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I lavori pubblici hanno bisogno di leadership strategica

Meno del 50% delle gare per la realizzazione di lavori risultano aggiudicate. I tempi vanno dai 1.500 giorni per i lavori fino a 1 milione di euro ai 2.300 giorni per quelli superiori a 5 milioni. In questo contesto, domina una narrazione depressiva e deresponsabilizzante sul tema degli investimenti pubblici, articolata su tre argomenti.

di Veronica Vecchi e Raffaella Saporito

3' di lettura

Meno del 50% delle gare per la realizzazione di lavori risultano aggiudicate. I tempi vanno dai 1.500 giorni per i lavori fino a 1 milione di euro ai 2.300 giorni per quelli superiori a 5 milioni. In questo contesto, domina una narrazione depressiva e deresponsabilizzante sul tema degli investimenti pubblici, articolata su tre argomenti. Il primo è che è tutta colpa del codice dei contratti (che pure è migliorabile e il processo in corso va in questo senso). Il secondo è la mancanza di profili tecnici negli uffici, benché grazie a iniziative come Capacity Italy e altre opportunità offerte dal Governo non manchino strumenti per approvvigionarsi di competenze specialistiche laddove necessarie, sebbene non sempre siano colte appieno. Il terzo è l’onere del permitting e quindi dei processi a monte della gara, pur gravoso, benché in corso un processo di semplificazione volto a snellire questi oneri.

Continuare a coltivare una diagnosi degli ostacoli che impediscono la tempestiva realizzazione delle opere imperniata su questi tre vincoli esterni è rischiosa, non perché falsa, ma perché incompleta. Consolida una lettura del problema che stimola soluzioni tutte centrate sulle norme e sulla capacità amministrativa intesa come ore lavoro da allocare sui singoli progetti. Eppure, dall’osservatorio Sda Bocconi sugli investimenti pubblici (InvestinIT Lab e Pnrr Lab) emerge una diagnosi diversa: c’è un ostacolo, di cui poco si parla e su cui poco si interviene che si chiama mancanza di leadership strategica degli investimenti. Mancano manager pubblici che sappiano assicurare una guida del processo complessivo di realizzazione delle opere, dalla programmazione, alle strategie di selezione degli operatori privati, alla gestione della complessa rete di stakeholder legata alle singole opere e al monitoraggio dei contratti. Si tratta di un set di competenze che non possono essere fornite on-demand dai programmi di assistenza tecnica, perché è il core business di una amministrazione. Non che l’Italia non abbia profili di questo tipo. Ce ne sono troppo pochi e spesso dipendono dalla volontà personale e non da un disegno strategico su cui avviare un serio investimento per creare una classe dirigente che guidi le opere pubbliche. Spiace notare che tutti gli investimenti formativi oggetto di finanziamento abbiano un’unica etichetta: Codice dei contratti.

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Oggi il Pnrr e l’obsolescenza delle infrastrutture impongono di affrontare con urgenza questa sfida. La ricerca sul campo indica che serve: una visione, articolata in due momenti chiave, messa in pratica con tre strumenti di intervento, verso quattro categorie di stakeholder. Partiamo dal fondo.

Le quattro categorie di stakeholder sono: i soggetti dell’autorizzazione (ambientali, paesaggistiche, etc...); i soggetti del controllo (Anac, Corte de conti, etc…); gli operatori economici; la comunità locale, su cui impattato esternalità positive e negative. Considerare questi quattro cluster di soggetti come stakeholder aiuta a considerarli tutti come compartecipi al processo di realizzazione dell’opera. In una chiave di lettura collaborativa, attivare pratiche integrative aiuta ad anticipare e ridurre le criticità e i rischi.

I tre strumenti di intervento sono: l’organizzazione, i numeri e la comunicazione. L’organizzazione intesa come la progettazione della struttura volta a guidare la realizzazione dell’opera, che deve contenere tutte le competenze necessarie per la gestione degli stakeholder sopra indicati, inclusa l’internalizzazione di alcune funzioni di controllo che anticipino i controlli esterni, in una chiave di risk management. I numeri intesi come logiche di valutazione del valore economico – sociale – ambientale dell’opera, del costo opportunità e dei rischi, intesi quindi non solo come valutazioni finanziare, ma degli impatti per la società nel suo insieme. Infine, la comunicazione, intesa non solo come comunicazione della prima pietra, ma come progettazione degli strumenti di comunicazione e coordinamento con le quattro categorie di stakeholder. I due momenti chiave sono la fase di ideazione/programmazione che si conclude con l’aggiudicazione dell’appalto e la fase dell’esecuzione del contratto. I tre strumenti vanno declinati rispetto ai quattro cluster di stakeholder lungo tutte e due le macro fasi. Infine, è evidente che la visione di generare valore deve essere unica e chiara, dall’inizio alla fine dell’opera, benché aperta e flessibile per incorporare la gestione dei rischi e assicurare tempi rapidi.

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