I diritti speciali di prelievo e l’idea di una valuta digitale globale
L’anno scorso il Fmi ha erogato 650 miliardi di dollari in DSP per reagire alla crisi pandemica. Lo sviluppo potrebbe essere ora una moneta digitale
di Marcello Minenna
I punti chiave
6' di lettura
Lo scorso 23 agosto il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha erogato agli Stati membri 650 miliardi di dollari in Diritti Speciali di Prelievo (DSP), al fine di consentire una risposta più efficiente alla crisi pandemica soprattutto nelle economie deboli e meno attrezzate.
Si tratta della più grande operazione di distribuzione mai organizzata dal Fondo, che sostanzialmente triplica (da 286 a 936 miliardi) l'ammontare in dollari di DSP a disposizione dei governi, anche se la fetta più grossa viene allocata alle grandi economie sviluppate.
I DSP sono una valuta sintetica introdotta nel 1969 dal FMI per regolare le transazioni dei Paesi membri con il Fondo; l'idea di partenza era quella di rendere i DSP la valuta di riserva del nuovo sistema finanziario internazionale che stava prendendo forma nella fase conclusiva degli accordi di Bretton Woods. Tuttavia il loro utilizzo nel tempo è stato assai differente rispetto ai progetti iniziali.
Spendere i dsp per fronteggiare la crisi globale: come funziona
Il valore di un DSP è una media pesata derivata dalle quotazioni delle 5 valute fiat più diffuse sui mercati internazionali: Il Dollaro, l'Euro, lo Yen, la Sterlina britannica e il Renmimbi cinese e viene allocato ai Paesi membri in maniera proporzionale alla loro quota di partecipazione nel capitale del Fondo.
Di conseguenza gli USA come maggior azionista sono beneficiari delle assegnazioni più consistenti (17%), seguiti a ruota da Giappone (6,4%), Cina (6,3%) e Germania (5,5%). Nel complesso le economie sviluppate detengono attualmente il 61% dei DSP che sono stati distribuiti negli anni (cfr. Figura 1).
Contabilmente i DSP si aggiungono alle riserve valutarie dei Paesi membri come un asset esterno e non comportano variazioni nei conti finanziari verso l'estero, in analogia con quanto accade ad esempio con un conferimento di oro estratto direttamente dalle miniere nazionali.
Un DSP non può essere speso direttamente sul mercato, ma deve essere obbligatoriamente convertito in valute fiat attraverso l'intermediazione del FMI. In termini semplici, un Paese effettua una richiesta di conversione presso il Dipartimento DSP del FMI che la inoltra al resto dei Paesi membri.
L'adesione allo scambio DSP/valuta fiat è su base volontaria, anche se fino ad ora non ci sono mai stati problemi a trovare una controparte per concludere le operazioni.Una proprietà importante è la completa non-condizionalità nell'utilizzo di queste riserve.
Una volta ottenuta la conversione, i proventi possono essere spesi liberamente, ad esempio per finanziare l'acquisto di importazioni di beni essenziali: attualmente vaccini, medicinali o altro materiale sanitario.Non c'è dubbio che l'operazione attuale sia molto importante per le economie sotto-sviluppate più esposte alla crisi sanitaria.
Grazie a questa iniezione di liquidità gran parte dei Paesi che necessitano di più liquidità vedono le proprie riserve valutarie crescere tra il 30% ed il 100%. Considerando il rapporto tra riserve di SDR e riserve valutarie totali, prima e dopo l'operazione del 23/08, l'effetto è netto (cfr. Figura 2): ad esempio il governo dello Zimbabwe grazie al conferimento di 962 milioni di $ in DSP vede questo rapporto passare dal 5,56% (barre rosse) al 91,73% (barre blu). In altri termini ora la quasi totalità delle riserve del piccolo Paese africano è costituita dai DSP appena “coniati” dal FMI.
Indubbiamente salta all'occhio un significativo effetto paradosso: nella lista dei 10 Paesi che maggiormente hanno beneficiato dell'operazione di erogazione non ci sono solo piccole economie africane o asiatiche in via di sviluppo, ma anche Paesi europei (Lussemburgo, Irlanda), che hanno quote di capitale del FMI relativamente alte rispetto al livello corrente delle riserve valutarie.
Questo è uno dei principali motivi che hanno spinto il FMI ad “incoraggiare” le economie avanzate a cedere gratuitamente i DSP assegnati pro-quota ai Paesi meno sviluppati. Anche in questo caso, da prassi del Fondo si tratta di operazioni su base volontaria che potrebbero richiedere del tempo nonostante l'emergenza in corso.
