Hard Brexit, è allarme nel porto più grande d’Europa: rischia anche l’Italia?
A fine mese una potenziale hard Brexit trasformerebbe Rotterdam, il più grande porto d’Europa, nella “frontiera esterna” Ue: il rischio è che lo sdoganamento di 40 milioni di tonnellate di merci britanniche (prima in libera circolazione) crei un temporaneo “collo di bottiglia” con ripercussioni anche sulle importazioni italiane. Ecco come ci si sta preparando e quali sono i rischi
di Enrico Marro
2' di lettura
La porta d’Europa è di nuovo in fibrillazione per una “hard Brexit” che potrebbe arrivare a fine mese. Dal porto di Rotterdam , di gran lunga il più grande d’Europa con i suoi 40 chilometri di larghezza e fino al 2004 il più grande del mondo, transitano ogni anno qualcosa come 469 milioni di tonnellate di merci, 40 milioni delle quali provengono dalla Gran Bretagna. La colossale e sofisticata struttura logistica del porto olandese, puntuale come un orologio svizzero nel movimentare ogni anno otto milioni e mezzo di container provenienti da tutto il mondo, è tarata su un Regno Unito membro dell’Unione europea: ma se entro il 31 ottobre non arrivassero né un rinvio di Brexit né un accordo tra Londra e Bruxelles, Rotterdam diventerebbe frontiera esterna della Ue, con operazioni di sdoganamento di tonnellate di merci inglesi che da semplici e rapide diventerebbero lunghe e meticolose.
La catena logistica del porto riuscirà a reggere l’impatto di Brexit o si rischia il collasso della “porta d’Europa”, con pesanti ripercussioni sulle forniture di merci e alimentari? Le preoccupazioni per l’Italia sono legate al fatto che Rotterdam rappresenta il vertice settentrionale del gigantesco asse ferroviario che collega Nord e Sud del Vecchio Continente attraversando Germania e Svizzera fino ad approdare al grande interporto di Mortara, in provincia di Pavia.
Una recente simulazione condotta dall’Autorità portuale di Rotterdam in collaborazione con i terminal delle navi mercantili stima un “ingolfamento” medio pari a circa 400 camion. L’Autorità portuale è corsa ai ripari creando 700 nuovi parcheggi per mezzi pesanti, ma anche assumendo un migliaio di nuovi operatori doganali e circa 150 addetti alla sicurezza alimentare, in buona parte veterinari.
«Abbiamo cercato di prendere tutte le possibili contromisure per fronteggiare l’impatto di un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea il 31 ottobre - spiega Emile Hoogsteden, vicepresidente settore logistica del Porto di Rotterdam - come autorità portuale siamo pronti». Ma il contraccolpo di una hard Brexit potrebbe farsi sentire a valle della catena logistica, visto che ancora oggi oltre un terzo delle imprese olandesi che scambiano merci con la Gran Bretagna ha candidamente dichiarato di non essersi in alcun modo preparata a Brexit. E questo nonostante i colossali sforzi di sensibilizzazione dell’autorità portuale di Rotterdam, che ha persino messo in piedi un sito internet multilingue dedicato, getreadyforbrexit.eu, declinato su tutti i tipi di operatori (esportatori, importatori, trasportatori e così via).
La chiave per evitare problemi è la digitalizzazione delle procedure, introdotta proprio per fronteggiare il rischio Brexit guadagnando tempo prezioso sugli sdoganamenti: la piattaforma digitale messa in piedi a Rotterdam permette infatti di pre-notificare alle autorità portuali l’arrivo di un mercantile e di “tracciarlo” in tempo reale, consentendo alla nave di attraccare al terminal senza essere bloccata all’ingresso. Ma ci sono molti operatori che ancora non risultano registrati per questo tipo di procedura. «Ci siamo preparati per il peggio sperando per il meglio», riassumono le autorità portuali di Rotterdam, senza nascondere i timori che una hard Brexit possa far inceppare almeno temporaneamente il motore della porta d’Europa, trasformandola da orologio svizzero della logistica continentale a “collo di bottiglia” degli scambi commerciali.
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