I giorni della poesia: da Valli a Miyake, la moda che ispira e accarezza
Prova convincente per Jonathan Anderson da Loewe, la prima collezione Miyake dopo la morte dello stilista, esordio parigino per Victoria Beckham che punta sulla qualità
di Angelo Flaccavento
3' di lettura
A Parigi, a questo giro, è la stagione degli anthurium, ma anche degli omaggi più o meno plateali all’incomparabile Azzedine Alaïa. Del tutto disgiunte, le due occorrenze hanno pur tuttavia un punto di contatto: la sensualità amplificata che deborda in sessualità compiaciuta. Che il pistillo dell'anthurium abbia un’aura fallica, del resto non è affatto un mistero.
«È un fiore che, seppur del tutto naturale, appare però assolutamente artificiale», dice Jonathan Anderson, direttore creativo di Loewe. Qui sulla dicotomia tra natura e artificio si gioca per aggiungere livelli di significato: l'invito della sfilata è un anthurium vero, con tanto di riserva d'acqua autoportante; un fiore gigante di vetroresina campeggia invece all'interno dello spazio scenico: un cubo dal candore ipnotizzante. Una tensione erotica e precisa percorre la collezione: tutto è corto, cortissimo, risicato - perfetti gli abitini optical che fanno pensare proprio ad Alaïa; i volumi sono come risucchiati dall'aspirapolvere, persino nella giacca tipo Barbour; le scarpe ricordano le decolletè di Minnie, o brulicano di palloncini sgonfiati; torna l'anthurium, in forma di top o di copertura di un solo seno, mentre minuscoli abiti paiono panneggi sorretti da fili invisibili, e altri sono corazze metalliche smaltate di fiori. Dopo un paio di stagioni di provocazioni surrealiste, Anderson, che è uno dei pochi animali di moda, specie in via di estinzione dedita alla creatività pura, pulisce, ripete e martella, puntando su un senso di realismo tutto suo. È una prova rasserenante, ispirante e precisa che ha la forza di un reset.
Con discrezione tutta giapponese, da Issey Miyake il primo show dopo la scomparsa del fondatore non prende la forma di una celebrazione pomposa, o di un elogio retorico. Una frase, toccante, su un foglio, un ritratto di Issey, accompagnato da un suo motto, sugli schermi, e poi la sfilata ha inizio, nel buio assoluto perforato da una sfera che pare la luna. Alla guida del design team, Satoshi Kondo imprime un segno personale e rilevante, nel quale la sperimentazione tessile e ingegneristica si sposa ad una spiccata attenzione all'umano. Lavora su forme che sembrano danzare e respirare intorno al corpo, liberando i movimenti e moltiplicando le possibilità. L'effetto è di un lirismo asciutto che convince.
È in vena lirica e leggera anche Giambattista Valli, che guarda a oriente per trovare una magnifica levità di forme e di colori. Cortissimo o lungo, tutto è verticale e impalpabile, toccato da tinte intense ma delicate. La Valli girl di sempre non rinuncia alla seduzione, ma trova una vena intimista e personale invero tempestiva.
Da Yohji Yamamoto la poesia è di casa: sempre nera, abrasiva, decostruita; sempre uguale eppure sempre diversa. Questa volta a cadere sotto la lirica mannaia sono busti e crinoline, e l'effetto è compiutamente sensuale.
Non tutto e non sempre va per il verso giusto a Parigi: appropriazioni del lavoro altrui, confusioni e infine pasticci sono all'ordine del giorno. Il debutto di Ib Kamara alla direzione artistica di Off-White è una sorprendente, a tratti emozionante operazione di immagine, ma il prodotto non convince molto, e deraglia in troppe direzioni diverse. Il che di per sé non è un male, non fosse che l'identità del marchio risultava poco chiara già sotto la guida di Virgil Abloh, e adesso il problema si amplifica.
Per Victoria Beckham la moda sembra essere un gioco serissimo. Il debutto parigino la porta ad elevare la qualità complessiva, ma di originalità c'è poca traccia: il tailoring schiacciato omaggia Margiela, i mini abiti danzanti Alaïa, e la necessità dello show sfuma. Isabel Marant torna alle origini bohemienne e sexy, ma l'intera collezione sembra ricalcata da un momento topico degli anni 2000, e per questo scombussola e annoia.
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