innovazione e ricerca

I bambini malati di autismo hanno un amico in più: il robot Nao

di Carlo Andrea Finotto

5' di lettura

Interno, giorno. State parlando di qualcosa di coinvolgente al cellulare. Oppure, in alternativa, avete aperto al vicino che vuole parlarvi della prossima assemblea di condominio. In cucina stavate preparando la cena e il disastro è dietro l'angolo. Per fortuna mentre siete distratti qualcuno vi tocca alle spalle e vi ricorda che dovete controllare il soffritto.

A salvarvi la cena potrebbe essere Nao, o un suo simile. Nao è un robottino che grazie all'intelligenza artificiale di cui lo sta dotando l’Enea, può diventare una specie di colf-hitech, un assistente alla guida in automobile o, ancora, un importante supporto nel trattamento dei bambini affetti da Dsa: disturbi dello spettro autistico.

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A occuparsi dei diversi progetti insieme ad alcuni collaboratori è Andrea Zanela, ricercatore dell’Enea esperto di robotica umanoide che guida il team del Laboratorio intelligenza distribuita e robotica per l’ambiente e la persona. «Il robottino Nao – ricorda Zanela – è impiegato sin dalla sua nascita da un gruppo di ricercatori di Birmingham all’interno della scuola, per un progretto sperimentale dove svolgeva un ruolo tipo insegnante di sostegno».

Insomma, i robot potrebbero non essere solo quei protagonisti “cattivi” del futuro come molti li dipingono: «Il World Economic Forum nel 2017 presenta dati secondo cui entro il 2020 l’intelligenza artificiale porterà alla perdita di oltre 5 milioni di posti di lavoro – scrive sul blog economico del Sole 24 Ore Econopoly Stefano Denicolai, professore di Innovation Management e responsabile del Master in International Business and Entrepreneurship, Università di Pavia– Un nuovo studio del World Economic Forum, in collaborazione con Accenture, che ad inizio 2018 ha ridimensionato le stime: ora pare che solo il 16% delle professioni possa essere a rischio nei prossimi 10 anni». Di più: secondo i dati diffusi da Marco Morchio, Accenture strategy lead per Italia, Europa Centrale e Grecia, se i Ceo riusciranno a supportare i propri collaboratori nel cogliere pienamente le potenzialità dell’intelligenza artificiale, la stessa permetterà di incrementare i ricavi delle imprese di circa il 38% e far crescere l'occupazione del 10% entro il 2022 (qui il link per approfondire).

Il robottino Nao mentre esce dal laboratorio Enea evitando un ostacolo

L’ipotesi di Nao come come collaboratore domestico non è così remota. Ci sta l’avorando l’Enea nell’ambito di un progetto più ampio che coinvolge ministero dello Sviluppo economico e Cnr sul risparmio energetico. «Vorremmo che l’intelligenza artificiale entrasse nella vita delle persone – spiega Andrea Zanela –. Nel caso specifico è prevista una fase di sperimentazione in alcune case di Roma. L’obiettivo finale è quello di far vivere una vita serena a casa propria agli anziani». Le capacità che stanno sperimentando all’Enea vanno nello specifico: il robot potrà ricordare i medicinali da prendere, aiutare a eseguire dei semplici esami in casa e sarà in grado di trasmettere gli esiti al servizio sanitario.

Su un altro fronte, Enea ha impiegato Nao anche come supporto a un guidatore con problemi di udito: il robot aiutava a capire da che parte arrivassero i suoni esterni e in particolari quelli di veicoli di soccorso. Si è trattato di un progetto ampio, che ha visto i ricercatori dell’Enea in partner, tra gli altri, anche con Fca e finanziato grazie a Fondi Ue.

Il team di Zanela, però, sta esplorando anche altre potenzialità e possibili impieghi per Nao. Uno molto concreto è quello che vede i ricercatori Enea sviluppare l’intelligenza artificiale per far interagire Nao con i bambini affetti da Dsa. Il progetto è nato in collaborazione con il centro polivalente per disabili Pesci rossi di Triggiano, in provincia di Bari.

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Recenti ricerche hanno suggerito che i bambini con autismo, se fatti interagire con robot umanoidi specializzati, mostrano alcuni comportamenti sociali positivi che non sono osservati quando interagiscono con i loro coetanei e terapisti.

Il Laboratorio Enea svolge una attività di formazione del personale che presterà servizio nel Centro (neuropsichiatri infantili, psicologi, logopedisti, educatori e psicoterapeuti) per l’utilizzo di robot umanoidi nella terapia dei bambini con Dsa.

«Seguendo le indicazioni dei terapeuti – spiega Andrea Zanela –, cerchiamo di far si che il robot si comporti come un compagno di allenamento sensoriale e comunicativo. Si tratta quindi di recepire i loro desiderata e di concordare delle attività che possano aiutare questi bambini a sviluppare abilità sociali e di apprendimento attraverso incoraggiamenti e ricompense, cercando di stimolarli positivamente, dandogli fiducia e aiutandoli a raggiungere una maggiore indipendenza».

Queste attività dipendono dalla età del bambino e sono fortemente specializzate per cercare di intercettare le specificità di ciascuno. È essenziale, infatti (ed è anche una delle parti più complesse) «che il robot dia sempre risposte pertinenti altrimenti il bambino perde fiducia e interesse» sottolinea il ricercatore dell’Enea.

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Il progetto è nato nel 2016, con la partecipazione del Centro Pesci Rossi a un bando: «Così abbiamo deciso di inserire questa sperimentazione che coinvlgesse pazienti con diagnosi di autismo lieve» chiarisce Giovanna Berlingerio, psicologa- psicoterapeuta cognitivo comportamentale, referente della cooperativa Perla che si occupa di una parte dei piccoli pazienti. «Il compito richiesto ai ricercatori – spiega – è di creare programmi appositi che siano funzionali alla crescita socio comunicativa del ragazzo». Nel progetto è coinvolta anche «L’università di Bari, che fornisce laureandi in psicologia e comunicazione».

Nella fascia di età compresa tra i 3-4 anni (quella in cui viene diagnosticata spesso la Sindrome Dsa), quindi «per i bambini più piccoli – chiarisce il ricercatore dell’Enea –, l’interazione con Nao avviene principalmente attraverso il gioco. Le prime attività che sono state sviluppate mirano a incoraggiare il bambino a interagire con il robot in modo proattivo (ad esempio premendo le zone con dei sensori di contatto) per ricevere una ricompensa (una animazione del robot, un suono buffo, etc.)». Ora però si interviene già su step successivi: «Il protocollo su cui stiamo lavorando prevede una sperimentazione che parte dall’incremento dell’attenzione condivisa per arrivare a sviluppare, attraverso processi imitativi, l’interazione a tre in cui il robot aiuta il bambino a interagire con un altro essere umano, che può essere il terapeuta, un genitore, un insegnante, o un altro bambino. Le prime sperimentazioni fatte suggeriscono che il robot è in grado di agire come un fattore di spinta per accendere l’interesse del bambino e per sostenere l’interazione».

La sfida adesso si compolica ulteriormente, alzando l’asticella insieme all’età dei potenziali pazienti. «Per i bambini più grandi a un più alto livello di funzionalità ci è stato chiesto di predisporre delle attività per lo sviluppo delle capacità comunicative attraverso lo svolgimento di dialoghi con Nao che si sviluppano lungo dei copioni comunicativi preparati dagli psicoterapeuti» conclude Zanela.

Sarà fondamentale, per ricercatori e medici, capire in base all’interazione che si instaura con il singolo bambino le problematiche ed eventualmente intervenire per risolverle a livello di programmazione.

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