Gucci, Ferrari e Prada i tre marchi italiani nella Top 100 mondiale
Dal 2000 la società pubblica lo studio Best Global Brands, tra i più importanti ranking globali - La maison del lusso del gruppo Kering si conferma la lepre del settore, con un valore di 16 miliardi di dollari (+23%)
di Giulia Crivelli
5' di lettura
Come si calcola il valore economico di un brand? Non bastano ricavi e fatturato, né indici di notorietà, peraltro altrettanto complessi da elaborare, specie nell’era digitale, dove l’informazione viaggia forse fin troppo veloce e la comunicazione rischia di perdersi nel mare magnum di internet. Dal 2000 Interbrand compila ogni anno una classifica dei cento marchi globali a maggior valore economico: il Best Global Brands è considerato uno dei ranking più influenti al mondo forse proprio perché nasce in un momento di svolta, agli albori cioè della net economy, e perché ha saputo trovare il giusto equilibrio tra valori della old economy e logiche legate al digitale, intuendo il potenziale di aziende come Apple.
Il podio è tutto tecnologico
E soprattutto di Google e Amazon, che vent’anni fa erano poco più che start up delle Silicon Valley e che nel 2019 sono, come nello scorso anno, ai primi tre posti della classifica: valgono rispettivamente 234 (+9% sul 2018), 167 (+8%) e 125 miliardi di dollari (+24%). E Facebook, quarto componente del poker tech, anche noto come Gafa, acronimo di Google, Apple, Facebook e Amazon? Il colosso guidato da Mark Zuckerberg esce dalla Top 10, scivolando al 14° posto, con un valore di poco meno di 40 miliardi, in calo del 12% rispetto al 2018. Facile citare i problemi di Facebook con le autorità Antitrust e gli scandali da cui è uscita, quasi miracolosamente, illesa, come la vendita a Cambridge Analytica di dati poi usati dalla società britannica per manipolare, questa l’accusa, il referendum sulla Brexit e altre tornate elettorali. Potremmo aggiungere che Interbrand ha visto lungo: la classifica era già elaborata quando Zuckerberg ha iniziato a incassare defezioni su Libra (a cominciare da PayPal), la criptovaluta che – stando ai proclami di qualche mese fa – avrebbe reso Facebook, una volta di più, una società che cambia le regole del gioco.+
Le new entry del 2019
I debutti eccellenti sono – non stupisce – legati alla net economy: nel 2019 entrano nella Top 100 Uber (87° posto) e Linkedin (98°), mentre torna, dopo sei anni, Dell, il colosso dei “vecchi” pc, grazie alla ristrutturazione e al re-listing in Borsa. Dal quarto al decimo posto ci sono Microsoft, Coca-Cola, Samsung, Toyota, Mercedes-Benz, McDonald’s e Disney, tutti con valori in aumento tranne Coca-Cola. A crescere più rapidamente è, per il secondo anno consecutivo, il settore Luxury, al quale appartengono i tre brand italiani in classifica: Gucci (33° posto con un valore in crescita del 23% a quasi 16 miliardi), Ferrari (77° posto con 6,5 miliardi, + 12% sul 2018) e Prada, che chiude la Top 100 e che proprio ieri è entrata in Altagamma, l’associazione delle eccellenze creative italiane. Gucci e Prada sono anche nella Top 10 del settore Retail & Luxury, dove ai primi tre posti ci sono Nike, Louis Vuitton e Chanel, tutti in crescita (+7%, +14% e +11%), ma non quanto Gucci (+23%), che si conferma la lepre del lusso globale (nella foto in alto, la sfilata Gucci durante la settimana della moda di Milano, nel settembre scorso).
