Opinioni

I prezzi bassi del petrolio di oggi rischiano di costarci cari domani

Gli investimenti in esplorazione e produzione diminuiranno notevolmente quest’anno e ciò potrebbe causare squilibri significativi nel medio termine

di Simone Tagliapietra

(AFP)

4' di lettura

Il 20 aprile 2020 è una data che è già entrata nella storia dei mercati petroliferi. Quel giorno il contratto petrolifero di riferimento negli Stati Uniti ha chiuso la giornata a -37 dollari al barile, entrando per la prima volta in territorio negativo. Dopo aver visto tassi di interesse nominali negativi, abbiamo dunque avuto modo di vedere anche un prezzo negativo per una merce reale: due eventi “impossibili” che si sono verificati in un arco di tempo relativamente breve.

Come è potuto accadere? Le misure di contenimento messe in atto per frenare la diffusione del Covid-19 rappresentano uno shock senza precedenti per la domanda globale di petrolio. L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) prevede per aprile un calo della domanda globale di 29 milioni di barili al giorno su base annua (circa il 30% della domanda), e per maggio un calo su base annua di 26 milioni di barili al giorno. Con queste flessioni, il mondo è sostanzialmente tornato a dei livelli di domanda petrolifera degli anni 90.

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Come risultato di questa contrazione senza precedenti della domanda, gli impianti di stoccaggio di petrolio negli Stati Uniti – come nel resto del mondo – si sono rapidamente riempiti. Questo surplus di greggio si è reso evidente anche a Cushing, Oklahoma, un importantissimo hub in cui viene consegnato il petrolio che viene scambiato sul mercato statunitense. Con una capacità totale di stoccaggio di 80 milioni di barili, a Cushing sono rimasti solo 20 milioni di barili di stoccaggio disponibili, ora completamente prenotati e probabilmente destinati a esaurirsi entro maggio.

I contratti futures sul Wti sono regolati con la consegna fisica del petrolio greggio ogni mese, garantendo così un legame tra uno dei derivati più scambiati al mondo e il mondo reale. In circostanze normali, vi è una riconciliazione quasi automatica tra i prezzi fisici e i futures prossimi alla scadenza. Ma il 20 aprile, mentre il Wti si avviava verso la data di scadenza per la consegna di maggio, la mancanza di capacità di stoccaggio disponibile a Cushing ha causato un’ondata di panico tra gli operatori in possesso di contratti derivati, che si sono trovati nell’impossibilità di rivenderli, e senza alcuno stoccaggio prenotato per farsi consegnare il greggio al punto di consegna specificato nel contratto: a Cushing, per l’appunto. Questa situazione ha mandato il prezzo del petrolio in negativo.

La domanda che tutti si pongono è: quando potrà riprendersi il mercato del petrolio? Innanzitutto, bisogna sottolineare che il crollo del 20 aprile è stato davvero il risultato di una serie imprevedibile di coincidenze sul mercato petrolifero statunitense, e non rappresenta dunque necessariamente le condizioni future del mercato.

Va sottolineato come la domanda globale di petrolio sia al contempo la causa principale e la soluzione definitiva di questa situazione senza precedenti. Ciò che i mercati petroliferi stanno vivendo in questi mesi è uno stress fisico derivante da una domanda straordinariamente bassa e da una capacità di stoccaggio limitata. Tutto ciò continuerà a perpetuarsi a meno che la domanda globale non riprenda a crescere.

Per essere chiari, questo problema va oltre gli Stati Uniti e riguarda il mondo intero. La capacità di stoccaggio globale gratuito è attualmente stimata a 500-600 milioni di barili, che potrebbero essere utilizzati entro giugno. Questo è il motivo per cui, dopo il crollo del Wti, anche il Brent (il principale punto di riferimento mondiale del prezzo del petrolio, che copre i due terzi del greggio scambiato a livello internazionale) ha subìto una nuova pressione al ribasso, prima di rimbalzare in seguito a un estemporaneo tweet del presidente Trump.

Proprio per cercare di prevenire uno scenario come quello verificatosi poi il 20 aprile, il 12 dello stesso mese i principali produttori mondiali di petrolio raggruppati nel cosiddetto Opec+ avevano concluso uno storico accordo per tagliare la produzione globale di petrolio di quasi il 10%, a partire da maggio. Tuttavia, gli sviluppi più recenti hanno chiaramente dimostrato che l’entità dell’attuale squilibrio dei mercati petroliferi va ben al di là della portata di quell’accordo.

Aziende come la ConocoPhillips e la Continental Resources hanno già dichiarato la chiusura di circa il 25-30% della loro produzione di petrolio, e tutti gli altri produttori statunitensi saranno costretti ad adottare misure simili nelle prossime settimane. La produzione petrolifera statunitense si è attestata a 13 milioni di barili al giorno a febbraio, e si prevede che essa diminuirà di 2,9 milioni di barili al giorno entro la fine dell’anno a causa della situazione attuale. Anche gli investimenti in esplorazione e produzione diminuiranno notevolmente quest’anno, di circa il 40% negli Stati Uniti e del 20% a livello globale rispetto al 2019. Tutto ciò potrebbe causare squilibri significativi nel medio termine, qualora una domanda in ripresa dovesse significativamente superare la produzione. Anche se gli attuali bassi prezzi del petrolio sono una buona notizia per i consumatori nel breve termine, potrebbero dunque non esserlo necessariamente nel medio termine, poiché i prezzi potrebbero rimbalzare. Inoltre, è utile considerare che i prezzi bassi potrebbero minare la capacità dell’industria petrolifera di sviluppare alcune delle tecnologie necessarie per la transizione energetica globale.

Per prevenire danni duraturi a questo settore dell’economia statunitense, il presidente Trump potrebbe cercare di perseguire altre misure, come il salvataggio dei produttori americani, l’introduzione di tariffe sulle importazioni di petrolio, la liberazione di capacità di stoccaggio o anche l’acquisto di greggio che i produttori lascerebbero nel sottosuolo fino alla ripresa dei prezzi. Nel frattempo, l’alleanza Opec+ potrebbe cercare di aumentare il suo accordo di taglio della produzione nel disperato tentativo di contribuire a un riequilibrio del mercato.

Tutte queste misure potrebbero, forse, alleviare i danni ai produttori di petrolio statunitensi e globali, ma è ragionevole supporre che questa crisi sarà risolta solo con una ripresa della domanda globale, una volta che le misure di contenimento del coronavirus saranno definitivamente eliminate e le nostre vite potranno tornare alla normalità.

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