ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl contenzioso

I conflitti tra genitori portano in tribunale i contratti con i brand

Dal punto di vista legale entrambi i genitori devono firmare i contratti di sponsorizzazione con i brand

di Marisa Marraffino

(chokniti - stock.adobe.com)

2' di lettura

Il fenomeno dei baby influencer non è nuovo ai tribunali. Infatti, da qualche anno, nei contenziosi sono entrate le sponsorizzazioni dei minorenni, soprattutto dei figli di personaggi noti. A far discutere è la validità dei contratti sottoscritti da uno soltanto dei genitori all’insaputa dell’altro, oltre agli eventuali danni subiti dai minori.

Questo perché dal punto di vista legale entrambi i genitori devono firmare i contratti di sponsorizzazione con i brand, trattandosi di atti di straordinaria amministrazione. Gli accordi, infatti, incidono su diritti personalissimi, come lo sfruttamento dell’immagine del minore, e hanno riflessi di carattere patrimoniale (Tribunale di Milano, sentenza 4379 del 16 luglio 2020). Basta invece il consenso di uno soltanto se esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale.

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I problemi scattano quindi se un genitore non è d’accordo con la sovraesposizione mediatica del figlio a scopi commerciali e cita l’altro in giudizio per ottenere l’annullamento del contratto. La questione non è di poco conto, visti gli interessi economici in gioco. Sarà quindi il brand a doversi preoccupare di acquisire correttamente i consensi per impiegare il baby influencer. Se non lo fa, il contratto sarà annullabile con la conseguenza che il genitore in disaccordo potrà chiedere al giudice di rimuovere le fotografie dei figli dai social network e l’annullamento del contratto.

Più difficile ottenere il risarcimento del danno, a meno che la campagna pubblicitaria non sia lesiva della reputazione o dell’immagine del minore. Lo ha precisato da ultimo la Corte d’appello di Milano che, con la sentenza 3647/2022, ha confermato l’accoglimento della richiesta di un noto calciatore di far rimuovere le fotografie del figlio minorenne impiegato dalla ex moglie in una campagna pubblicitaria a sua insaputa, ma ha respinto la domanda di risarcimento del danno.

A dettare le regole dell’influencer marketing sono gli articoli 96 e 97 della legge 633/1941 sul diritto d’autore e l’articolo 10 del Codice civile, oltre alla Carta di Treviso e la giurisprudenza che mettono al centro l’interesse primario dei più piccoli. La rappresentazione dei figli minorenni e la tutela dei loro diritti spettano ai genitori che esercitano la responsabilità (articolo 320 Codice civile), senza necessità di autorizzazione del giudice tutelare. Aver informato l’altro genitore della campagna pubblicitaria non basta, poi, a dimostrarne il consenso. La conseguenza è che cataloghi, brochure e fotografie devono essere ritirati e le immagini cancellate. L’annullamento del contratto, poi, determina anche la restituzione della somma incassata.

Evitare l’inserimento di elementi identificativi e anagrafici dei minorenni, quali nome, cognome, età, può essere un’accortezza che contribuisce ad attenuare eventuali profili di danno, ma la valutazione è rimessa al giudice caso per caso.

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