ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùAgricoltura

Grano, le previsioni sui raccolti sotto la media aggravano la crisi

Secondo le prime indicazioni la produzione è in calo specie al Sud. Non sarà facile sopperire allo stop dell’import da Ucraina e Russia, anche perchè mancano terreni e i costi dei fertilizzanti sono alti

di Alessio Romeo

Mentre al Nord e al Centro non si registrano particolari problemi sui raccolti di grano, le principali incognite riguardano le due principali regioni produttive: Puglia e Sicilia

3' di lettura

Il granaio Italia fatica a riempirsi. Mentre sui mercati mondiali si annuncia un buco da 57 milioni di tonnellate tra grano e mais a seguito del blocco delle esportazioni dall’Ucraina – che insieme a quelle della Russia valgono per il solo grano tenero poco meno del 30% dell’export totale – l’Italia non riuscirà quest’anno ad aumentare la produzione di cereali. Anche a dispetto della deregulation Ue che ha svincolato i terreni a riposo come misura anticrisi contro l’emergenza forniture.

La deroga non ha avuto effetti sugli investimenti sul mais, stimati in calo di oltre il 5% con le semine primaverili orientate a privilegiare le colture proteiche, a cominciare dalla soia, di cui l’Italia è deficitaria per oltre l’80% (a fronte del 50% circa per il mais). Anche per il frumento – altra materia prima chiave dell’agroindustria nazionale con un deficit del 60% per il grano tenero e del 40 per il duro – non si annuncia una ripresa produttiva. Anzi.

Loading...

Le primissime indicazioni a poche settimane dall’avvio della raccolta non sono positive. Soprattutto nelle principali aree produttive di frumento duro, al Sud. Le prossime settimane, con gli agricoltori che sperano nelle piogge assenti per quasi tutto l’inverno, saranno fondamentali per confermare le previsioni. Ma allo stato attuale per il grano duro è difficile attendersi un miglioramento del già deludente risultato dello scorso anno, con la produzione nazionale abbondantemente inferiore alle 4 milioni di tonnellate, in una forchetta stimata tra 3,7 e 3,8 milioni di tonnellate.

Mentre al Nord e al Centro non si registrano particolari problemi, le principali incognite come detto riguardano le due principali regioni produttive. La Sicilia, dove nonostante il buon livello dei prezzi lo scorso anno si era seminato meno, sconta ora anche la mancanza di pioggia. Nel granaio d’Italia invece, la Puglia, si è seminato con 30-40 giorni di ritardo e questo, spiegano gli operatori, inevitabilmente condizionerà le rese. Le cose vanno meglio per il comparto del frumento tenero dove non si registrano particolari problemi, a eccezione di alcune aree del Nord Ovest. Le superfici investite sono sostanzialmente in linea con quelle della scorsa campagna con un leggero incremento comunque non significativo. La produzione dovrebbe mantenersi stabile intorno a 2,8 milioni di tonnellate. La deroga Ue per i terreni a riposo inoltre, come ha confermato la Commissione europea, non si applicherà alle prossime semine invernali.

Intanto l’aumento record dei costi di produzione, che si aggiunge alla scarsità d’acqua, sta tagliando anche le semine di riso, per il quale l’industria di trasformazione ha già lanciato un allarme approvvigionamento, stimate dalla Coldiretti che ha affinato le indicazioni dell'Ente risi in calo di oltre il 4% circa a 217mila ettari totali contro i 227mila dello scorso anno.

Il problema, già noto dall’autunno scorso, è la carenza di scorte delle varietà da mercato interno con il rischio concreto che venga a mancare il prodotto sugli scaffali, il tutto con un’aspettativa di ulteriore diminuzione della disponibilità nella prossima campagna in conseguenza dei danni causati dalla siccità ormai difficili da recuperare. Le rimanenze di Arborio, e soprattutto Carnaroli, sono insufficienti a soddisfare la domanda in aumento dell’industria.

In questa campagna si è partiti con una disponibilità iniziale inferiore al solito, a causa del taglio della produzione, in una situazione di domanda crescente trainata dal forte incremento dei consumi nel periodo pandemico. Questo in un mercato segmentato dove le varietà tradizionali italiane da risotto sono infungibili e l’equilibrio tra domanda e offerta è dunque particolarmente fragile. L’industria risiera da diverse campagne sta chiedendo di produrre di più a fronte di un fabbisogno in crescita che la produzione nazionale non riesce a soddisfare. Anche la produzione di riso negli anni ha subito un calo degli ettari complessivi, passando dai 240mila di 10 anni fa ai poco più di 200mila attuali, dovuto allo smantellamento degli incentivi e alle politiche tariffarie dell’Unione europea che hanno aperto le porte all’import dai Paesi meno avanzati con la conseguente riduzione delle superfici europee. Un’emergenza confermata dal voto a larga maggioranza di giovedì della commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo che mira a rendere automatica l’attivazione della clausola di salvaguardia (e quindi a ripristinare i dazi) non appena le importazioni a dazio zero da questi paesi (Cambogia e Myanmar per il riso) superino una certa soglia.

Riproduzione riservata ©

loading...

Loading...

Brand connect

Loading...

Newsletter

Notizie e approfondimenti sugli avvenimenti politici, economici e finanziari.

Iscriviti