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Il nuovo governo greco targato centrodestra - composto da esponenti della vecchia guardia ma anche da figure non politiche considerate esperte nei loro settori - ha iniziato a operare con il primo consiglio dei ministri, che hanno giurato ottenendo un passaggio dei poteri che diventerà pieno con la fiducia parlamentare attesa il 21 luglio. Subito, sulle ambizioni del premier Kyriakos Mitsotakis, è arrivata una prima doccia fredda da Bruxelles, dove l’Eurogruppo ha respinto l’idea di allentare i duri vincoli sul bilancio che la Grecia deve rispettare anche dopo l’uscita formale dal bailout avvenuta quasi un anno fa.
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«Gli impegni sono impegni», ha detto il presidente Mario Centeno, sostenendo che la credibilità in proposito sia la cosa fondamentale. «L’avanzo primario è la pietra miliare per la sostenibilità del programma in corso e rappresenta la precondizione per eventuali altre misure di sollievo sul debito», gli ha fatto eco il direttore del Fondo salvastati Klaus Regling, con un accenno che lascia aperte possibili condiscendenze solo se resterà in piedi il target-capestro che Mitsotakis tiene più di ogni altra cosa ad abbassare per poter tagliare le imposte a imprese e classe media, ossia un surplus primario al 3,5% del Pil fino al 2022.
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Dovrà prepararsi dunque a un compito gravoso il nuovo ministro delle Finanze greco, il 45enne Christos Staikouras, già coinvolto nelle trattative con i creditori avendo fatto parte del governo Samaras tra il 2012 e l’inizio del 2015. Atene potrebbe invocare, in sede negoziale, che sarà difficile raggiungere l’obiettivo sul surplus primario anche perché il governo Tsipras, in primavera, ha preso alcune misure espansive di tenore elettoralistico: la stessa banca centrale greca non ritiene possibile arrivare al 3,5% quest’anno. D’altra parte, nel 2018 il risultato era stato migliore delle attese su questo parametro, arrivando al 4,4%.
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L’altra grande sfida per Staikouras - in tandem con il governatore della banca centrale Yannis Stournaras, che già lunedì era a Francoforte - è dare la svolta alla soluzione del problema dei Non performing loans (Npl) che grava sul sistema bancario in misura ancora del tutto abnorme, a un livello oltre 10 volte il 4% circa della media europea. Anche su questo occorrerà concludere un negoziato, visto che le soluzioni per accelerare la riduzione dei circa 80 miliardi di Npl hanno bisogno di una cornice complessa e i creditori non vogliono correre il rischio che la creazione di strumenti speciali, che se ne assumerebbero parte del carico, possa finire per appesantire le casse pubbliche più dello stretto necessario. Da mesi la Banca di Grecia ha una sua soluzione, che il governo Tsipras (in cattivi rapporti con Stournaras) non ha trasmesso, cosa che ora il nuovo esecutivo dovrebbe fare.
Le principali banche hanno assunto ambiziosi target di riduzione degli Npl, già tagliati l’anno scorso - tra vendite e svalutazioni - di quasi 10 miliardi. Gli investitori sembrano scommettere che con il cambio della guardia ad Atene e la fine delle tensioni tra governo e banca centrale tornerà il sereno sul sistema finanziario: il progresso di circa il 45% della Borsa di Atene da inizio anno è stato guidato dal quasi raddoppio dell’indice bancario. Una pietra miliare della ripresa del settore è stato il successo della prima emissione pubblica di bond di un gruppo bancario dal 2008: Piraeus Bank ha appena venduto con successo 400 milioni di euro in titoli ”Lower Tier II”, più di quanto avesse sperato, anche se a un prezzo alto. «Un voto di fiducia per noi e per il sistema bancario», ha detto il ceo Christos Megalou, che ha un piano strategico “Agenda 2023” per portare gli Npl sotto il 10% dal 51% di inizio anno. Intanto alcune agenzie di rating hanno già dichiarato che gli ultimi sviluppi politici sono «credit positive» e il governo conta di procedere al più presto a una nuova emissione di decennali.
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