I dazi Usa sull’auto possono costare fino a 20 miliardi alla Germania
di Gianluca Di Donfrancesco
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Da 5 a 20 miliardi di dollari: potrebbe essere molto salato il conto a carico della Germania, se Washington decidesse di spostare il tiro sull’auto e rispondere con una nuova escalation alle contro-tariffe Ue, quelle che Bruxelles annuncia di voler applicare per reagire ai balzelli su acciaio e alluminio.
Le auto europee, e soprattutto quelle tedesche, finiscono periodicamente nel mirino del presidente Usa, Donald Trump: l’ultima volta meno di dieci giorni fa, quando ha ordinato un’indagine per stabilire se le importazioni di veicoli costituiscano una minaccia alla sicurezza nazionale. Se ne occuperà il dipartimento del Commercio del falco Wilbur Ross. Se dovesse concludere che sì, le auto straniere minacciano la sicurezza nazionale americana, Washington sarebbe pronta ad alzare i dazi del 25% (oggi sono al 2,5%). Lo stesso percorso seguito per le tariffe su acciaio e alluminio.
Secondo una simulazione di UniCredit Research del 26 aprile, l’effetto sarebbe una riduzione dell’export di veicoli negli Stati Uniti del 50% (-29 miliardi di dollari) per l’Unione Europea e del 54% (-19 miliardi) per la Germania.
Accanto alla simulazione di Unicredit ci sono studi che stimano un impatto significativo, ma molto inferiore, per l’economia tedesca. L’Istituto Ifo di Monaco, in un report del 24 maggio, stima la perdita in 5 miliardi di euro. «Nessun altro Paese pagherebbe più della Germania», afferma il direttore Gabriel Felbermayr. Secondo il quale, gli Stati Uniti vedrebbero invece aumentare il proprio Pil di 5,7 miliardi di euro. Per l’Ifo, i dazi su acciaio e alluminio costerebbero meno di 40 milioni.
In linea con Ifo i calcoli di Evercore, che in una nota della scorsa settimana stimava in 4,5 miliardi di euro il colpo ai danni dei produttori tedeschi.
Giovedì, il settimanale Wirtschaftwoche ha rivelato che ad aprile, lo stesso Trump ha confidato al presidente francese Emmanuel Macron l’intenzione di insistere con la sua politica commerciale aggressiva per raggiungere l’obiettivo finale di «liberare la Fifth Avenue di New York dalle Mercedes-Benz». Macron era a Washington per convincere Trump a rinunciare ai dazi su acciaio e alluminio. Già nel gennaio del 2017, ancora prima di insediarsi alla Casa Bianca, Trump aveva lanciato i suoi strali sulle auto tedesche dalle colonne della Bild: «La Fifth Avenue è piena di Mercedes-Benz. Quante Chevrolet vedete in Germania?». All’epoca, minacciava dazi del 35% sulle auto tedesche.
Bmw, Daimler e Volkswagen controllano il 90% del segmento premium negli Usa (anche attraverso i marchi Rolls-Royce, Mercedes-Benz, Bentley, Bugatti, Porsche e Audi)e sono i maggiori esportatori Ue di auto nel Paese.
Secondo l’associazione dell’industria dell’auto tedesca (Vda), i suoi membri hanno esportato 657mila auto nel Nord America l’anno scorso. Compresa la componentistica, si arriva a un valore di 31,2 miliardi di euro nel 2016, contro importazioni dagli Usa per 7,4 miliardi. Solo nell’auto, il deficit commerciale Usa verso la Germania vale 23,8 miliardi di euro. Volkswagen, Mercedes-Benz e Bmw hanno grandi impianti negli Usa, da dove sono usciti 804mila veicoli l’anno scorso. Di conseguenza potrebbero espandere la propria capacità produttiva negli Usa per evitare i balzelli alla dogana. Una strada in salita per i marchi Audi e Porsche, che non hanno produzione negli Usa, e quindi sarebbero maggiormente esposti.
Secondo Acea, l’associazione europea di settore, l’anno scorso la Ue ha importato vetture dagli Usa per 6,2 miliardi e ne ha esportate per 37 miliardi.
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