Interventi

Guerra e criptovalute: quali sviluppi per le valute digitali?

di Paolo Bonolis e Gianfabio Florio

(REUTERS)

3' di lettura

Lo scenario di guerra che si è abbattuto alle porte dell'Europa ha gettato scompiglio (eufemismo) nei mercati finanziari e portato i Paesi occidentali a imporre severe sanzioni economiche nei confronti di Mosca, oltre che per la prima volta escludere una Paese dallo Swift.

Nella giornata del 28 febbraio, in coincidenza quindi con l'escalation del conflitto, nel giro di poche ore vi è stato un notevole ed improvviso rialzo di quasi tutte le principali criptovalute, in termini di un generale +12/15%, a fronte, peraltro, di un trend che negli ultimi sei mesi aveva fatto registrare più che altro decisi ribassi, con una riduzione di valore di bitcoin nel mese di febbraio di quasi il 50% rispetto ai valori registrati a novembre. Sembrerebbe, infatti, che ingenti capitali russi siano stati movimentati sulle criptovalute, da un lato identificate come beni rifugio, dall'altro come strumento per aggirare i divieti ai trasferimenti di denaro introdotti dalle menzionate sanzioni.

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Ragione, questa, che apparentemente avrebbe spinto autorità ucraine a invocare il blocco, da parte dei principali exchange di criptovalute, di tutti gli utenti russi. Eventuali blocchi di indirizzi ip russi creerebbero non pochi problemi agli utenti di tale Paese per lo scambio di criptovalute, anche se la posizione dei principali exchangers mondiali appare restia a limitare l'accesso indiscriminato a utenti russi, pur confermando la rigida applicazione di politiche di KYC e AML e le già esistenti limitazioni agli utenti politicamente esposti.

La posizione appare chiara: gli operatori invocano la propria carenza di autorità nel poter assumere tali decisioni, volte a colpire anche soggetti del tutto “incolpevoli” per le violazioni russe, ma osservano altresì che, secondo le stime, solo un 3% di utenti in Russia risulta operativo nello scambio di criptovalute, e tali utenti impiegano in dette attività soltanto il 10% del proprio patrimonio. Conseguentemente, anche un blocco indiscriminato dell'utenza russa andrebbe a “colpire” una percentuale molto bassa dei patrimoni privati russi.

Va inoltre sottolineato come ingenti volumi di valute digitali siano scambiati al di fuori dei circuiti di exchangers e wallet providers, direttamente sulla blockchain, con minori controlli e senza l'intervento di “intermediari”, il che agevolerebbe l'aggiramento delle sanzioni in essere.

Poiché le transazioni di criptovalute sono comunque registrate sulla blockchain sottostante, a prescindere dall'intermediazione di exchangers, esse rimangono comunque tracciabili e quindi non rappresentano il mezzo più idoneo per aggirare o eludere le sanzioni in essere, anche se si vocifera che esperti russi stiano valutando il ricorso al dark web, con la finalità di rendere anonime tutte le transazioni ivi eseguite, comprese quelle in criptovalute.

La Russia sta inoltre sviluppando da tempo una strategia di vera e propria autarchia digitale, che comprende la creazione di una rete internet autonoma e una struttura tecnologica indipendente, che possa evitare anche iniziative di destabilizzazione interna, evitando diffusione di notizie provenienti dall'esterno tramite social o canali pubblici “occidentali”. Sembra inoltre che le Autorità russe impongano la vendita al pubblico di devices tecnologici quali telefoni o anche tv soltanto previa installazione di app di controllo.In parallelo, al pari di quanto sta accadendo da tempo nei principali Paesi mondiali, la Russia sta lavorando sul progetto di rublo digitale anche allo scopo – quanto più attuale - di utilizzarlo per transazioni con determinati Paesi senza necessità di previa conversione in dollari.

In conclusione, la regolamentazione ancora frammentaria in ambito di criptoassets e in particolare di criptovalute potrebbe in teoria lasciare spazio a manovre elusive delle sanzioni, anche se al momento, per i volumi in gioco e per la difficoltà di utilizzare sistematicamente criptovalute per transazioni commerciali, le valute virtuali non sembrano costituire una strada efficace per l'aggiramento delle sanzioni, ma il contesto è in continua evoluzione e nessuna opzione è al momento da escludere, soprattutto le sanzioni dovessero protrarsi per un lungo periodo. Paolo Bonolis (Partner dello studio CMS e professore a contratto Digital Finance e Fintech presso la Università LUISS Guido Carli e la LUISS Business School),

Gianfabio Florio (Senior Associate dello studio CMS)

Riproduzione riservata ©

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