Hollywood paralizzata: in agitazione gli attori accanto agli sceneggiatori
Scatta lo sciopero più grave in 63 anni e blocca produzioni di cinema e Tv. È scontro su compensi e AI. Danni anche per il festival di Venezia?
di Marco Valsania
I punti chiave
4' di lettura
Il sindacato americano degli attori ha dichiarato uno storico sciopero contro i colossi dello spettacolo e dello streaming, chiedendo un rinnovo contrattuale che contenga miglioramenti nei compensi, maggiori garanzie sul lavoro e soprattutto protezione da un utilizzo indiscriminato dell'intelligenza artificiale. I 160mila membri del sindacato, Sag-Aftra, si sono uniti da oggi agli oltre undicimila sceneggiatori che hanno incrociato le braccia ormai da 70 giorni con simili richieste nei confronti di giganti che accanto a Disney, Paramount, Comcast e Warner Bros Discovery contano ora anche Netflix, Amazon e Apple.
Trattative rotte
L'agitazione, scattata dopo la rottura di trattative senza compromessi vicini e tra accuse reciproche di intransigenza, porta ad una totale paralisi di Hollywood, del cuore della grande industria di cinema e televisione Usa, con il blocco della produzione di show, serie e film. Non solo: nella bufera minacciano di finire anche festival del cinema americani e internazionali, a cominciare da Venezia in agosto e Toronto a settembre che spesso contano sulla presenza di attori. Come eventi quali la cerimonia di premiazione degli show Tv degli Emmy Awards, a sua volta a settembre.
I picchetti
Picchetti davanti agli Studios e a luoghi di produzione sono in programma da questa mattina da Los Angeles a New York e a molte altre città. Attesa nei prossimi giorni la partecipazione di numerose stelle del grande e piccolo schermo, che già hanno aderito all'agitazione, da Meryl Streep a Jamie Lee Curtis, da Pedro Pascal a Jennifer Lawrence. Ferma è anche la promozione da parte degli attori di nuovi film già pronti: un esempio è già arrivato Oppenheimer giovedì a Londra, dove il cast guidato da Matt Damon ha disertato un premiere.
Un settore da 134 miliardi
Lo sciopero riguarda direttamente almeno 65.000 attori impegnati in Tv e cinema. Il voto degli iscritti che ha autorizzato l'agitazione ha ricevuto oltre il 97% dei consensi. La posta in gioco è molto elevata. La cosiddetta fabbrica dei sogni americana è un business da 134 miliardi di dollari, con vaste ramificazioni. Compreso l'indotto i dipendenti sono 2,4 milioni e il giro d'affari 261 miliardi. Il blocco potrebbe costare 30 milioni di dollari al giorno solo a Los Angeles.
Agitazione storica
Segno del rilievo dalla decisione di scendere in piazza, era da oltre 40 anni, dagli anni Ottanta, che il sindacato degli attori (La Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists) non scioperava. E dal 1960, da ben 63 anni, che non scattava uno sciopero congiunto di attori e sceneggiatori in grado di provocare un drammatico stop dell'intera industria. Allora il leader sindacale degli attori fu nientemeno che Ronald Reagan.
Le accuse del sindacato
Il sindacato denuncia i grandi profitti accumulati dai protagonisti aziendali, i generosi compensi dei loro top executive e quello che definisce come il tentativo corporate di trasformare il settore in un comparto delle gig economy, dove diventa sempre più immaginare una carriera e professione sostenibili. «Le aziende hanno rifiutato di impegnarsi in modo significativo su numerose tematiche. Finchè non tratteranno in buona fede non è possibile raggiungere un accordo», ha detto l'attrice Fran Drescher, segretario generale della union. «Quello che accade a noi accade in tutto il mercato del lavoro», ha aggiunto dipingendo lo scontro come parte di una battaglia più ampia. «Quando i datori di lavoro fanno di Wall Street e dell'avidità la priorità e dimenticano chi contribuisce in modo essenziale al funzionamento della macchina, c'è un problema».
Duncan Crabtree-Ireland, executive director e capo negoziatore del sindacato, ha aggiunto: «Vogliamo assicurare che il mestiere di attore sia una carriera sostenibile non solo per cento celebrità ma per una vasta popolazione di iscritti che deve vivere del proprio lavoro e pagare l'affitto». Le produzioni per lo streaming, sempre più diffuse, pagano meno (ad esempio nelle formule di residuals, sorta di royalties) e sono più brevi. AI adesso minaccia inoltre di creare performance digitali usando il lavoro precedente degli attori come base di addestramento senza consultare o pagare adeguatamente.
La risposta delle aziende
Le aziende smentiscono ingiustizie e condannano l'agitazione. «Uno sciopero non è l'esito in cui speravamo», ha detto il portavoce dell'associazione di settore Amptp, la Alliance of Motion Picture and Television Producers. «Il sindacato sfortunatamente ha scelto una strada che comporta danni finanziari per migliaia di persone». Ha sostenuto che i datori di lavoro hanno offerto “storici aumenti di paga e di benefit pensionistici e sanitari e innovative proposte su AI che proteggano gli attori”.
Iger scende in campo
Il Ceo di Disney Bob Iger ha definito le richieste sindacali «non realistiche» e «molto dannose per l'intera industria». Ha sottolineato che oggi «è il momento peggiore per nuovi traumi» mentre il settore sta già attraversando «profonde trasformazioni». Disney, come altri giganti, ha in corso ristrutturazioni e tagli dei costi dopo investimenti eccessivi nello streaming e adavanti alla continua crisi di tv tradizionale e cinema a caccia di maggior redditività.
Produzioni nel limbo
Tra i tanti film o serie adesso nel limbo, sospesi, bloccati o rinviati, su scala globale si contano ad oggi numerlosi titoli popolari. Ci sono The Last of Us, Blade Runner 2099, The Mandalorian, il seguito di Spider-Man: Non Way Home, un remake di Blade, Thuderbolts, Captain America: Brave New World, già colpiti dall’agitazione degli sceneggiatori.
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