I nodi post Covid: Sos liquidità e aumento dei crediti precari
Le law firm assistono gli istituti in una fase critica caratterizzata dalla necessità di dare ossigeno alle imprese e di far fronte a una nuova crescita di Npl e Utp
di Carlo Festa
4' di lettura
Anche gli studi legali sono in trincea con le banche per affrontare le conseguenze economiche e finanziarie della crisi sanitaria.
Tanti i temi sul tavolo: che vanno dagli effetti per le imprese e per le banche del decreto Liquidità alla rivoluzione digitale, dalla crescita prevedibile dei crediti incagliati per gli stessi istituti alla momentanea diminuzione delle attività di finanza straordinaria dove le banche sono parte integrante.
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«Il flusso di lavoro dei grandi studi - indica Matteo Bragantini, partner dello studio Gianni Origoni Grippo Cappelli - è attualmente su quattro casistiche. La prima è quella tradizionale sull’M&A. C’è poi un forte lavoro sugli Utp e sui processi di ristrutturazione delle aziende: qui le banche stanno valutando l’impatto della crisi sui crediti problematici. C’è poi il lato dei finanziamenti bancari da ristrutturare: il Covid-19 ha amplificato i problemi per le imprese con forte leva finanziaria. Infine, c’è il ricorso delle aziende al decreto Liquidità del Governo, dove le banche sono chiamate in causa in prima persona; su questo fronte assistiamo a necessità diverse: da un lato ci sono le grandi imprese con forti risvolti occupazionali, dall’altro le Pmi che necessitano finanziamenti bancari».
L’accelerazione della rivoluzione digitale per il settore bancario e il rischio di un accrescimento dei non performing loan sono i due effetti più visibili al momento. «L’attuale situazione di emergenza sanitaria - spiega Giuseppe De Palma, managing Partner per l’Italia di Clifford Chance - avrà effetti a breve e lungo termine sul mondo bancario, che è da sempre lo specchio dell’economia. Tra gli impatti nel breve, ci sarà un’accelerazione verso un modello di business digitale, mentre maggiori criticità saranno correlate alla valutazione del rischio di credito. Gli accantonamenti sono destinati ad aumentare. Se guardiamo agli accantonamenti fatti alla fine del primo trimestre dell’anno dalle banche americane, questi sono aumentati di cinque volte rispetto al precedente trimestre. Le banche Usa sono tradizionalmente le prime a muoversi in questo senso, in Italia lo ha fatto Unicredit anticipando i tempi». Tanto che proprio l’istituto di piazza Gae Aulenti ha lanciato a gennaio una delle iniziative più innovative in questo settore, cioè UniQLegal, società partecipata da UniCredit e dagli studi Nctm e La Scala per soddisfare alcune esigenze di servizi legali con particolare riguardo alla gestione del contenzioso passivo bancario.
Infatti un trend assai probabile sarà l’aumento dello stock di Npl (Non performing loan) e degli Utp (Unlikely to pay) in un momento in cui le banche ne gestivano volumi minori. In Italia, già prima della crisi Covid-19, secondo le stime di Banca Ifis c’erano 325 miliardi di euro di crediti deteriorati lordi ancora da recuperare: 246 miliardi di sofferenze bancarie a cui si sommavano 79 miliardi di Utp, cioè incagli.
«L’attività sui portafogli di Npl - nota spiega Gregorio Consoli, responsabile del Dipartimento finanza e soggetti vigilati dello studio Chiomenti - continua ad essere costante. Si sta lavorando ancora sullo stock esistente, ma è probabile che nell’imminente futuro nei bilanci delle banche, in seguito alla crisi economica, si creeranno altri crediti problematici che dovranno essere svalutati».
Bisognerà capire se questi nuovi portafogli saranno ceduti o saranno le stesse banche a gestirli internamente. «A livello societario, si assisterà a un incremento nell’attività di ristrutturazione del debito e di distressed assets, accanto a processi di consolidamento in alcuni settori industriali, tutte operazioni in cui gli istituti bancari saranno chiamati in causa – continua De Palma –. Nel lungo periodo, le banche potrebbero rivedere il sistema di rating del credito alle imprese per gestire la concessione di finanziamenti, in questa fase agevolati dalle misure straordinarie del decreto Liquidità con le garanzie di Sace».
E proprio le misure del decreto Liquidità sono sul tavolo dei grandi studi legali per verificare le conseguenze concrete per banche e imprese. «Gli studi - continua Gregorio Consoli - stanno lavorando attivamente come supporto in relazione alle misure liquidità poste in essere dal Governo: sia per conto delle aziende sia sul lato bancario. Gli istituti di credito si stanno strutturando per rispondere a questa domanda di finanziamenti delle imprese e lo stesso stanno facendo gli studi legali con apposite task force sulla materia».
Restano attive anche altre aree come i finanziamenti alle operazioni di fusione e acquisizione, anche se con minore fermento, in attesa che la situazione economica migliori nei prossimi mesi. L’M&A? «Le banche - dice De Palma - continueranno a finanziare le grandi operazioni di acquisizione e consolidamento. I fondi di private equity stanno continuando a valutare operazioni anche se al momento sono in una fase più attendista».
«Per quanto riguarda la finanza straordinaria, quindi sia acquisition finance sia project finance - indica Gregorio Consoli - c’è stato evidentemente un rallentamento. C’è dunque anche un certo calo nella finanza collegata al M&A, come rallentamento delle compravendite sia societarie che immobiliari: in questo momento c’è poi un certo disallineamento sul fronte dei prezzi e, quindi, pur essendoci i finanziamenti bancari, le operazioni sono di meno. In ogni caso è prevedibile che nella seconda parte dell’anno possa ripartire l’attività di fusioni e acquisizioni e con questa quella dei fondi di private equity e di turnaround».
Senza dimenticare che anche in ambito bancario ci potrebbe essere un’accelerazione al consolidamento. «C’è una parte di M&A bancario che coinvolge le realtà medio piccole bancarie che potrebbero andare incontro a un processo di consolidamento» indica Matteo Bragantini.
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