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I petrolieri: nessun margine extra, l’aumento coincide col ritorno delle accise

Unem: gli effetti economici del provvedimento sui prezzi di benzina e diesel, pari a 0,183 euro al litro, sono più o meno uguali agli aumenti alla pompa

di Cheo Condina

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2' di lettura

«Non corretta e infondata». I petrolieri italiani rispediscono al mittente, nel caso specifico al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, le accuse di possibili manovre speculative sul prezzo dei carburanti. I rincari del nuovo anno, è la loro posizione, sono stati determinati dalla cancellazione del taglio delle accise da parte del Governo: ne è prova che gli effetti economici del provvedimento sui prezzi di benzina e diesel, pari a 0,183 euro al litro, sono più o meno uguali agli aumenti alla pompa.

Una presa di posizione secca, assunta da Unione energie per la mobilità (oggi Unem, ieri Unione petrolifera), che riunisce e rappresenta le principali imprese in Italia nei settori della raffinazione, della logistica, della distribuzione di prodotti petroliferi. «L’accusa di speculazione sui prezzi dei carburanti non solo non è corretta, ma direi che è infondata», dichiara Claudio Spinaci, presidente di Unem.

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La controprova, a suo parere, arriva dai numeri. «Tra l’ultima settimana di dicembre e i primi giorni di gennaio il prezzo industriale dei carburanti, stante la sostanziale stabilità dei mercati internazionali, non è variato e la differenza che vediamo oggi è interamente dovuta all’aumento delle accise», fa notare Spinaci. Stando alla consueta rilevazione di ieri di Staffetta Quotidiana, infatti, per quanto riguarda il self service la media dei prezzi di benzina e diesel si attestava rispettivamente a 1,81 e 1,872 euro al litro, contro gli 1,626 e 1,692 euro del 30 dicembre 2022, cioè prima dello stop al taglio delle accise.

Quest’ultimo vale 0,183 euro al litro (comprensivo di Iva che ovviamente va ad incidere su un imponibile più elevato) e ad esso sono allineati i rincari di benzina e diesel alla pompa, pari a 0,184 e 0,18 euro. Stessa musica per il “servito”, dove ieri benzina e diesel costavano in media rispettivamente 1,949 e 2,011 euro al litro contro gli 1,774 e 1,839 euro di fine 2022: in questo caso, si fa notare, la differenza di prezzo è di 0,172 e 0,175 euro: meno dell’effetto legato alle accise.

Tutto ciò in un contesto globale che – spiegano gli analisti del settore – vive un momento di relativa tranquillità, con la grande corsa agli acquisti di diesel che ha riportato le scorte su livelli accettabili e con le quotazioni del Brent sotto 80 dollari. Ne è prova che anche a livello internazionale, tra il 30 dicembre e il 5 gennaio, benzina e diesel hanno avuto variazioni impercettibili, ovvero +0,014 euro al litro e -0,005 euro al litro.

Anche Confesercenti Faib (Federazione autonoma italiana benzinai) ha risposto duramente alle parole di Pichetto Fratin, sottolineando, per bocca del presidente Giuseppe Sperduto, che «non sono i gestori di carburanti a determinare il prezzo, ma le compagnie petrolifere e i retisti privati». «Sui gestori, che a prescindere dal prezzo alla pompa guadagnano sempre e solo 3,5 centesimi lordi al litro – ha aggiunto – pesa invece la decisione del governo di non prorogare il taglio delle accise. Altro che speculazione. Al ministro Pichetto abbiamo chiesto di riaprire prima possibile il tavolo di filiera: in gioco ci sono il futuro della mobilità del Paese, la partita fondamentale della transizione energetica e il lavoro di 250mila occupati».

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