Guerra e dazi: Usa, Ue e Paesi del G7 revocano le regole Wto per la Russia
Sarà sospeso lo status di nazione più favorita: così su Mosca potranno scattare tariffe punitive
di Gianluca Di Donfrancesco
4' di lettura
Unione Europea, Stati Uniti e gli altri Paesi del G7 toglieranno alla Russia lo status di nazione più favorita, la regola base dell’Organizzazione mondiale del commercio, preparandosi la strada per alzare i dazi sul suo export. Come ha fatto il Canada, che si è mosso già il 3 marzo e ha annunciato tariffe del 35% contro la Russia e anche contro la Bielorussia, per il suo coinvolgimento nell’invasione dell’Ucraina.
La decisione è stata annunciata ieri dal presidente Usa Joe Biden. Poco dopo è arrivata la conferma del G7, a guida tedesca, e di Bruxelles. «Negheremo alla Russia lo status di nazione più favorita nei nostri mercati», ha dichiarato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, annunciando il quarto pacchetto di sanzioni contro Mosca.
Bruxelles e la clausola della sicurezza
«Le aziende russe non riceveranno più un trattamento privilegiato nelle nostre economie», ha detto von der Leyen, annunciando il quarto pacchetto di sanzioni contro Mosca. «Lavoreremo anche per sospendere i diritti di appartenenza della Russia alle principali istituzioni finanziarie multilaterali, tra cui il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale», ha aggiunto. L’obiettivo è impedire a Mosca di «ottenere finanziamenti, prestiti o altri vantaggi da queste istituzioni».
La Commissione cerca armi per infliggere più danni possibile all’economia russa e convincere il Cremlino a fermare l’invasione dell’Ucraina, che al contrario diventa sempre più cruenta. Se applicati, i dazi non sarebbero pagati, ovviamente, dalle imprese esportatrici russe, ma dagli importatori e consumatori europei, che si vedrebbero così spinti a tagliare gli acquisti e a rivolgersi a fornitori di altri Paesi. È il meccanismo dei dazi, tasse a carico di chi importa.
Le imprese russe dovrebbero però cercarsi altri mercati di sbocco: compito tanto più difficile, quante più nazioni aderiscono all’iniziativa. Saranno spinte a rivolgersi sempre più a Oriente, verso la Cina, come già accaduto nel 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia. Ma non è semplice né rapido sostituire i propri clienti. Dopo le pesanti sanzioni già adottate, la revoca dello status di nazione più favorita (Mfn, nell’acronimo inglese) renderebbe la Russia ancor più un paria, isolata dal resto del mondo. Mosca, ovviamente, potrebbe fare altrettanto e colpire con dazi le importazioni dai Paesi che la boicottano, rese però già enormemente più costose dal crollo del rublo.
L’eccezione della sicurezza nazionale, in tempo di guerra o altra emergenza nelle relazioni internazionali, consente agli Stati della Wto di sospenderne le regole per la protezione di interessi essenziali . Invocarlo (lo fece Donald Trump per giustificare i dazi imposti e minacciati anche contro l’Europa, ma in un contesto del tutto diverso) rischia di creare precedenti pericolosi. È «uno strumento delicato», sottolinea Giorgio Sacerdoti, ex presidente dell’Organo di appello del tribunale della Wto, che ricorda come Europa, Usa e gli altri Stati del G7 «non sono in una situazione di ostilità bellica dichiarata con la Russia». Inoltre, aggiunge Sacerdoti, la politicizzazione della Wto rischia di indebolirla.
La mossa è invocata con forza dall’Ucraina, che ha annunciato un embargo economico completo contro Mosca e ha affermato che non applicherà più gli accordi Wto alla Russia.
I rapporti commerciali Ue-Russia
La Ue è il principale partner della Russia, rappresentando il 37% dello scambio totale di merci del Paese con il mondo nel 2020, quando i flussi sono stati pari a 174,3 miliardi di euro. L’import Ue dalla Russia è stato pari a 95 miliardi: oltre 60 miliardi solo di petrolio e gas. La Russia ha esportato nell’Unione anche 4,3 miliardi di euro di beni agricoli e materie prime, 4,1 miliardi di euro di prodotti chimici e poi 4 miliardi di ferro e acciaio. Il primo passo potrebbe essere lo stop all’import di queste due tipologie di merci.
Difficili dazi generalizzati su tutto, con la dipendenza dalle forniture russe di gas e petrolio e i listini già alle stelle. La Russia è anche tra i principali esportatori mondiali di rame, alluminio, palladio e altre materie prime.
I parlamentari Usa: Mosca fuori dalla Wto
Per la revoca dello status Mfn alla Russia sarà necessario il varo di una legge da parte del Congresso, ed è quello che Biden ha chiesto l’11 marzo. La speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha subito fatto sapere che il Parlamento si pronuncerà la prossima settimana. La maggioranza c’è ed è bipartisan. Anzi, un gruppo di rappresentanti di Camera e Senato, appartenenti al Partito democratico, si spinge fino a chiedere la sospensione completa di Mosca dalla Wto.
Un’ipotesi ancora più drastica, dalle basi legali tutte da verificare, ma giudicata fattibile da James Bacchus, tra i fondatori ed ex presidente dell’organo d’appello della Wto. In un intervento sul Wall Street Journal, Bacchus la raccomanda e spiega che, sebbene nessuna disposizione specifica della Wto riguardi l’espulsione di un Paese, questa sarebbe possibile se due terzi degli attuali 164 Stati membri votassero per modificare l’accordo. Se la Russia rifiutasse di accettare le modifiche, una maggioranza dei tre quarti potrebbe deciderne l’espulsione. «L’autorità legale esiste. La domanda è se esiste la volontà politica», scrive Bacchus. Per un’organizzazione che di regola decide all’unanimità, sarebbe una evidente forzatura, tutta da verificare anche sul piano tecnico e comunque richiederebbe tempi lunghi.
La revoca dello status Mfn resta però l’ipotesi più percorribile anche negli Usa. Nel 2019, la Russia è stato il 26° partner commerciale degli Stati Uniti, con circa 28 miliardi di dollari scambiati tra i due Paesi.
Le sanzioni Usa su petrolio, gas e carbone russi hanno già tagliato circa il 60% delle importazioni dal Paese. Biden, l’11 marzo, ha anche annunciato lo stop all’import di prodotti ittici (ad esempio caviale), alcolici e diamanti.
Il Canada ha aperto la strada
Il Canada si è già mosso e giovedì 3 marzo ha revocato lo status di nazione più favorita a Russia e Bielorussia e ha già annunciato dazi del 35%. «Stiamo lavorando a stretto contatto con i nostri partner e alleati per incoraggiarli a fare lo stesso», ha affermato la vice-premier Chrystia Freeland. «In parole povere, questo significa che a Russia e Bielorussia non si applicheranno le tariffe basse che offriamo agli altri Paesi della Wto».
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