Grassi: «Stringere i tempi sul Pnrr. Rischio paralisi anche sui Fondi di coesione»
Per il vicepresidente di Confindustria, «l’Italia è chiamata a rispondere della fiducia che le è stata accordata»
di Nicoletta Picchio
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La «priorità paese». Il vero snodo da cui dipende la crescita dell’Italia, la sua credibilità a livello europeo, la possibilità concreta di realizzare le riforme attese da decenni, sulle quali «da tempo constatiamo un allentamento della tensione politica e per le quali riteniamo ingiustificata qualunque rimodulazione temporale», il superamento delle disuguaglianze che ancora pesano.
È un richiamo forte, anzi un vero e proprio allarme quello che arriva da Confindustria sull’attuazione del Pnrr: «il fattore tempo è fondamentale, i mesi per riflettere sono diventati troppi, occorre decidere e attuare. Con un’operazione verità, più volte richiamata dal presidente Bonomi, sugli investimenti. Siamo preoccupati che l’indeterminatezza si trasformi in paralisi».
Il timore di Vito Grassi, vice presidente di Confindustria e presidente del Consiglio delle Rappresentanze Regionali e per le Politiche di Coesione Territoriale, è che questo ritardo - e il conseguente clima di incertezza che ruota attorno al Pnrr - si trasferisca a tutta la politica di coesione, coinvolgendo più programmazioni finanziarie: «c’è il rischio di ritardare anche l’avvio dei bandi della programmazione 2021-2027, come sta già succedendo in alcuni territori, proprio tra quelli che devono recuperare il divario maggiore».
È una partita complessa e intrecciata, da affrontare con determinazione, guardando avanti: «non è produttivo cercare responsabilità o errori passati, piuttosto è fondamentale pensare al futuro, rivolgere sforzi e risorse su interventi e misure di accelerazione, come potrebbero essere quelle destinate alle imprese». I soldi vanno spesi per quei progetti che creano crescita potenziale per il paese. In caso contrario, è più efficace destinarli al mondo produttivo, con benefici automatici per chi investe, cioè con lo strumento dei crediti di imposta: «con i suoi investimenti – sottolinea Grassi – il sistema produttivo può essere protagonista nel traghettare l’Italia verso lo sviluppo, in particolare verso il completamento delle transizioni green e digitale, tenendo sempre al centro il fattore umano e le sue competenze». L’esempio che fa Grassi riguarda proprio la transizione energetica e l’obiettivo intermedio al 2030 del Fit for 55: per raggiungerlo, in base ai dati Ue, l’Italia dovrebbe investire sui 1.100 miliardi, mentre il Pnrr ne stanzia 60. «Non c’è, quindi, solo la difficoltà di spendere queste risorse, ma di attuare urgenti misure a sostegno dell’enorme sforzo che si chiede ai privati».
L’Italia non può permettersi di perdere questa occasione e questi finanziamenti: «come abbiamo potuto vedere nel Documento di economia e finanza, nei prossimi mesi le risorse di bilancio saranno limitate. Le uniche a disposizione della crescita saranno proprio quelle previste dal Pnrr, dal RepowerEu e dai fondi di coesione. Per questo occorre, ancora con maggiore determinazione, utilizzarle tutte e nel modo più efficace».
Occorre riscoprire lo spirito del piano: «nasce nell’ambito del Next Generation EU. La finalità è lasciare alle prossime generazioni un paese migliore di quello che è oggi. È un’occasione storica ed è necessario che il Pnrr si rivolga innanzitutto a ricucire i divari». Per le imprese, aggiunge il vice presidente di Confindustria, due sono quelli che maggiormente penalizzano lo sviluppo del paese e su cui bisogna lavorare con maggiore intensità: il divario infrastrutturale e quello di competitività.
Le modifiche al Pnrr sono sul tavolo della politica e al centro del dialogo con Bruxelles. Ma i contorni vanno ancora definiti: «sappiamo che saranno fatte rimodulazioni ma non conosciamo i dettagli delle modifiche. Inoltre non abbiamo informazioni sul contenuto dell’addendum al Pnrr previsto dal Repower EU, che dovrà contenere le misure di contrasto alla crisi energetica». Un’incertezza che riguarda tutti i finanziamenti della politica di coesione: «si parla da mesi di spostare i progetti del Pnrr sulla programmazione dei fondi SIE, i fondi strutturali e di investimento europei, e del FSC, il fondo per lo sviluppo e la coesione. È essenziale che questa ipotesi venga definita al più presto nei dettagli, condividendo il percorso con le Regioni e con il partenariato economico-sociale». La recente Cabina di Regia convocata sulla quarta rata, dice Grassi, ha avuto esiti positivi sulla definizione degli impegni collegati. Ma c’è un pesante rovescio della medaglia: «annunciare la rimodulazione di 10 obiettivi su 27 significa implicitamente riconoscere un ritardo su più di un terzo di quegli obiettivi, oltre al fatto che, al momento, non sono noti i termini della richiesta di pagamento che sarà presentata alla commissione».
C’è il rischio paralisi, ripete Grassi. Ma c’è anche un risvolto politico importante che può pesare sulle azioni future della Ue: «dal successo del Pnrr dipende anche la possibilità che il Next Generation EU non sia una scelta isolata per l’Europa. L’Italia è chiamata a rispondere della fiducia che le è stata accordata con il massimo delle somme disponibili».
La governance del Piano è fondamentale: bene la scelta del governo di rafforzare il ruolo della presidenza del Consiglio, istituendo una struttura di missione, anche se questo passaggio, sottolinea Grassi, ha determinato un periodo di assestamento che ha pesato sui ritardi. Il vice presidente sollecita quindi un rapporto più forte tra pubblico e privato: «va rafforzato il confronto con le parti sociali, la partecipazione alla Cabina di regia non è automatica e finora è stata sporadica. Invece un confronto effettivo con le parti sociali servirebbe, specie in questo periodo, a individuare in modo efficace le linee di intervento».
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