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Guerra in Ucraina, così il piano di aiuti alle aziende italiane più esposte al conflitto

Il governo studia i requisiti per gli indennizzi alle aziende più toccate dagli effetti della guerra in Ucraina: esposizione del business verso Ucraina, Russia e Bielorussia, aumento dei costi per materie prime e calo di fatturato

di Carmine Fotina

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3' di lettura

Gli indennizzi alle aziende più direttamente toccate dagli effetti della guerra in Ucraina dovrebbero essere calcolati sulla base di tre requisiti. È lo schema attualmente in discussione: la norma, allo studio del ministero dello Sviluppo economico, è ancora in via di definizione e ci saranno ulteriori riunioni in vista del consiglio dei ministri di lunedì dove approderà il nuovo decreto Aiuti.

I ristori per i danni da guerra

Non è facile costruire un meccanismo di ristori su una materia inedita come le ripercussioni di un conflitto. Al momento la proposta portata avanti dal ministro Giancarlo Giorgetti si basa su una richiesta al ministero dell’Economia ancora abbastanza contenuta, 200 milioni, e si rivolge alle Pmi, con esclusione dunque delle grandi imprese.

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Il Fondo punta a compensare almeno in parte perdite di fatturato derivanti dalla contrazione della domanda, interruzione di contratti e progetti esistenti e crisi nelle catene di approvvigionamento. Per accedere ai contributi a fondo perduto le Pmi dovrebbero presentare, cumulativamente, tre requisiti.

Le condizioni allo studio

Il primo è la realizzazione, direttamente o indirettamente, negli ultimi due anni di operazioni commerciali, compreso l’approvvigionamento di materie prime e semilavorati, con Ucraina, Russia e Bielorussia pari almeno al 20% del fatturato aziendale totale.

La seconda condizione è che l’impresa abbia subito, nell’ultimo trimestre, un incremento del costo di acquisto medio per materie prime e semilavorati di almeno il 30% rispetto alla media dello stesso periodo del 2019, ultimo anno pre-Covid.

Infine, bisogna avere registrato nell’ultimo trimestre un calo del fatturato di almeno il 30% rispetto allo stesso periodo del 2019.

L’ammontare degli indennizzi

Quanto all’ammontare degli indennizzi, l’attuale bozza della misura prevede due fasce di contributo. Per le imprese più piccole, non ricavi calcolati sull’anno 2019 non superiori a 5 milioni, l’aiuto corrisponderebbe al 60% della differenza tra i ricavi medi dell’ultimo trimestre e quelli del corrispondente periodo del 2019.

Nel caso di imprese con ricavi superiori a 5 milioni e comunque fino a 5 milioni, la percentuale scenderebbe al 40%. Per ogni singolo beneficiario il contributo non potrebbe comunque superare 400mila euro, nei limiti del recente Quadro temporaneo Ue per aiuti di Stato a seguito dal conflitto.

Per le modalità di erogazione delle risorse, e per il termine di presentazione delle domande, dovrebbe intervenire un successivo provvedimento attuativo. L’obiettivo è far partire l’iter delle istanze entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto legge.

La proposta in Cdm

Per la conferma di questo schema, come detto, bisognerà attendere le riunioni e il lavoro tecnico previsto fino al Cdm di lunedì 2 maggio. Ma, dopo la prudenza delle prime settimane, l’idea di intervenire con un sistema di indennizzi, per quanto tecnicamente molto complicata, ha preso quota.

Del resto al ministero dello Sviluppo economico, e all’unità di crisi costituita per fronteggiare le criticità nel reperimento delle materie prime, arrivano quotidianamente segnalazioni di difficoltà operative e conseguenti ripercussioni sul conto economico delle aziende.

Cresce in particolare di giorno in giorno il problema della carenza di acciaio, che vede su differenti sponde due anime dell’industria italiana. Da un lato ci sono i grandi utilizzatori, rappresentati da Anfia (automotive), Anima (meccanica), Ucimu (macchine utensili), Assofermet (distributori di acciaio) che il 12 aprile hanno inviato una lettera alla viceministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde e al capo dell’unità di crisi sulle materie prime, Amedeo Teti, per chiedere un’azione a Bruxelles con lo scopo di arrivare a sospendere i dazi all’import di acciaio da Paesi terzi, la cosiddetta clausola di salvaguardia.

Su posizioni diverse ci sono gli acciaieri, l’industria siderurgica, che in questa fase più che mai sembra temere la concorrenza del prodotto extra-Ue.

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