analisila manovra di atene

Grecia, la Commissione Ue dà una mano a Tsipras, populista pentito

di Vittorio Da Rold

Il primo ministro greco Alexis Tsipras (Ap)

3' di lettura

La Commissione Ue tende una mano al “populista pentito” Alexis Tsipras, diventato nel frattempo un allievo modello di Bruxelles, ma che deve affrontare un malessere crescente da parte della popolazione e dei sindacati dopo otto anni di cura di dura austerità.

Atene ha ottenuto il via libera dalla Commissione Ue al rinvio del taglio (sarebbe stata la quattordicesima sforbiciata dal 2010) delle pensioni previsto dal 1° gennaio 2019, poiché manterrà comunque un saldo primario del 3,5% del Pil nel 2019. Viene dunque concessa una maggiore libertà di manovra fiscale al governo di sinistra radicale guidato da Syriza, oggi diventato, dopo lo scontro del luglio 2015 che portò il Paese a una passo dall'uscita dall'euro, un esecutore solerte delle politiche di riforme strutturali e dei conti in ordine. Tsipras ha dovuto però promettere di congelare tutte le pensioni fino al 2022.

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La trasformazione
Un processo di avvicinamento politico alle posizioni di Bruxelles che è iniziato nel luglio 2015, quando Tsipras vince il referendum anti-austerity con i no al 61,3 per cento. Nel pieno delle trattative con i creditori internazionali per un nuovo pacchetto di aiuti, il premier greco (leader del partito di sinistra Syriza, salito al potere all’inizio dell'anno dopo il governo conservatore di Samaras) indice un referendum a luglio sulle dure condizioni poste per il nuovo salvataggio. Quasi due greci su tre votano no (Oxi), ma Atene si piegherà poco dopo a quelle richieste della troika e nonostante un referendum che andava nella direzione contraria. Tsipras fa la famosa “kolutoumba”, la capriola e si libera del radicale ministro Yanis Varoufakis sostituendolo con il pragmatico Euklid Tzakalotos e accetta la nuova austerità in cambio del terzo piano di aiuti da 86 miliardi di euro. Le pensioni vengono tagliate per la tredicesima volta dall'inizio della crisi ma Atene resta nell'euro.

Il terzo piano di aiuti da 86 miliardi
L’Eurogruppo il 14 agosto del 2015 dà il via libera al terzo piano triennale di salvataggio per la Grecia, rimandando la questione della sostenibilità del debito. Atene si impegna a varare altre 88 azioni prioritarie che portano complessivamente a 450 il numero delle riforme varate e da implementare negli anni a venire oltre a privatizzare beni per 50 miliardi di euro. A oggi sono stati privatizzati beni pubblici per 7 miliardi di euro.

L'uscita dal bailout
Nella notte tra il 21 e 22 giugno 2018 arriva il previsto via libera dell'Eurogruppo, con un alleggerimento del debito greco che prevede un rinvio per 10 anni di debiti pari a 96,8 miliardi di euro. Inoltre Atene riceve 15 miliardi di euro di prestiti per formare una riserva (cash buffer) di 24,1 miliardi di euro, così da aver ossigeno per 22 mesi senza dover ricorrere al mercato dei capitali. Atene è uscita dal bailout il 20 agosto senza avere però una linea di credito precauzionale ma una sorveglianza rafforzata. Sullo sfondo resta ancora da chiarire come rendere sostenibile il debito pubblico, oggi al 179% del Pil. Non a caso il Fmi non ha partecipato finanziariamente al terzo piano di aiuti con la sua quota di 1,6 miliardi di euro che è rimasta congelata. Ce la farà Atene? Manca il riacquisto dei più costosi debiti del Fmi e soprattutto non c'è nemmeno l'ombra di un taglio del capitale del debito. Per ora si è deciso di rinviare il problema più avanti sperando che non ci siano turbolenze in vista. E di “premiare” Tsipras, ora diventato allievo modello dei creditori.

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