Trump annuncia le dimissioni dall’ospedale: sto meglio di 20 anni fa. Ma segue una terapia per malati gravi
Il presidente aveva ricominciato la campagna elettorale su Twitter senza scrivere una parola sulle sue condizioni di salute poi scrive un tweet quando lascia l’ospedalel
di Angela Manganaro
3' di lettura
In tre ore, mattina presto a Washington, il presidente Trump posta 19 tweet elettorali in stampatello: in nessuno parla di Covid, ospedale e delle sue condizioni di salute. Campagna dura e pura via Twitter, il social media che lo ha consacrato nel 2016: contro l'aborto, per la legge e l'ordine, per un sistema sanitario migliore e meno costoso, contro i media che secondo lui diffondono fake news. E' la strategia del lunedì mattina dopo un weekend passato nell'ospedale militare Walter Reed del Maryland. La sera, le dimissioni dall'ospedale comunicate ancora con un tweet: «Lascerò il grande Walter Reed Medical Center oggi alle 18:30 (ora locale, ndr). Mi sento davvero bene! Non abbiate paura del Covid. Non lasciate che domini la vostra vita. Abbiamo sviluppato, sotto l'amministrazione Trump, alcuni farmaci e conoscenze davvero eccezionali. Mi sento meglio rispetto a 20 anni fa!»
Domenica 4 ottobre alle 17.30 il presidente aveva fatto una passeggiata in macchina per salutare un centinaio di suoi sostenitori, decisione che ha scandalizzato molti e fatto infuriare alcuni medici perché ha violato qualsiasi protocollo sanitario e soprattutto messo in pericolo la vita di chi è stato costretto ad accompagnarlo in questo giretto «non necessario»: gli agenti del Secret Service ora saranno costretti a una quarantena di 14 giorni e rischiano di morire, ha scritto su Twitter James Philipps, medico della George Washington University che lavora anche al Walter Reed.
La mattina dopo, lunedì 5, il capo dello staff di Trump Mark Meadows informava che il presidente «ha continuato a migliorare nella notte e stamattina incontrerà lo staff medico per una valutazione delle sue condizioni». Fox News fedelmente riportava ma molti media continuavano a sollevare dubbi e porre domande.
- Non convince la versione del Trump che sta migliorando perché il presidente è stato trattato con il desametasone, un antinfiammatorio steroideo che può salvare la vita ai pazienti Covid gravi, secondo uno studio dell'università di Oxford pubblicato a giugno. Altro farmaco somministrato a Trump è il Remdesivir, che si utilizza solo in ospedale per i pazienti medio-gravi.
- Polemica nella polemica, o se vogliamo sottopolemica: per mesi Trump ha magnificato sia le potenzialità dell’idrossiclorochina (la comunità scientifica ha abbandonato questo farmaco perché inefficace contro il Covid, il paradosso è che ora sui social media i sostenitori del presidente gli chiedono di prenderla) sia la terapia del sangue iperimmune: non è stato trattato con nessuna di queste due terapie. Lo stanno curando con gli anticorpi monoclonali, una terapia sperimentale a cui ha avuto accesso previa autorizzazione per uso compassionevole.
- Secondo un sito molto informato come Axios, lo staff di Trump è piombato nella confusione totale ed è tenuto all’oscuro di tutto. Non sanno cosa fare, non sanno come sta il presidente, non sanno neanche se andare a lavorare, non sentono da giorni il loro capo Meadows che non avrebbe dato loro alcuna direttiva. Il chief of staff Meadows, da principale e ufficiale fonte di informazione si sta trasformando nella più inaffidabile. Al contrario le persone che lavorano per Melania, anche lei positiva e in quarantena alla Casa Bianca, hanno avuto direttive chiare dalla chief of staff, Stephanie Grisham: tutti a casa a lavorare in smartworking. Melania, solito contraltare del marito, posta un solo tweet: ringrazia chi le sta dimostrando sostegno e i medici che la curano e assicura che continuerà a pregare per tutti i malati e loro famiglie.
- Adesso è tutto in forse: presidenza, controllo del Senato e la conferma alla Corte Suprema della giudice scelta da Trump, l’ultraconservatrice Amy Coney Barrett, la stessa rielezione del presidente, scrive il sito Politico.
Si discute anche su cosa debba fare Pence, il vicepresidente. Può partire per un tour elettorale che lo porterà mercoledì 7 in Utah a confrontarsi con la vice di Biden, Kamala Harris? Alcuni nel partito repubblicano pensano di no. Pensano che Pence dovrebbe rimanere al sicuro e anche vicino a Washington perché in caso di inabilità di Trump lui dovrebbe essere pronto a prenderne il posto, e anche perché se il protocollo di sicurezza anti-virus non ha funzionato con il presidente non si vede a questo punto come possa proteggere il vice. Ma Pence è partito lo stesso rischiando tutto questo e anche di più, perché se si ammala lui e si ammala Trump, in linea teorica i poteri potrebbero passare alla “nemica”, la speaker della Camera democratica Nancy Pelosi. Un uomo dello staff del presidente George W. Bush ha consigliato a Pence di rimanere a Washington ma pare che finora il consiglio non sia stato seguito. Altra questione legata alla precedente. Gli esperti di sicurezza nazionale, scrive il Washington Post, sostengono che un presidente in queste condizioni renda vulnerabile anche il Paese.
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