Hong Kong, perché sono nate le proteste e i rischi di repressione
di Stefano Carrer
3' di lettura
Perché sono iniziate le maggiori proteste di massa a Hong Kong dalla fine del dominio britannico nel 1997?
Le proteste popolari a Hong Kong sono cominciate agli inizi di giugno in opposizione a un disegno di legge che avrebbe consentito l’estradizione di persone da Hong Kong per essere processate nella Cina continentale: il diffuso timore era che una legislazione in tal senso potesse essere utilizzata con intenti repressivi, erodendo i diritti civili e in sostanza lo stesso regime speciale di «un Paese, due sistemi» su cui si impernia l’autonomia dell’ex città-stato (che Pechino si è impegnata a rispettare per 50 anni). In piazza sono scesi a milioni nei weekend, paralizzando varie zone della città, e le proteste, entrate nella decina settimana, hanno assunto ormai cadenza quasi quotidiana.
LE PROTESTE / Violenti scontri all’aeroporto
Quali sono le richieste dei dimostranti?
I manifestanti non si sono accontenntati di aver ottenuto la sospensione del disegno di legge, ma ne chiedono il ritiro definitivo. Dopo numerosi scontri con la polizia, si sono aggiunte altre richieste: le dimissioni della chief executive Carrie Lam; il rilascio dei manifestanti arrestati (in totale sono quasi 700) e la caduta delle accuse nei loro confronti; una inchiesta indipendente sull’operato della polizia e il ritiro della qualifica di “sommossa” con cui le autorità hanno etichettato la protesta. Con il tempo, ha preso corpo anche la richiesta di una maggiore democratizzazione, in modo che sia attuato un vero suffragio universale.
Quali sono state finore le conseguenze economiche?
Da due giorni l’aeroporto di Hong Kong, semi-paralizzato, è diventato il simbolo di come l’escalation delle proteste - accelerata dallo sdegno per le brutalità della polizia - possa avere impatti negativi sull’economia. La Borsa ha perso il 16% dai picchi di aprile e ha annullato i guadagni dell’anno. Vari analisti segnalano un avvio di deflussi di capitali. Molto dipenderà dagli sviluppi della situazione se Hong Kong potrà mantenere il suo ruolo di hub economico-finanziario internazionale.
I NUMERI DELL’AEROPORTO / Lo scalo dei record bloccato dai dimostranti
Come può andare a finire? La Cina interverrà con una dura repressione?
La grande incognità è proprio l’atteggiamento del governo cinese di fronte alla sfida più grande dai tempi di Tienanmen. I toni di Pechino si sono fatti minacciosi, tra accuse di interferenze straniere (specialmente rivolte agli Usa) e concentrazione di forze paramilitari a Shenzhen. Secondo lo statuto («Basic Law») di Hong Kong, l’esercito cinese può intervenire solo su richiesta delle autorità di Hong Kong. Una clausola che però potrebbe essere aggirata dall’invio di forze paramilitari
per la repressione del «terrorismo» (parola che ha cominciato a essere utilizzata negli ultimi giorni). Le conseguenze politiche di un intervento
diretto sarebbe molto gravi per una Cina che ha cercato con palpabili successi di proiettare nel mondo il suo «soft power». I rischi di un forte impatto economico negativo - sia per Hong Kong sia per la Cina, per le cui grandi aziende l’ex città-stato rappresenta un grande polmone finanziario - sono parimenti alti. A Taiwan - dove sono in programma le elezioni a
gennaio - si perderebbe ogni fiducia nella soluzione «un Paese, due sistemi». Molti ritengono che la situazione attuale non possa protrarsi a lungo. Tanto più che il primo ottobre ci saranno le celebrazioni per i 70 anni della Repubblica Popolare.
Quali sono state finora le reazioni internazionali e come potrebbero evolvere?
Vari leader hanno espresso preoccupazioni e invitato alla calma. Il governo britannico ha chiesto una indagine indipendente, attirandosi le piccate critiche cinesi. Donald Trump ha tenuto finora un profilo molto basso, con una gaffe verbale, attirandosi critiche. Una portavoce del Dipartimento di Stato Usa ha aspramento criticato Pechino per aver diffuso foto e dettagli personali di una funzionaria del consolato Usa che ha incontrato alcuni leader delle proteste L’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu Michelle Bachelet ha accusato la polizia di Hong Kong di aver violato le norme internazionali nell’uso delle armi. In caso di un bagno di sangue, si aprirebbe un periodo di tensioni tra Cina e Occidente, con probabili risvolti anche economico-commerciali.
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