I «nuclei di energia attiva» di Emilio Vedova a Palazzo Reale
La mostra dedicata all’artista veneziano è al Palazzo Reale di Milano fino al 9 febbraio
di Ada Masoero
2' di lettura
Un lunghissimo setto attraversa diagonalmente la Sala delle Cariatidi, in Palazzo Reale, dividendone lo spazio sul piano fisico e ideale. Da un lato, infatti, la mostra spettacolare che, in chiusura delle celebrazioni per il centenario della nascita, Milano e la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova dedicano al grande artista veneziano scomparso nel 2006, presenta i Plurimi, da lui realizzati nel suo soggiorno del 1963-1965 in una Berlino spaccata dal muro (lavorando, poi, in un luogo sinistro come lo studio che era stato dello scultore Arno Breker, pupillo di Hitler), dall'altro, invece, trovano spazio i Dischi degli anni '80, grandiosi tondi dipinti su entrambe le facce e collocati a pavimento o a muro.
Curata da Germano Celant e allestita dallo studio Alvisi Kirimoto di Roma, la mostra prende dunque in esame le due stagioni che rappresentano gli snodi più radicali di un linguaggio sempre radicale e militante quale è quello di Vedova. Con i Plurimi, degli anni '60, Vedova spezza infatti le rigide geometrie di segno neocubista praticate nella stagione precedente (di cui la sala introduttiva espone alcuni esempi) per affidarsi a una nuova gestualità drammatica, brutale, apparentemente incontrollata. E nel suo impeto frammenta, squarcia e scompone le superfici stesse dell'opera dipinta e ne fa, per usare le sue parole, dei «nuclei di energia attiva»: pitture e sculture a un tempo, che coinvolgono lo spazio e l'osservatore.
Negli anni '80 è la volta dei Dischi, opere bifronti su legno, non meno potenti ed emotivamente violente, capaci di reggersi da sé, che affollano imperativamente il lungo spazio triangolare loro assegnato, duplicandosi negli specchi della Sala delle Cariatidi. Vedendo le opere di Vedova esposte in questo spazio, non si può non pensare che fu proprio in questa sala, allora ancora devastata dagli spezzoni incendiari, che Picasso, nella grande monografica del 1953, volle esporre il suo Guernica, consapevole della scintilla che sarebbe scoccata fra il suo dipinto, emblema della ferocia della guerra, e quello spazio devastato, che era stato un tempo il sontuoso salone dal ballo della reggia asburgica. Fu proprio lui a suggerire all'amministrazione cittadine di non risarcire quelle ferite ma di lasciarle com'erano, a perenne ricordo della follia della guerra. Così è stato fatto, e la gran sala neoclassica del Piermarini è stata sì restaurata, ma lasciando in evidenza i danni della guerra. Che oggi dialogano con forza con le opere cariche di denuncia e di rabbia del maestro veneziano. A commento, non un catalogo ma un'importante monografia curata da Germano Celant.
Emilio Vedova, Milano, Palazzo Reale, fino al 9 febbraio.
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