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I cent’anni della gloriosa scuola mosaicisti di Spilimbergo

L’istituzione friulana ha posato capolavori ovunque, da New York a Gerusalemme, e ha imboccato la via della modernità, nel rispetto della tradizione

di Maria Luisa Colledani

(Foto di Giulio Candussio)

2' di lettura

Il capolavoro Luce, movimento, colore, ideato dall’artista Giulio Candussio, brilla, immenso e cangiante, nel cortile della Scuola Mosaicisti di Spilimbergo (Pordenone). Quelle migliaia di tessere che creano un vortice di luce celebrano i cent’anni di vita dell’istituzione friulana. Il 22 gennaio 1922, infatti, i primi 38 ragazzi iniziavano i corsi di mosaico alla Caserma Bevilacqua. La guerra era appena finita, la miseria era tanta e si scelse di dare un futuro a molti giovani, altrimenti destinati all’emigrazione, e spesso di basso livello.

Perché la scuola nasce a Spilimbergo

Così, laddove crescono fiumi di sassi, fiorì la luce del mosaico. Spilimbergo, pedemontana pordenonese di magredi assolati, è ricca di sassi adagiata com’è fra il fiume Tagliamento e i torrenti Cosa, Cellina e Meduna. Pietre ovunque e acque che gorgogliano ma che non offrono alcuna via per creare ricchezza. Dunque, la ricchezza, i friulani di qui l’hanno trovata in ciò di cui erano ricchi: i sassi, i claps. Non si mangiano, non fanno fiorire le rose ma mosaici e pavimenti luminosi e la scuola eredita una doppia tradizione musiva, quella che viene da Aquileia, di matrice romana, e quella che brilla a Venezia, di impronta bizantina. Senza dimenticare che nell’Ottocento, tanti artisti del terrazzo, partiti da Spilimbergo e Sequals, hanno realizzato opere sontuose in giro per il mondo, dai mosaici dell’Opéra di Parigi (Gian Domenico Facchina) a quelli della Biblioteca del Congresso a Washington.

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Un’istituzione internazionale

Dal 1922 a oggi, migliaia e migliaia sono i ragazzi provenienti da tutti i continenti (oggi sono una ventina i Paesi rappresentati) passati a Spilimbergo per i tre anni di corso, ai quali se ne aggiunge uno di perfezionamento. Ore e ore chini sul ceppo con la martellina in mano, giornate a studiare arte e grafica computerizzata, a disegnare, a sperimentare come si fa un terrazzo o come si decora un’architettura. Tutto molto pratico, a contatto con la materia, a partire dai sassi del Tagliamento che sono raccolti nel greto del fiume e diventano tappeti di colori. Da Spilimbergo arrivano la Saetta iridescente installata nella metro di Ground Zero a New York e i mosaici del Foro Italico a Roma o quelli del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Tradizione & modernità

Negli ultimi anni, la Scuola, guidata dal presidente Stefano Lovison e dal direttore Gian Piero Brovedani, ha fatto un grande salto verso la modernità espressiva, innovando il linguaggio musivo ma mantenendo saldi i valori della tradizione. La sede oggi è un tesoro prezioso, un museo eccezionale, sempre visitabile, dove antico e modernissimo dialogano e da dove sabato 22 gennaio sono partiti i festeggiamenti per i cent’anni di storia. Per tutto il 2022 sono in programma seminari di studio, mostre, visite guidate (info: scuolamosaicistifriuli.it) per celebrare, come scrisse la poetessa friulana Novella Cantarutti, il mosaico che «è pietra o vetro entro cui si è rappreso il colore».

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