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L’attività delle raffinerie americane è crollata, molto probabilmente almeno in parte in reazione alla straordinaria impennata dei noli delle petroliere, che nel caso delle Vlcc (Very Large Crude Carriers, da 2 milioni di barili) sono addirittura decuplicati nel giro di un mese dopo le sanzioni Usa contro due controllate della cinese Cosco, superando 300mila dollari al giorno.
Gli impianti di raffinazione hanno lavorato all’83,1% della capacità nella settimana all’11 ottobre, secondo le statistiche diffuse ieri dall’Eia: si tratta del minimo da settembre 2017, quando c’era stato l’uragano Harvey.
Sulla East Coast, l’area più dipendente dall’estero per gli approvvigionamenti, l’utilizzo della capacità è sceso addirittura al 59,8%, il minimo da 7 anni.
Negli Stati Uniti in generale le scorte di greggio sono aumentate di 9,3 milioni di barili. Quelle di carburanti sono invece diminuite (-2,6 mb le benzine, -3,8 mb i distillati), anche per via delle forti esportazioni.
Per la seconda settimana consecutiva – cosa mai accaduta in precedenza nella storia – gli Usa sono stati esportatori netti, tra greggio e prodotti, anche se di poco (31mila barili al giorno).
Le quotazioni del petrolio hanno chiuso la seduta poco mosse, con il Brent sotto 60 dollari al barile. A condizionare il mercato c’erano anche l’accordo sulla Brexit annunciato da Londra e diversi dati macroeconomici, per gli Usa in gran parte negativi.
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