ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùCaivano e le altre periferie

Guida: «Comunità disgregate e territori abbandonati, ecco dove si annida la criminalità giovanile»

Il direttore dell'istituto penitenziario per minori di Nisida interviene sulle vicende del Parco Verde

di Donata Marrazzo

Decreto Caivano, ecco le misure per combattere disagio e criminalità minorile

4' di lettura

«C'è bisogno di tempo. Per Caivano e per le altre periferie abbandonate dell'hinterland napoletano servono soluzioni a lungo termine e di ampio respiro. Bisogna attivare processi lunghi di risanamento che consentano lo sviluppo e il radicamento di un tessuto sociale rinnovato». Gianluca Guida è il direttore del carcere minorile di Nisida, penitenziario campano considerato un'eccellenza nel campo della rieducazione di giovani detenuti e del loro reinserimento nella società.

Ascolta il podcast “I ragazzi di Nisida”

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Chi sono i ragazzi di Nisida

Al momento il carcere minorile di Napoli ospita 50 ragazzi, solo maschi, che hanno commesso crimini contro il patrimonio, contro la persona e reati di spaccio. Più della metà arriva dalle periferie degradate di Napoli. Altri, «e questo è un fatto nuovo - spiega il direttore - sono minori maghrebini che provengono dal nord, dalla Lombardia e dal Piemonte, giovani con gravi dipendenze da psicofarmaci. Un fenomeno che si va allargando, rispetto al quale, considerate anche le loro diverse matrici culturali, stiamo mettendo a punto interventi specifici in collaborazione con gli specialisti del servizio sanitario regionale. Un lavoro di squadra che richiede nuove, maggiori sinergie».

Ricostruire fiducia e futuro

Le attività di studio, quelle ludiche, i laboratori contro l'analfabetismo, sulla genitorialità precoce, quelli del saper fare – dal food alla ceramica, al giardinaggio –, quelli rivolti alla “costruzione del sé” – sull'agire violento, sulle dipendenze, sull’empatizzazione con le vittime - e gli spazi dedicati alla scrittura e alla politica, aiutano gli ospiti di Nisida a scegliere un nuovo percorso, a responsabilizzarsi, a ritrovare fiducia in se stessi e negli adulti. In tanti ce la fanno, anche se il rischio di recidive è sempre da mettere in conto.

Le reazioni ai fatti di Caivano

Nel penitenziario, che ha ispirato la serie televisiva “Mare Fuori” e il podcast del Sole24ore “I ragazzi di Nisida”, sulle storie private dei giovani detenuti, sugli abusi subiti, le mancanze e i contesti familiari e sociali che li hanno portati a delinquere, i fatti di Caivano sono stati seguiti con attenzione. «I nostri ragazzi sono rimasti molto scossi – racconta Guida – perché quello che è accaduto al Parco Verde, lo stupro di gruppo perpetrato per mesi nei riguardi di due bambine, segnala un cambiamento nel modo di fare della criminalità. Fra i nostri detenuti prevale un sentimento di sacralità verso i più piccoli, che deriva da un assetto ben preciso di certi contesti sociali. Prima la vita si svolgeva nei vicoli, con le donne, nonne e madri, che sorvegliavano tutti i bambini del quartiere. Poi ci si è spostati nelle periferie, nei palazzoni di cemento delle case popolari, e le relazioni si sono sfilacciate, diradate. È aumentato il disagio, le sacche di degrado e di abbandono si sono moltiplicate e la devianza si è aggravata».

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Il dolore per la morte di Giogiò

Anche l'omicidio del musicista Giovanbattista Cutolo in piazza del Municipio per mano di un diciassettenne dei Quartieri Spagnoli ha turbato la comunità di Nisida: «Ne abbiamo parlato e insieme abbiamo deciso che dovessimo partecipare a quel dolore. Per questo ero presente ai funerali di Giogiò, anche in rappresentanza dei ragazzi dell'istituto, in segno di condivisione dello strazio dei genitori della vittima, ma anche con la consapevolezza di come quanto accaduto travolgerà la vita dell'omicida, un altro minore».

Parco Verde, da Fortuna Loffredo alle due cuginette stuprate

Guida, che dal 1999 è direttore di Nisida e dirige dal 2006 il Centro europeo di studi sulla devianza e il disagio giovanile, con sede nell’istituto napoletano, è fra i maggiori esperti del settore. Quando parla di criminalità minorile misura le parole e, approfondendo la questione, abbassa i toni: riflettendo su Caivano, parte dalla vicenda della piccola Fortuna Loffredo, stuprata e gettata nel vuoto dall'ottavo piano di uno degli stabili del Parco Verde. Era il 24 giugno 2014. «C'è stato un momento in cui in queste periferie in tanti hanno cominciato a voltarsi dall’altra parte, ritenendo che certi fatti non li riguardassero personalmente. Il problema era delle famiglie, della scuola, della polizia, dei servizi sociali. È mancata, invece, e manca la comunità, mancano valori condivisi. Si è disgregata la socialità e ora bisogna curarla, ricostruirla. Ci sono diversi modi per farlo, io ad esempio sono coinvolto nell'esperienza del Patto educativo per la città metropolitana di Napoli, lanciato dall’arcivescovo don Mimmo Battaglia. Da due anni interveniamo in alcune zone marginali come Forcella, Soccavo, Ponticelli, cercando di ricomporre la rete sociale, mettendo insieme, intorno a un bisogno comune, tutte le realtà positive che pure in questi quartieri ci sono. C'è il degrado, la delinquenza, la povertà educativa, ma anche l'impegno di associazioni, gruppi, istituzioni che hanno voglia di fare, di cambiare le cose».

Una rete sociale per rispondere ai bisogni della gente

E ritiene Guida che anche a Caivano vadano intercettate e riscoperte tutte le realtà che lottano contro quello che chiama «il male di vivere», quel degrado che si è diffuso nel territorio e che «alimenta la rabbia di tanti giovani. Possibile - si chiede - che padre Praticiello sia l'unico a incarnare e a esprimere i bisogni di un’intera comunità, che non ci siano altri, servizi sociali, associazioni, cittadini, in grado di prendersi cura delle urgenze della gente? Forse, per cominciare serve individuare e valorizzare quelle realtà, anche le più piccole, e creare una rete, un tessuto sociale nuovo. Le periferie hanno bisogno tutte di attenzione e di cura, hanno bisogno di fare comunità».

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«Prima di pensare di punire i minori, prendiamocene cura»

Certo, ora Caivano ne ha bisogno di più. «Ha bisogno di una risposta immediata all’emergenza, anche con un maggiore presidio, va bene. Ma non è questa la soluzione definitiva. Il quartiere dovrà tornare a vivere di vita propria, costruendo nuove forme aggregative e una nuova identità che non si identifichi con i disagi e i malesseri del quartiere. Bisogna restituire dignità alle persone e ai luoghi, riscoprirne la bellezza. Che non è lo sfarzo, lo sfoggio, il tanto, l’inutile, ma la cura, l’antidoto a ciò che è davvero brutto e produce degrado. E il degrado – avverte, infine, Guida - è il terreno ideale per favorire la criminalità. Prima di pensare di punire i minori, prendiamocene cura, diamo servizi, accudimento, attenzione all’infanzia e alle famiglie, perché è già intorno ai tre anni che iniziamo a perdere i nostri ragazzi».


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