«Grazie all’Intelligenza artificiale giornata operatoria più efficace e pazienti dimessi con più sicurezza»
Il punto di Elena Giovanna Bignami, professoressa di Anestesiologia, sull'uso delle nuove tecnologie e sui rischi potenziali
di Simona Rossitto
4' di lettura
Grazie all’intelligenza artificiale la giornata operatoria viene programmata più efficacemente, senza incorrere nel rischio di sospensione degli interventi: «abbiamo, quindi, una quantità di dati maggiore per i pazienti e possiamo ad esempio dimetterli con maggiore sicurezza». A spiegare i vantaggi dell’uso di questa nuova tecnologia nella sanità, è Elena Giovanna Bignami, medico anestesista e professoressa ordinaria alla divisione di Anestesiologia, terapia intensiva e medica del dolore del dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università di Parma. Con l'uso dell'Ai, di cui Bignami non nasconde i rischi, si può inoltre, spiega in un'intervista a DigitEconomy.24 (report del Sole 24 Ore Radiocor e Digit'Ed, gruppo attivo nella formazione e nell'e-learning), «aumentare la qualità e la sicurezza a vantaggio del paziente». La specialità “madre” per l’utilizzo dell’Ai è la chirurgia, ma nessuna branca della medicina resta esente dal rinnovamento. Tuttavia, prosegue Bignami, ci sono dei punti fermi: «la macchina non sostituirà mai l’uomo» e il «medico continuerà a fare il medico».
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Si contano 1,2 milioni di morti nel mondo per errore medico. Come cercare di ridurre tale numero?
Come premessa, bisogna distinguere tra errore medico e complicanze; la medicina, infatti, non è una scienza esatta e si confronta con il decorso naturale della malattia. Al netto di ciò, ci sono ancora degli errori e per intervenire occorre in primis ricorrere alle nuove tecnologie proprio per cercare di diminuire l’incidenza delle complicanze e avere più dati per gestire un eventuale errore. In questo senso un obiettivo dell’uso dell’intelligenza artificiale è quello di aumentare la qualità e la sicurezza a vantaggio del paziente.
A che punto siamo nell’integrazione dell’Ai nella gestione del paziente?
Siamo all’inizio dell’uso dell’intelligenza artificiale in medicina, nella fase della comprensione e definizione degli strumenti. Nella branca della chirurgia c’è già una sperimentazione positiva dei materiali, con uso ad esempio di microtelecamere, soprattutto da parte di dentisti e ortopedici. La specialità madre per l’uso dell’intelligenza artificiale è, quindi la chirurgia, ma stiamo crescendo anche nelle altre specialità.
Quali i maggiori rischi?
L’importante è ricordare che per evitare i rischi l’Intelligenza artificiale è un mezzo, non bisogna infatti generalizzare un risultato che deve essere sempre calato nello specifico. Ci sono poi aspetti etici da considerare ed è quindi necessario avere sempre il filtro dell’intelligenza umana . Le problematiche si creano, ad esempio, quando si viola la privacy, ad esempio, e non si dà adeguata conoscenza ai pazienti di quello che si sta facendo. E’ il caso ad esempio dell’anziano che magari a volte non capisce fino in fondo lo strumento usato e le conseguenze. Ci sono poi profili di natura giuridica, legale, da considerare.
Si corre anche il pericolo di arrivare a casi estremi di sostituzione dell’umano con la macchina?
Su questo pericolo mi sento di essere molto rassicurante; il modello che dobbiamo costruire è un modello ibrido, dove ci sarà sempre un ruolo per l’Intelligenza umana, non ci sarà mai una completa sostituzione, ma un’integrazione. Faccio un esempio: se una persona deve raggiungere Milano da Roma, lo potrà fare in più tempo a piedi oppure in minor tempo con l’auto, il treno o l’aereo. A seconda del diverso mezzo prescelto. Parallelamente l’uso dell’intelligenza artificiale è un mezzo che aiuta l’uomo e lo mette in condizioni migliori, ma è sempre uno strumento nelle mani dell’uomo. Ci sono, cioè, nell’uso dell’Ai dei punti fermi: la macchina non sostituirà mai l’uomo, e il medico continuerà a fare il medico, non si può improvvisare in ruoli diversi, tecnologici. Bisogna, cioè, creare una squadra tra medici e persone competenti per usare le macchine.
In Italia è facile reperire le figure tecniche necessarie e i medici adeguatamente formati per dialogare con loro e con le macchine?
Nel nostro Paese abbiamo bisogno di formazione che è la strada giusta da seguire. Si devono formare medici e tecnici, non necessariamente a metà, ma l’uno deve conoscere il lavoro dell’altro. Sarà un lavoro lungo.
Le università sono pronte per svolgere questo ruolo?
Il vantaggio dei professori universitari è che fanno ricerca, e quindi sono già incuriositi da questi aspetti. L’università italiana si sta rendendo conto delle necessità e si sta attrezzando.
In quanto tempo saremo catapultati in un mondo dove la medicina fa un uso di routine dell’intelligenza artificiale?
Parafrasando una frase di mio padre, l’astrofisico Giovanni Fabrizio Bignami (“il bambino che andrà su Marte è già nato”) ,posso dire che il bambino che userà l’intelligenza artificiale come prassi in medicina è già nato.
L’Italia a che punto è nell’uso dell’Ai in medicina a confronto con i big delle tecnologie come Usa e Cina?
Ci sono Paesi, soprattutto dal punto di vista tecnologico molto più avanti di noi, ma nel campo medico, soprattutto nel mio settore, ovvero l’anestesia, siamo tra i primi al mondo a occuparci clinicamente e in modo concreto dell’uso dell’Ai. Stiamo dialogando con i colleghi della Ue come università di Parma e siamo tra i Paesi organizzatori del congresso internazionale che si terrà ai primi di marzo del 2024.
In ambito legislativo l’Europa è al passo?
Nell’ambito medico l’Europa si sta attrezzando molto velocemente. Anche l’Italia, soprattutto con l’emergenza della pandemia, ha dovuto creare una cornice. L’Importante è che il legislatore crei un quadro normativo dinamico, capace di star dietro ai cambiamenti veloci che caratterizzano il nostro tempo.
Un esempio di risultato pratico finora ottenuto con l’Ai?
L’Ai ci permette, ad esempio, di essere più efficaci nel programmare la giornata operatoria senza che vengano sospesi interventi; abbiamo, quindi, una quantità di dati maggiore per i pazienti e possiamo ad esempio dimetterli con maggiore sicurezza.
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