L’INTERVISTA

Hines, dopo Milano è l’ora di Roma «Pronti a investire 800 milioni»

Intervista al ceo Mario Abbadessa. Il focus della strategia sulla capitale è negli uffici e nelle vie dello shopping

di Paola Dezza

(IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

«La vera innovazione nell’immobiliare è creare un prodotto che possa colmare i gap tra domanda e offerta». È la tesi che Mario Abbadessa, 35 anni, ha sposato da quando dal 2015 è stato chiamato a guidare il colosso americano Hines in Italia e a deciderne gli investimenti. Centrati finora su Milano e pronti ad aggredire Roma, tanto da aprirvi anche un ufficio.

Sono passati quasi cinque anni dal 2015 e Hines è diventato uno dei soggetti più presenti e attivi nel real estate italiano. È tempo di bilanci?

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Il saldo è positivo. Ma parziale, abbiamo in cantiere ancora molto da fare. Abbiamo iniziato riqualificando edifici storici in centro, in un momento in cui non li voleva nessuno. E oggi sono complessi ricercati da chi investe in immobili riqualificati e a reddito. Abbiamo portato avanti poi l’idea di creare studentati moderni e innovativi e molti ci hanno seguito. In questo ambito il gruppo ha investito 500 milioni di euro in tre strutture, due a Milano e la terza a Firenze. E poi siamo tornati a fare sviluppo con l’ingresso in Milanosesto.

Un anno fa il portafoglio italiano valeva poco meno di 1,5 miliardi. Come procede la tabella di marcia?

Il portafoglio che abbiamo accumulato in Italia oggi, gestito da fondi immobiliari, è pari a tre miliardi di euro, nel 2021 daremo appalti per un miliardo di euro. Finora siamo stati concentrati su Milano, ma qui oggi c’è troppa competizione. Stiamo analizzando il mercato di Roma, dove intendiamo investire 800 milioni di euro nei prossimi 24 mesi, focalizzati sui settori uffici e High street. Negli uffici in particolare c’è molta domanda di ricollocamento, il potenziale è enorme. Pensiamo di restringere il nostro interesse al centro storico.

Tornando a Milano, state guardando aree da acquisire per ampliare la gamma di student housing?

Sì, in zona Bovisa, vicino al Politecnico. Entro il 2022 arriveremo ad avere 2mila posti letto. Senza contare i 1.500 posti per studenti che contiamo di creare a Milanosesto.

Quest’ultima sfida ha spostato la vostra attenzione nuovamente sullo sviluppo. Ma Milanosesto è anche un progetto che negli anni si è rilevato molto complesso. E per questo non ancora partito.

È il più grande progetto di sviluppo in Europa in un’area urbana, conta 1,4 milioni di metri quadrati da realizzare e ha al suo interno uno spazio verde grande come Hyde Park a Londra. Abbiamo scelto un anno fa di scommettere su questo progetto e a distanza di 12 mesi siamo in grado di presentare il lotto pilota. Circa 220mila metri quadrati dove Hines investirà 500 milioni di euro. Qui sorgeranno case da affittare, che costituiscono la terza linea della strategia che stiamo portando avanti in Italia.

Milano è per Hines la quinta città in Europa dove allocare capitale, preceduta da Londra, Parigi, Berlino e Dublino, e la quindicesima a livello mondiale. Quali le direttrice dei vostri investimenti?

Sono quattro le zone di Milano che potrebbero ospitare studentati e residenze destinate all’affitto. Si tratta di San Siro, dove abbiamo acquistato da Snaitech circa 45mila metri quadrati, a due passi dallo stadio (primo semestre 2019). Qui arriveranno servizi ancillari allo stadio, dai negozi al museo, dai club delle squadre di calcio milanesi ai ristoranti, affiancati da residenze, nel lotto sud vicino alla metro, tra cui senior living per la locazione. Nell’area investiremo 300 milioni di euro. Milanosesto è la seconda area individuata per l’espansione, poi la zona Bocconi, dove già siamo presenti, e Bovisa. Rimane da vagliare l’interesse per l’ex Scalo di Porta Romana perché vogliamo avere le idee più chiare sulla gara di vendita dell’area.

State iniziando ad attuare anche una rotazione di portafoglio, dopo gli ingenti investimenti effettuati nel segmento “value add”?

Abbiamo messo in vendita l’edificio di via Orefici (sede di Rothschild e degli uffici di Starbucks, ndr) che avevamo acquistato a cento milioni di euro e che oggi ne vale circa 200 dopo una accurata riqualificazione. In futuro potremmo vendere via Mazzini, che a fine febbraio consegneremo a WeWork. Resteranno, invece, nel portafoglio un asset “trophy” come la Torre Velasca, l’ultimo acquisto in ordine di tempo, e Cordusio 2 dove hanno aperto le prime vetrine italiane di Uniqlo.

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