ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùINTERVISTA A ANDREA MASCETTI

«Green deal, l’Europa deve fissare gli obbiettivi ma non le modalità»

Il presidente di Finlombarda: occorre essere più neutri sulle soluzioni tecnologiche da privilegiare: in caso contrario si rischia di rincorrere un futuro cheè più veloce di regolamenti e burocrazia

di Sara Monaci

Alla guida. Andrea Mascetti è il nuovo presidente di Finlombarda

3' di lettura

Andrea Mascetti, nuovo presidente di Finlombarda, spiega il ruolo della partecipata lombarda, considerata la cassaforte per le imprese.

Finlombarda ha attraversato varie fasi, è stata anche azionista per conto della Regione di infrastrutture stradali. Oggi qual è la sua missione?

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Oggi Finlombarda è focalizzata sul supporto alle imprese, in particolare Pmi. Le sosteniamo con contributi, finanziamenti agevolati e garanzie alimentati da risorse pubbliche, regionali o europee. E con risorse di Finlombarda, raccolte sul mercato. Ma forniamo loro anche servizi, per accompagnarne i percorsi di crescita, innovazione, internazionalizzazione.

Quali sono le misure che prenderà per affrontare la crisi da inflazione, extracosti, mutui in salita?

Le imprese stanno reagendo alle difficoltà di approvvigionamento e all’aumento dei costi con diverse strategie, tra cui quella della diversificazione dei fornitori: filiere più corte e resilienti; partner geograficamente più vicini. Per sostenere queste azioni, Finlombarda e Regione Lombardia stanno strutturando una nuova misura per le filiere e gli ecosistemi industriali, con fondi comunitari, che finanzierà progetti realizzati da partenariati di imprese, appartenenti a una stessa catena di fornitura.

Quali settori pensa di tutelare in particolare?

Oggi le politiche di sostegno pubblico basate su logiche settoriali sono in buona parte superate. Le imprese vanno guardate come parti integranti di supply chain, all’interno delle quali contribuiscono a creare una porzione del valore complessivo generato: è un approccio ortogonale a quello classico per settori, che tiene conto di interconnessioni complesse e valuta le ricadute di sistema.

Ciò non vuol dire non porsi delle priorità di intervento: ma i criteri sono più di carattere dimensionale o basati sui benefici per la collettività e il territorio, meno di natura settoriale.

Le misure sono quelle tradizionali o state pensando ad altri strumenti?

Gli uni e le altre sono ugualmente indispensabili. Con il rialzo dei tassi un’offerta più rigida dal sistema bancario, la finanza alternativa può offrire soluzioni complementari, al di fuori del tradizionale circuito del credito. Finlombarda opera anche in questo ambito, sottoscrivendo, in compartecipazione con altri investitori istituzionali, minibond emessi da imprese lombarde. Più di recente, abbiamo aperto questo strumento ai nuovi canali fintech, avviando l’operatività anche mediante piattaforme di crowdfunding. Questo non vuol dire rinunciare a prodotti più classici, basati su una consolidata partnership con le banche “tradizionali”, rispetto alle quali non ci sentiamo alternativi, né tanto meno in concorrenza.

Dal vostro osservatorio, la Lombardia ha un’economia a rischio?

Il sistema economico lombardo è solido: le imprese si sono rafforzate, sotto il profilo patrimoniale, negli anni antecedenti alla pandemia, riuscendo così a reggere l’impatto del duro biennio 2020-2021. Negli ultimi due anni, poi, hanno colto al volo l’opportunità della ripresa, pur rallentata oggi da inflazione e politiche monetarie restrittive. Dobbiamo lavorare affinché gli impatti negativi sui margini aziendali e la stretta creditizia non deteriorino la solidità delle imprese lombarde e le loro prospettive future di sviluppo.

Vi preoccupano le posizioni europee su auto elettrica, riuso, sostenibilità in generale?

Non credo che la transizione green e gli sfidanti target dell’Europa sulla sostenibilità debbano preoccuparci: sono temi e obiettivi senz’altro condivisibili. Qualche preoccupazione in più nasce quando non ci si limita a fissare finalità e risultati da raggiungere, ma vi è la pretesa di definire, con anni e decenni di anticipo, come occorra raggiungerli. In un contesto turbolento – e soprattutto se l’innovazione è il fattore chiave - occorre mantenersi più neutri sulle modalità specifiche di intervento e sulle soluzioni tecnologiche da privilegiare: in caso contrario, si rischia di rincorrere un futuro che corre molto più veloce di regolamenti e burocrazia.

Ci sono dei settori nuovi che dal vostro osservatorio rappresentano il futuro, da sostenere sin da subito con incentivi?

Più che di un settore, parlerei di una tipologia di impresa: le start-up innovative e ad alto potenziale di crescita, spesso leader in tecnologie emergenti, in grado di generare crescita e futura occupazione. Con Regione Lombardia, abbiamo lanciato Lombardia Venture, un fondo di partecipazione, costituito presso Finlombarda, che sosterrà la crescita e lo sviluppo del venture capital a favore di start-up e scale-up “deep tech”.

Ritiene che le aziende lombarde abbiano un problema di piccola dimensione, e che quindi debbano aggregarsi?

Quello delle ridotte dimensioni è un problema annoso, comune alle imprese italiane e non solo delle lombarde. Una maggiore crescita è senz’altro auspicabile, soprattutto in quei casi in cui una certa massa critica è determinante nella competizione sui mercati internazionali. Ma non sempre fusioni e acquisizioni rappresentano l’unica soluzione possibile: altre forme di aggregazione sono possibili per le imprese, basate sul “fare rete” e sul partenariato, sulla condivisione di progettualità per raggiungere insieme obiettivi comuni. La misura a supporto delle filiere, di cui prima parlavamo, ne è l’esempio migliore.

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