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Guerra in Ucraina, così «Stranger Things» ha vinto sulla fine della storia

Trent’anni di saggi politologici sul «mondo aperto» spazzati via dai carri armati di Putin. E invece avevano ragione film e serie Tv Made in Usa

di Francesco Prisco

Il nuovo trailer di "Tenet", Nolan gioca ancora col tempo

2' di lettura

Certe cose sono così complesse che puoi provare a spiegarle soltanto in maniera estremamente semplice. La guerra in Ucraina, per esempio, con la Russia che torna a logiche di politica di potenza ottocentesche, il mondo che - dalla sera alla mattina - si scopre diviso in due, forse addirittura tre blocchi e Putin che progetterebbbe un internet autarchico, sganciato dal world wide web, sembra mandare in soffitta 30 anni di dotte disquisizioni su globalizzazione, società interconnessa, addirittura «fine della storia». E invece per capire cosa c’era dietro l’angolo, piuttosto che leggere pensosi saggi di 600 pagine, forse bastava guardare un paio di serie Tv americane.

Tra «fine della storia» e «mondo piatto»

Qui nessuno vuol fare l’elogio del mainstream a tutti i costi o sostenere l’inutilità dell’approccio accademico, ma è un dato di fatto che negli ultimi dieci anni si è sviluppata una pop culture che ha saputo fiutare gli attuali venti di guerra meglio di tante analisi geopolitiche. Senza pretese, se non quella di intrattenere lo spettatore. Ricorderete La fine della storia e l’ultimo uomo (1992), saggio con cui il politologo Francis Fukuyama, all’indomani della caduta del muro di Berlino, teorizzava la vittoria finale del liberalismo democratico, un unico mondo «aperto», capitalista e pacificato come superamento della contrapposizione ideologica Oriente-Occidente che aveva segnato gli anni della Guerra Fredda. Ricorderete pure Il mondo è piatto. Breve storia del Ventunesimo secolo (2005), con cui Thomas Friedman illustrava le magnifiche sorti e progressive di concetti come esternalizzazione, delocalizzazione, internazionalizzazione, perché da quando c’è internet è tutto un altro mondo, con Cina e India che non sono mai state così vicine alle democrazie occidentali.

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Prima e dopo i carri armati in Ucraina

Tesi di indubbio fascino - un po’ sgualcite da due anni di pandemia, certo - ma comunque piuttosto condivisibili fino all’altro ieri. Poi su suolo ucraino sono arrivati i carri armati con la zeta sopra e le democrazie occidentali - i cui leader politici erano abituati a ospitare Putin alle cene galanti - hanno alzato un inedito muro di sanzioni a difesa del fianco Est. E rieccoci con i discorsi ansiogeni sulla terza guerra mondiale, l’incubo nucleare e Sting che canta Russians come se non ci fosse mai stata una Perestrojka. Se qualche anno fa avevate comprato i libri di Fukuyama e Friedman senza leggerli, difficilmente vi verrà voglia di farlo adesso, con l’aria che tira.

«Stranger Things» e un po’ di «Tenet»

In compenso potreste rivedervi le otto stagioni Homeland, spy story televisiva su un’agente della Cia affetta da disturbo bipolare. O Stranger Things, serie sci-fi ambientata negli anni Ottanta. O ancora - se avete tanta pazienza - potreste buttarvi su Tenet, ultimo film di Christopher Nolan. Opere concepite nell’ultimo decennio, molto diverse tra loro eppure con un comune denominatore: i russi sono tornati a fare i «cattivi», quelli sempre pronti a schiacciare il pulsante «fine di mondo». Li guardavi e pensavi: no, dai, questa è roba da Cortina di Ferro. Oggi non potrebbe mai succedere, oggi è diverso: dove passano le merci, non passeranno certo gli eserciti. Oggi è diverso, ma anche no.

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