Huawei, aziende Usa bypassano il bando. Per Android occhi puntati sul 19 agosto
Intel e Micron hanno trovato il modo di evitare il ban di Trump facendo leva sull'etichettatura delle merci, rendendole così non fabbricate in America
di Biagio Simonetta
3' di lettura
È passato oltre un mese da quando Donald Trump, con una decisione abbastanza clamorosa, ha collocato Huawei in una blacklist commerciale. Una mossa che, di fatto, impedisce alle aziende americane di fare affari col colosso cinese. Una specie di tsunami sull'intero mondo tecnologico.
A quanto pare, però, alcune big company statunitensi hanno trovato il modo di bypassare il divieto imposto dalla Casa Bianca. Secondo il New York Times, infatti, alcuni produttori di chip made in USA vendono ancora a Huawei, e incassano milioni di dollari.
Per approfondire:
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Aziende leader nel settore dei semiconduttori, come Intel e Micron, hanno trovato il modo di evitare il ban di Trump facendo leva sull'etichettatura delle merci, rendendole così non fabbricate in America. Le merci prodotte da compagnie statunitensi all'estero, del resto, non sempre sono considerate di produzione americana.
E un chip prodotto da un'azienda USA può ancora essere fornito a Huawei se la fabbricazione avviene al di fuori degli Stati Uniti e non contiene tecnologia che possa rappresentare un rischio per la sicurezza nazionale.
Il discorso cambia se il produttore, successivamente, fornisce servizi dagli Stati Uniti per la risoluzione dei problemi o istruzioni su come utilizzare il prodotto. In questo caso, infatti, il ban imposto da Trump subentra in modo feroce.
Interattivo:
•La lunga cavalcata degli smartphone da Nokia e Huawei
Giro d'affari milionario
Il cavillo burocratico trovato da alcune aziende USA, ha permesso di riaprire i canali di vendita con Huawei circa tre settimane fa. E secondo le fonti citate dal quotidiano newyorkese, il giro d'affari sarebbe già stimabile in milioni di dollari, per una corsa sfrenata contro il tempo che imporrebbe all'azienda di Shenzhen di fare scorte di componentistica a ritmo forsennato.
È difficile, al momento, ipotizzare quanto questo sotterfugio possa incidere sul ciclo di produzione di Huawei. Di certo, però, è destinato a far rumore. Giova ricordare che un paio di settimane fa, Huawei aveva annunciato di aver bloccato il lancio di un nuovo Matebook (i laptop della casa cinese) a causa delle riserve di componenti troppo limitate per poter garantire una produzione massiccia.
Questo nuovo canale con Intel e altri produttori di chip potrebbe cambiare le cose. Ma rimane la grande incognita legata al software.
I dubbi su Android
Se un microprocessore americano, prodotto altrove, può essere considerato non più americano, il discorso cambia quando si parla di software. È pressoché impossibile immaginare che Android di Google o Windows di Microsoft, possano seguire strade alternative come nel caso dei chip. E questo, per Huawei, rimane un problema enorme, nonostante le voci sempre più insistenti di un nuovo sistema operativo proprietario.
Per approfondire:
•La Cina ora minaccia Android: Oppo e Xiaomi testano il sistema operativo di Huawei;
•Il «piano B» di Huawei: un suo sistema operativo entro l'autunno.
Perché la vera sfida, in questo caso, sarebbe quella di sfidare Android e iOS su un terreno che non sembra lasciar spazio ad altri attori (ci aveva provato Microsoft, con Windows Mobile, e ne è uscita con le ossa rotte).
La compagnia cinese, sognava una seconda parte del 2019 totalmente diversa. L'idea, numeri alla mano, era quella di conquistare la vetta del mercato mondiale degli smartphone.
Il sorpasso su Samsung era atteso alla fine di quest'anno. Poi circostanze «inattese» hanno cambiato le carte in tavola, e ora per agguantare la medaglia d'oro «servirà un po' più di tempo», ha detto di recente il chief strategy officer di Huawei, Shao Yang.
Secondo gli analisti di Gartner, nel primo trimestre 2019 Samsung ha venduto 71,6 milioni di smartphone, Huawei 58,4 milioni e Apple 44,56 milioni. Ma i numeri più attesi arriveranno più avanti, e ci diranno quanto la decisione di Trump abbia impattato sui conti del colosso cinese.
Ora l'attenzione è tutta riposta su una data: il 19 agosto. Quel giorno, infatti, scadrà la deroga concessa dalla Casa Bianca. I famosi 90 giorni accordati da Trump alle aziende americane che avevano rapporti con Huawei, pensati più che altro per una sorta di uscita più morbida.
In molti sono convinti che questa deroga possa essere una mossa politica per trovare un accordo fra le parti.
Un compromesso che possa riavvicinare USA e Cina, e ripristinare gli equilibri. Tuttavia, è difficile ipotizzare cosa accadrà veramente. L'intero mondo tecnologico è appeso un po' a quello che succederà il 19 agosto. Almeno per le sorti del breve periodo. Perché in fondo, giova ricordarlo, quella della Casa Bianca è una decisione politica. E le decisioni politiche, spesso, sono a scadenza.
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