I ladini delle Dolomiti tra passato e presente
Sulle nostre Alpi c'è un piccolo mondo a parte nelle valli dolomitiche che si dipartono dal massiccio del Sella: Fassa, Gardena, Badia e Livinallongo. La popolazione locale – circa 37mila abitanti – parla ladino, una lingua neolatina sviluppatasi nelle Alpi Retiche dal latino popolare
di Piero Fornara
3' di lettura
Sono una ricchezza storica e culturale le comunità etnico-linguistiche dell'Italia. Ma se guardiamo al di là dei confini orientali, le minoranze sono state il motivo – o meglio il pretesto – per scatenare una guerra: Putin il 24 febbraio 2022 ha invaso l'Ucraina per “proteggere” la minoranza russa nel Donbass. E nelle scorse settimane il Cremlino ha preso di mira la Moldavia, perché nella regione secessionista della Transnistria (confinante con l'Ucraina) vivono 600mila russofoni. Manifestazioni nelle piazze, con sventolio di bandiere dell'Unione europea, sono invece avvenute a Tbilisi, capitale della Georgia, contro la proposta del governo filo-russo di una legge “sugli agenti stranieri” per imbavagliare l'opposizione.
Sulle nostre Alpi c'è un piccolo mondo a parte nelle valli dolomitiche che si dipartono dal massiccio del Sella: Fassa, Gardena, Badia e Livinallongo. La popolazione locale – circa 37mila abitanti – parla ladino, una lingua neolatina sviluppatasi nelle Alpi Retiche dal latino popolare, dopo la caduta dell'Impero romano (“parente” del friulano e del romancio, che si parla nel Canton Grigioni in Svizzera). Il 1985 è stato anche celebrato il “Giubileo Ladino” per la ricorrenza dei duemila anni della loro comunità etnico-linguistica, fatta risalire al 15 a.C. quando le legioni romane guidate da Tiberio e Druso, assoggettando le popolazioni locali, diedero inizio alla romanizzazione di quelle terre.
Le peculiarità storiche, linguistiche e culturali hanno contribuito a fare di quest'area geografica un microcosmo dove usanze, costumi e tradizioni hanno le loro radici nei tempi più remoti. L'apertura delle valli ladine al turismo di massa, pur avendo lasciato qualche “cicatrice” sul paesaggio, non ha compromesso il patrimonio antropologico.
Le origini dell'identità ladina nell'Austria asburgica
Il volume di Alessandro Margoni, dal titolo “No Taliagn no Tudësc-Né italiani né tedeschi”, edito dall'Istituto culturale ladino di Sèn Jan di Fassa (Trento), nasce dalla rielaborazione della tesi di dottorato, discussa dall'autore nel 2017 presso l'Università di Innsbruck. Viene ricostruita la storia dell'identità ladina, che si è potuta realizzare nelle valli dolomitiche tra Otto e Novecento, nell'ambito del plurilingue Impero asburgico. «A partire dagli anni '70 dell'Ottocento – precisa l'autore – si è anche affermata nella pubblicistica l'autonomia degli idiomi ladini, ovvero l'esistenza di una “lingua ladina” rispetto ai contermini dialetti alto-italiani».
La pubblicazione del libro è stata resa possibile grazie alla collaborazione della Fondazione Museo Storico del Trentino e al contributo finanziario della Regione Trentino-Alto Adige. L'autore cita i nomi di quanti a diverso titolo hanno curato l'edizione o partecipato alla stesura definitiva del testo in italiano e ringrazia in particolare Sabrina Rasom, attuale direttrice dell'Istituto culturale ladino, come pure Fabio Chiocchetti, “storico” direttore dell'Istituto fino al 2020.
Le minoranze linguistiche nella Costituzione italiana
In oltre 400 pagine, anche attraverso documenti inediti, la comunità ladina viene inserita in un contesto che non riveste un interesse solo locale, ma tocca un fenomeno significativo della storia europea tra Otto e Novecento: lo sviluppo di coscienze nazionali e la crescente competizione tra comunità etnico-linguistiche, che per secoli avevano convissuto pacificamene all'interno di compagini statali plurinazionali.
Oggi in Italia l'entità ladina è salvaguardata da norme provinciali all'interno della Regione Trentino-Alto Adige e riconosciuta con legge dallo Stato italiano, in attuazione degli articoli 3 e 6 della Costituzione sulle minoranze linguistiche. Gardena e Badia fanno parte della Provincia autonoma di Bolzano; Fassa rientra nella Provincia autonoma di Trento, ma dalla sua storia emerge la volontà di guardare al mondo tedesco-tirolese e a quello italiano con capacità di mediazione ed equilibrio. Nel 2018 dalla fusione di Pozza e Vigo è stato costituito il comune di Sèn Jan di Fassa, che richiama il nome dell'antica Pieve di San Giovanni (per secoli fulcro della vita ecclesiastica e civile della valle), dove adesso hanno sede il Comun General de Fascia, l'Istituto culturale ladino e il Museo ladino.
Resterebbero fuori i tre comuni in Provincia di Belluno – Cortina d'Ampezzo, Livinallongo e Colle Santa Lucia – dove nel 2007, con un referendum popolare, il 78% dei residenti si è espresso a favore del passaggio alla Regione Trentino-Alto Adige, manifestando il desiderio di riunirsi alle altre comunità ladino-dolomitiche. In ciascuna delle tre province di Trento, Bolzano e Belluno esiste un istituto di cultura ladina, mentre la Union Generela di Ladins dles Dolomites aggrega l'intera minoranza linguistica. Inoltre i 17 comuni ladini hanno costituito la Lia di Comuns Ladins, con funzioni di coordinamento sulle questioni di reciproco interesse.
Alessandro Margoni
Istitut Cultural Ladin, pagg. 423, € 22
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