PENALE

I prestanome ancora fuori controllo

di Maurizio Caprino

(Fotogramma)

3' di lettura

Tra un mese saranno dieci anni esatti. Entrò in vigore ad agosto 2009 la prima norma italiana contro le intestazioni di veicoli a prestanome. Da allora si è cominciato a indagare e attualmente sono in corso operazioni di tutti i corpi di polizia statali e locali, da cui è emerso che quasi 100mila veicoli risultano a nome di circa 500 persone, mentre su altre centinaia di soggetti sono in corso accertamenti. Ma, soprattutto, si è capito che il fenomeno è ben più vasto, tanto da sembrare fuori controllo. Non si potrà contrastare efficacemente senza i decreti attuativi di altre norme in vigore dall’estate 2010. Gli unici passi avanti si fanno per iniziativa di alcune Procure.

I buchi nelle norme

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Di prestanome si parla dalla fine degli anni Novanta e alla fine dello scorso decennio arrivarono misure legislative specifiche:

il Dl 78/2009 (articolo 15, comma 8-octies) ha obbligato il Pra a segnalare a Guardia di finanza, agenzia delle Entrate e Regioni le persone fisiche che risultano intestatarie di almeno dieci veicoli;

la legge 120/2010 che, introducendo nel Codice della strada l’articolo 94-bis, ha vietato espressamente immatricolazioni e iscrizioni al Pra qualora «risultino situazioni di intestazione o cointestazione simulate o che eludano o pregiudichino l’accertamento del responsabile civile della circolazione di un veicolo» e previsto sanzioni da 544 euro e la radiazione del mezzo.

Il Dl 78 ha avuto il merito di dare evidenza a ciò che il Pra aveva in archivio e non segnalava spontaneamente, ma molte comunicazioni inviate restano senza esito. Perché non di rado non vengono viste dai destinatari: l’elenco è stato ora allargato alla Polizia stradale (che ha svolto operazioni importanti già nel 2012-2013), ma mancano i corpi più presenti sul territorio: Carabinieri e polizie locali.

L’articolo 94-bis ha avuto effetti, ma ancora oggi resta monco dei decreti attuativi che avrebbero dovuto soprattutto definire le situazioni da verificare per accertare che ci si trovi davanti a un’intestazione fittizia. Un testo è stato preparato anni fa ed è ben noto agli addetti ai lavori, ma poi se ne sono perse le tracce. Senza spiegazioni ufficiali. Così ci sono solo due circolari del ministero dell’Interno, datate 2010 e 2012. «L’esperienza di questi nove anni - dice Luigi Altamura, comandante della Polizia locale di Verona, uno dei corpi più attivi nella caccia ai prestanome - mostra che fissare modalità attuative precise sarebbe molto di aiuto».

Intestazioni troppo facili

Così il fenomeno dei prestanome è andato avanti. Non solo tra chi evade tasse, pedaggi e multe e chi architetta truffe assicurative. Ci sono soprattutto i criminali, che hanno bisogno di veicoli (soprattutto vetture) come bene strumentale per i loro reati.

Ultimamente preoccupa soprattutto l’uso di questi mezzi negli assalti ai bancomat: qui c’è sempre una telecamera, ma l’intestazione al prestanome rende difficile risalire ai banditi.

D’altra parte, le norme e l’organizzazione della burocrazia del settore, orientate più alla salvaguardia di poteri ed equilibri tra i soggetti protagonisti, facilitano le intestazioni a prestanome. Dalle indagini sono emerse intestazioni a persone fisiche e giuridiche in circostanze che impressionano i non addetti:

simulazione di minivolture (passaggi di proprietà a commercianti del settore che dovrebbero rivendere i mezzi), che consentono di non pagare l’Ipt (Imposta provinciale di trascrizione) verso sedicenti operatori che hanno aperto partita Iva anche per pochissimi giorni con attività estranea ai veicoli (prima mai verificata attraverso le Camere di commercio);

atti di vendita che riguardano anche persone defunte o detenute.

Aberrazioni rese possibili anche da prassi disinvolte, come l’autentica delle firme dei venditori in sedi diverse dall’ufficio degli autenticatori. Cose denunciate dagli operatori più seri del settore pratiche automobilistiche.

L’azione delle Procure

In questo quadro, la Procura e la sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri di Milano hanno elaborato una strategia (che stanno divulgando in tutta Italia) per rimediare parzialmente alle carenze del sistema: gli investigatori denunciano i prestanome per falso in atto pubblico con induzione in errore del pubblico ufficiale (articoli 81 cpv, 48 e 479 del Codice penale) e chiedono nei loro confronti un provvedimento di blocco anagrafico, da notificare a Pra, Motorizzazione e Camera di commercio per bloccarne le intestazioni e le rivendite dei mezzi e cancellarne le eventuali partite Iva.

Il blocco poi risulta dalle banche dati. Se gli agenti hanno il collegamento con esse e le consultano, si accerta la circolazione di mezzi radiati d’ufficio, cosa che comporta anche la confisca. C’è il problema che una delle banche dati, lo Sdi, è accessibile alle polizie locali con limitazioni.

In Italia si verificano decine di casi del genere ogni giorno. Ma i prestanome restano tanti.

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