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Huawei, che cosa dicono gli analisti tech dopo l’arresto del cfo

di Antonio Dini

Chi è Meng Wanzhou, la principessa di Huawei

2' di lettura

MAUI (Hawaii) - La notizia dell'arresto in Canada su richiesta americana di Meng Wanzhou, CFO di Huawei ed erede del fondatore del colosso delle telecomunicazioni cinesi, arriva nell'isola di Maui, Hawaii, durante la presentazione della nuova generazione di processori Snapdragon dell'americana Qualcomm. Ma non scuote minimamente i dirigenti dell'azienda di San Diego. Nessun commento, nessuna osservazione se non qualche riferimento indiretto alle tecnologie di Huawei durante il lancio dei prodotti: “i nostri sono i migliori” e poco più.

Se il presidente di Qualcomm Technologies, il brasiliano Cristiano Amon, e i suoi si chiudono in un no comment, le reazioni più interessanti sono quelle tra i 350 analisti e giornalisti internazionali convocati a Maui per assistere alla presentazione delle nuove tecnologie. Il sentiment collettivo è che l'arresto di Wanzhou segni un cambio di passo nelle relazioni tecnologie tra i due paesi, coinvolgendo le aziende. Anche se Carolina Milanesi, analista di Creative Strategies, getta acqua sul fuoco: «Non penso ci saranno effetti diretti nelle relazioni o nello sviluppo del 5G. Come sappiamo qui ci sono aziende cinesi che collaborano con Qualcomm, accordi per il 5G in Cina, alleanze con produttori di tecnologie e di apparecchi, come Oppo, Vivo, Xiaomi, OnePlus: metteranno tutti i chip Qualcomm nei loro apparecchi. L'arresto non penso che cambi niente».

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L'opinione di Timur Sirt, analista tecnologico turco, è differente: «Cambierà tutto, anche se non subito. Però possiamo aspettarci uno strappo. Lo scontro infatti diventa frontale, tra cinesi e americani. E se Pechino viene coinvolta, possiamo aspettarci altri sviluppi. Pechino farà pressioni sulle altre aziende cinesi perché rimettano in discussione gli accordi con gli americani? È possibile. Il 5G è una tecnologia delicata, ancora nella sua infanzia, molto deve essere fatto per svilupparla adeguatamente. Basta poco perché i tempi si dilatino oltre l'orizzonte del 2019-2020».

Per molti giornalisti e analisti il problema non è tanto di sicurezza o spionaggio ma più palesemente di guerra commerciale: Huawei ha superato Apple come produttore mondiale di telefonini (davanti c'è Samsung), e mira a superare anche Qualcomm come produttore di chip, la componente a più alto valore aggiunto degli smartphone e computer. Secondo Milanesi, è il tentativo che sta facendo adesso negli Usa con i personal computer, i quali basati su Windows “portano una maggiore idea di sicurezza per gli utenti”, ma non ha nessuna chance nel mercato delle infrastrutture di rete. «Gli americani sono determinati a farla fuori non solo nelle reti governative ma anche nelle telco Usa e dei paesi amici», le fa eco Steven Bochko, analista britannico.

L'arresto viene percepito come una mossa politica, un uso della magistratura pilotato forse dalla politica. Oppure no. «È una storia di business – dice Pavel Kushelev, analista russo – non di politica. E neanche di spionaggio, non c'entra Echelon o la possibilità di creare degli apparati ”insicuri“. La realtà che nessuno vuole dire è che quelli di Huawei sono i più grandi spioni di tecnologie della storia: tutti lo fanno, da sempre, ma loro lo hanno portato a un livello industriale. Non è mai stato un problema finora, ma adesso lo è diventato. E lo scontro con l'America è diventato sistemico».

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