Hotel, tornano gli investitori esteri ma le offerte scontano cali del 30%
Secondo EY già nel 2021 i volumi di investimento saliranno a 1,5 miliardi. Nel segmento lusso da Venezia a Roma lo sconto atteso è contenuto al 5-10%
di Paola Dezza
3' di lettura
Dimore nobiliari con le stanze affrescate affacciate su Canal Grande oppure edifici storici in pieno centro delle grandi città, ma anche case di campagna adibite a resort nelle location più ricercate dalla Toscana alla Sicilia. Sono le strutture dell’ospitalità «Made in italy» che fanno gola ai grandi investitori, anche se la ripresa di viaggi e turismo si allontana con la seconda ondata della pandemia da Covid-19.
È per questo che EY, in un report che Il Sole24 Ore è in grado di anticipare, stima volumi di investimento a quota 1,5 miliardi di euro nel 2021, in crescita da quel miliardo che si è registrato nell’anno appena concluso.
Di pochi giorni fa l’ultima operazione. I fratelli David e Simon Reuben hanno comprato, infatti, il Luna Baglioni di Venezia dalla famiglia Polito. Non una semplice cessione, ma una operazione di più ampio spettro, che punta a diffondere l’ospitalità Baglioni nel mondo. Nel 2020 Venezia ha confermato il proprio appeal attirando 413 milioni di investimenti (39% del totale), seguita da Roma (26%), Firenze (11%) e Milano (7%).
«Il Covid-19 è stato un colpo pesante per il settore, tanto che a fine 2020 i volumi di investimento in hotel in Italia hanno sfiorato il miliardo con 31 operazioni - dice Marco Zalamena, a capo del dipartimento hotel di EY -, il 68% meno del record del 2019. È stato anche il volume più basso degli ultimi cinque anni».
Molte operazioni 2020 affondano le radici nell’anno precedente. Come il deal maggiore, la vendita degli hotel Dedica Anthology da Varde Partners a Covivio (330 milioni per la parte italiana). Il deal per single asset più importante è stato, invece, quello che ha portato alla cessione da parte di Elliott del Bauer Palazzo a Venezia agli austriaci di Signa.
«Oggi in Italia ci sono tantissimi investitori alla ricerca di opportunità – dice Zalamena -. C’è più offerta sul mercato, ma permane un gap sui prezzi. Al momento non si è visto alcun repricing, ma con il prolungarsi della pandemia e i ritardi nei vaccini è possibile una revisione dei prezzi di vendita. In questo modo gli alberghi iconici andranno sul mercato a prezzi corretti (non in base alle attese pre-Covid che erano fuori mercato). E così vedremo più transazioni». Per il segmento lusso il ritorno a valori di mercato significa un repricing del 5-10%, per gli altri segmenti la ripartenza si avrà con sconti del 25-30%.
Venezia rimane la città italiana più cara per prezzo di acquisto a camera con i suoi 540mila euro a stanza in media, seguita da Roma (248mila euro a camera), Firenze (200mila) e Milano (90mila).
«I primi a entrare in crisi non sono stati i proprietari di immobili, ma i gestori, perché non hanno potuto rimodulare i canoni di affitto» dice ancora l’intervistato. Secondo voci a Roma sono nell’aria diverse operazioni di gestori che stanno valutando di uscire dal mercato.
Oggi il tema, come per altri settori dell’immobiliare, riguarda la difficoltà di reperire finanziamenti. Le banche internazionali sono scomparse e le banche italiane hanno aumentato il grado di rischio del settore. Pertanto la leva si è abbassata.
È ancora presto, invece, per vedere sul mercato asset distressed. Anche se nei prossimi mesi è facile che qualche proprietario sia indotto a vendere per il sopravvenire di difficoltà finanziarie. Le chiusure protratte e le aperture a singhiozzo mettono a dura prova le strutture alberghiere in moltissime location.
«Cresce l’approccio del sale & leaseback - spiega Zalamena -. Chi vuole fare altri investimenti e non trova finanziamenti può scegliere di vendere uno o due asset per fare cassa».
Secondo indiscrezioni che circolano da tempo a Roma ci sarebbero sul mercato tanto il Majestic, quanto il Grand hotel De La Minerva. Mentre qualche altra struttura importante sarebbe in vendita a Venezia.
L’Italia è percepita come mercato “core” nel segmento alberghiero, oggi si tratta di fare incontrare domanda e offerta. Sul settore si è posizionata anche Cassa depositi e prestiti con l’annuncio di qualche mese fa di un fondo immobiliare dedicato a strutture di alto livello che ha capacità di investimento superiore al miliardo di euro.
È cambiato però l’approccio degli investitori. «Mentre nel 2017 più del 70% delle transazioni erano focalizzate sul segmento value add (acquisto, ristrutturazione e vendita), negli ultimi tre anni questa tipologia di operazioni è calata al 48% del totale degli investimenti a favore della quota “core” (a reddito) che invece è salita» recita il report EY.
Al tempo stesso la quota importante di acquisizioni value add del recente passato suggerisce che sul mercato potrebbero arrivare strutture riqualificate e riposizionate.
Bisognerà comunque aspettare il 2023 per tornare alla normalità. Intanto gli investitori si posizionano e i gestori cercano location dove aprire. Ma oggi sono i gruppi più piccoli a essere più dinamici nella ricerca.
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