successivi errori mai evitati e mai affrontati.
Vito Gamberale, ex Ceo Tim;
Umberto de Julio, ex Direttore Rete Telecom Italia;
Girolamo di Genova, ex Direttore Mercato Business Telecom Italia;
Piero Bergamini, ex Direttore Mercato Retail Telecom Italia;
Roberto Pellegrini, ex Direttore Commerciale TIM
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