I DSP come valuta di riserva: cosa è andato storto in passato
Alla nascita i DSP avevano tutte le carte in regola per poter sostituire il Dollaro come valuta di riserva globale. De facto la nuova valuta sintetica è stata assimilata ad una risorsa di ultima istanza a cui i governi non hanno mai voluto accedere se non in caso di estrema necessità, pena la perdita di prestigio sui mercati internazionali dei capitali.
Il FMI ha indirettamente avallato questa interpretazione, effettuando emissioni di DSP solo in occasione di grandi emergenze internazionali: la crisi valutaria del 1970-1972, quella petrolifera del 1979-1981, la crisi finanziaria internazionale del 2009 e la pandemia del 2020-2021.
Con la crescita imponente degli scambi internazionali negli anni '80 e '90 e l'accumulazione di grandi riserve di valute fiat soprattutto da parte delle economie esportatrici, il blocco delle emissioni di DSP ha comportato una sensibile diluizione di queste riserve per tutti gli attori del sistema finanziario internazionale (cfr. Figura 3).
Il calo dell'incidenza delle riserve in DSP (fino all'azzeramento) è parecchio evidente per le grandi economie emergenti (Cina, India, Brasile) dove è stata più ampia l'accumulazione di enormi stock di riserve valutarie, ma è comunque visibile anche per il resto dell'economia globale. La grande operazione di distribuzione di DSP del 2009 ha fatto impennare temporaneamente i ratio, anche se nel decennio successivo è ripreso il trend declinante fino all'impatto dell'operazione attuale.
Il ruolo delle riserve valutarie convenzionali nella marginalizzazione dei DSP è visibile con un discreto colpo d'occhio guardando all'andamento nel tempo di questi stock per le macro-aree in analisi. Sia nella rappresentazione attraverso valori assoluti (cfr. Figura 4) sia in quella attraverso valori percentuali (cfr. Figura 5) si nota il crescente peso del blocco Brics nell'accumulazione di riserve.
Non stupisce dunque che - almeno fino alla grande crisi finanziaria - i DSP siano stati considerati irrilevanti ai fini del funzionamento del sistema finanziario internazionale. Eppure il design di questa valuta sintetica resta estremamente attuale e con poche modifiche tecniche potrebbe essere adeguato alle esigenze della moderna economia globale.
Riproporre i DSP come valuta digitale globale: si può fare
“Ammodernare” i DSP potrebbe essere possibile prendendo spunto dai recenti progetti di valute digitali di banca centrale (central bank digital currencies – CBDCs). I DSP sono per design già valuta puramente digitale che vive solo nei bilanci dei governi e del FMI.
Peraltro la determinazione del valore dei DSP attraverso un basket di valute internazionali è estremamente simile a quanto previsto per la futura stablecoin DIEM che dovrà essere emessa dal consorzio internazionale di aziende private coordinate da Facebook (è facile capire in questo caso chi abbia avuto per primo l'idea).
Il primo passaggio tecnico dovrebbe essere quello di allargare la platea degli utilizzatori di DSP consentendone la circolazione all'interno del settore privato, come attualmente previsto nei principali progetti di CBDCs per il consumatore retail.Naturalmente questo richiederebbe un aggiustamento radicale dei criteri che regolano l'emissione di DSP. Il FMI dovrebbe fare (alcuni) passi verso le modalità di funzionamento di una banca centrale.
Al momento, l’assegnazione massima di DSP è legata alle disponibilità di valuta di riserva in circolazione che possono essere scambiate dai Paesi membri via dipartimento DSP del FMI. Ai fini di una circolazione globale, si renderebbe necessario connettere l'emissione (automatica) di DSP alla dinamica di importanti indicatori macro-economici, quali la crescita del PIL nominale o quella degli scambi internazionali.
Vale la pena sottolineare come non sia importante la tecnologia sottostante al sistema di emissione e distribuzione affinché il progetto funzioni. Il “nuovo” DSP rimarrebbe comunque una valuta digitale “account-based” per le transazioni di alto livello che richiederebbe la piena identificazione dei possessori e la tracciabilità totale delle transazioni.
Questo genere di valuta digitale potrebbe essere gestito tranquillamente dal Fmi senza fare ricorso a tecnologie decentralizzate stile Bitcoin.Il mercato dovrebbe accettare con favore uno strumento di pagamento a diffusione globale garantito dal Fmi, mentre gli Stati membri godrebbero di una modalità aggiuntiva di funding sul mercato che potrebbe essere utilizzata per il varo di importanti progetti infrastrutturali coordinati a livello mondiale, come la transizione energetica verso la sostenibilità o la risposta ad una crisi pandemica.In definitiva, la distribuzione di 650 miliardi di dollari in DSP può essere l' inizio di un nuovo approccio globale alla gestione delle crisi future. Oppure restare l'ennesimo sparo nel buio.
Marcello Minenna, Direttore Generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli
@MarcelloMinenna
Le opinioni espresse sono strettamente personali
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