La metodologia di Interbrand e i criteri di inclusione nello studio
L’approccio di “brand valuation” di Interbrand, riconosciuto a livello internazionale come standard nella valutazione finanziaria dei brand e certificato ISO, analizza tre fattori:
- la performance finanziaria dei prodotti o servizi contraddistinti dal brand
- il ruolo che il brand gioca nell’influenzare la decisione di acquisto;
- la forza competitiva del brand e la sua capacità di fidelizzare e, quindi, creare profitti sostenibili nel tempo
Ci sono poi i criteri di inclusione nello studio Best Global Brands, cinque in tutto:
- il brand deve rendere pubblici i dati sulla performance finanziaria;
- almeno il 30% del fatturato deve provenire dall’esterno della regione di origine del brand;
- il brand deve avere una presenza significativa in Asia, Europa e Nord America, nonché un’ampia copertura geografica nei mercati emergenti;
- il profitto economico deve essere positivo a lungo termine, offrendo un rendimento superiore al costo del capitale del brand;
- il brand deve avere un profilo e una visibilità globale
Il commento di Manfredi Ricca, Global Chief Strategy Officer
«Lo studio Best Global Brands testimonia come il brand sia un asset fondamentale per ogni organizzazione. Mettendo a confronto la performance di mercato di un portafoglio composto dai Best Global Brands di Interbrand rispetto all’andamento dei principali indici di borsa (MSCI World, S&P 500, Nasdaq) si vede come l’andamento del Best Global Brands Portfolio sia meno soggetto all’impatto delle recessioni e sovra-performi gli indici benchmark anche durante le fasi di rialzo – spiega Manfredi Ricca, blobal chief strategy officer di Interbrand –. I brand forti, pertanto, non solo sono in grado di proteggere il business nei momenti di crisi, mitigando il rischio, ma agiscono anche come acceleratori del business nelle fasi di ripresa e di crescita».
La forza e il traino del settore di appartenenza
«Dalle nostre analisi emerge anche che il modo in cui i brand competevano all’interno di diversi settori viene sostituito da una nuova realtà, in cui sono i settori a proliferare all’interno di uno stesso brand – aggiunge Manfredi Ricca –. Molte delle aziende più influenti del pianeta sono difficilmente ascrivibili a un settore in quanto tale, perché hanno vissuto una rivoluzione copernicana: non creano più una promessa intorno a delle competenze, ma costruiscono delle competenze in base a una promessa ampia, la quale ne definisce di fatto gli ambiti competitivi. Google (classificato secondo nel nostro studio) ad esempio compete nell’ambito dell’accesso all’informazione rilevante, Disney (che quest’anno registra una crescita dell’11%) attraverso modelli di business completamente differenti – media, contenuti, retail, abbigliamento, parchi divertimento, e altro ancora – compete nell’ambito della magia e della famiglia. Apple (il brand a più alto valore economico del mondo, del valore di oltre duecento miliardi di dollari), dovendo utilizzare un termine difficilmente traducibile, è definita dal concetto di empowerment».
Il settore del lusso
«Un ambito particolarmente interessante da approfondire è quello del lusso. Negli ultimi 20 anni abbiamo analizzato, misurato e tracciato come fa un brand del lusso ad occupare i cuori e le menti dei consumatori attraverso le mutevoli dinamiche e desideri di generazioni e mercati sempre più fluidi – conclude Manfredi Ricca –. I brand tradizionali stanno affrontando una svolta epocale, passando dal lusso come profondamente esclusivo ad un lusso più dinamicamente inclusivo, nel contempo, stanno emergendo nuovi brand che definiscono nuove categorie e nuovi modelli di business, e tutto all’incessante inseguimento di consumatori che accedono al lusso in forme e modalità diverse. Apertura mentale, trasparenza, co-creazione e collaborazione si sono dimostrate elementi generatori di cambiamento in tutto il settore, portando a modelli di business di successo capaci di spaziare dall’alta moda allo streetwear e alla cultura delle sneaker fino al gaming. Anche quest’anno il luxury si è dimostrato il settore in più rapida crescita e i brand hanno performato quasi tutti risultati d’eccellenza, Gucci, ad esempio, è crescita del 23%, Dior del 16%, Chanel dell’11%».
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