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«Personalmente ritengo che il BTp decennale al 5% di rendimento sia appetibile rispetto ad altri asset all’interno del reddito fisso. Ma il nostro team di titoli di Stato, che mette a confronto i bond governativi dei vari Paesi europei, continua a sottopesare il rischio Italia. Quando lo spread BTp-Bund stava a 170 punti base, secondo loro era troppo basso. In termini relativi, non c’era un adeguato premio per il rischio. Ora che lo spread gira intorno a quota 200, per loro è ancora troppo basso. Ma se lo spread arrivasse a 240 punti base, quello sarebbe a loro avviso un ottimo livello per tornare a comprare titoli di Stato italiani». Il discorso di Philippe Berthelot, Head of Credit and Money Markets di Ostrum Am, affiliata di Natixis Investment Managers, potrebbe sembrare un po’ contorto. Ma lo è meno di quanto appaia.
Insomma: il rendimento attuale dei BTp è adeguato per il rischio-Italia? Ritiene che sia un buon momento per comprare oppure no?
Dipende da come si guardano i titoli di Stato italiani. Se si confrontano con altre tipologie di bond, come quelli aziendali, io rispondo di sì. Un 5% dei BTp, o 4,80% alla luce della quotazione di oggi, si confronta con un 4,80% di bond aziendali con rating BBB: ma questi ultimi hanno una duration media più corta (5 anni), minore liquidità e maggiore rischio intrinseco. I BTp sono titoli emessi da uno Stato sovrano: a parità di rendimento, sono dunque più sicuri e appetibili di titoli emessi da aziende per alcuni partecipanti al mercato.
Allora perché il vostro team di titoli di Stato si tiene alla larga?
Perché loro paragonano i BTp agli altri titoli di Stato. Se si confrontano quelli italiani con gli altri, allora - in termini relativi - l’appetibilità diminuisce. Per questo il team di Ostrum Am ritiene che per tornare davvero attraenti, i BTp dovrebbero avere uno spread rispetto ai Bund tedeschi a 240 punti base. Se si arrivasse su quella soglia, allora il nostro fondo tornerebbe a comprare. Torneremmo in campo. Ora no.
Anche ora, che l’Italia aspetta il giudizio delle agenzie di rating?
No: se per assurdo lo spread BTp-Bund andasse a 240 punti base domani, aspetteremmo comunque il responso di Fitch, Moody’s e S&P Global Ratings prima di tornare a comprare.
Il mercato si è preoccupato con la Nota di aggiornamento del Def, che ha aumentato il deficit previsto nel 2024 e ha stimato una traiettoria stabile del debito intorno al 140% del Pil. Si è preoccupato perché anche questi numeri, già alti, sono appesi a molte incertezze.
Infatti, questo è il problema. Il rischio è che questi numeri, già elevati, non vengano centrati. Ma il pericolo più immediato è proprio quello delle agenzie di rating. Non solo per l’Italia: anche la Francia ha la spada di Damocle del rating in arrivo.
Sì, ma l’Italia rischia di finire a livello “spazzatura”, cioè su rating speculativi. Da «high yield». La Francia no.
Sì, certo. È un rischio maggiore rispetto a quello che corre la Francia. Anche per questo il nostro team continua a sottopesare i titoli di Stato italiani nel portafogli.
C’è il programma Tpi della Bce, cioè lo scudo anti spread, a proteggere l’Italia. Ma è vincolato: l’Italia deve rispettare il patto di Stabilità e il Pnrr... Anche questo non è affatto certo...
Lo so, ma se lo spread salisse troppo, se fosse in gioco la stabilità stessa dell’Europa, la Bce interverrebbe comunque. Una soluzione verrebbe trovata ugualmente.
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