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I privati: remunerare in modo adeguato le prestazioni chieste

Le cifre

di Sara Monaci

 I privati sono pagati in base di una spesa storica, considerata arretrata

3' di lettura

Di chi è la colpa? Ognuno ha la sua risposta. Diciamola meglio: tutti i soggetti in campo, politici e esperti di sanità, sono consapevoli che le mancate risposte del sistema sanitario siano il risultato di più fenomeni - dai tagli storici al settore alla programmazione restrittiva delle università fino alla pandemia -, ma l’individuazione delle possibili soluzioni è piuttosto variegata.

I politici di centrodestra insistono sull’aumento della produttività; quelli di centrodestra chiedono una regia pubblica più forte, che definisca le priorità e si imponga sul privato.

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Poi c’è la richiesta del mondo sanitario privato convenzionato con il sistema pubblico di rivedere i budget a rialzo. Mentre dalle aziende private-private, cioè quelle che non hanno e non cercano convenzioni pubbliche, arriva il consiglio di limitare gli sprechi.

La politica divisa

In Lombardia il tema centrale è sempre quello: il rapporto tra pubblico e privato. Di fatto il centrodestra non ha mai messo in discussione il forte ruolo del privato convenzionato. Ora, con le liste d’attesa che si allungano, chiede al privato di intervenire più incisivamente, con un extra finanziamento stabilito dalle ultime delibere (18 milioni in più). Il privato in Lombardia riceve circa un terzo del budget sanitario, quasi 7 miliardi su 21. Questo rapporto non viene al momento messo in discussione. Si chiede piuttosto al privato di aumentare le prestazioni del 10% mensile e di contribuire allo smaltimento delle liste d’attesa arretrate (per un 4%).

Inoltre la disaffezione dei medici per il settore pubblico, a favore di un settore privato ritenuto più competitivo, sarebbe da colmare con integrativi salariali a livello nazionale, potendo fare poco a livello locale (si potrebbero aggiungere integrativi per obiettivi).

Per il centrosinistra è proprio il rapporto tra il pubblico e privato che deve essere rivisto, dando centralità al pubblico nella programmazione. Il privato dovrebbe seguire le indicazioni che il sistema sanitario pubblico dà sulle prestazioni da svolgere, per non concentrarsi solo su quelle più remunerative. Solitamente viene portato come esempio il modello toscano, che produce minori liste d’attesa.

Il mondo dei convenzionati

I soggetti privati convenzionati lamentano invece la mancata revisione del budget a loro destinato, fermo al 2011.

Per Christian Ferraris, responsabile in Assolombarda di Aiop, «il sistema privato sarà sempre collaborativo, ma è difficile aumentare la capacità produttiva se non riusciamo a remunerare adeguatamente le prestazioni richieste. I privati vengono pagati sulla base di una spesa storica, poi, a prestazioni svolte, si può arrivare al 106%, ma intanto la spesa storica era già arretrata rispetto a quella reale, il che vuol dire che a parità di volume la spesa era già aumentata. In sostanza, vanno riviste le cifre».

Le critiche del privato puro

Il numero chiuso a medicina è stato un errore, perché la liberalizzazione avrebbe permesso al mercato una sorta di autoregolamentazione. Inoltre la medicina di base deve stare attenta all’appropriatezza delle cure: troppe, spesso inutili, le richieste di visite specialistiche.

È questo riassumendo il pensiero del mondo privato-privato, come dimostrano le parole di Luca Foresti, ad del gruppo Santagostino, il principale “privato-privato” italiano. «La programmazione all’università negli ultimi decenni è sempre stata sbagliato: prima troppi dottori, ora troppo pochi. Suggerisco il modello francese - spiega Foresti - posti liberalizzati e poi praticanti che già lavorano in ospedale e che svolgono un servizio retribuito mentre imparano, sicuri quindi che quel posto servirà davvero e sarà reale».

I medici rappresentano l’offerta. Ma per Foresti anche la domanda di prestazioni andrebbe rivista. Si tratta di seguire il principio dell’appropriatezza, tema che peraltro si sta ponendo anche la stessa Regione Lombardia (Bertolaso in commissione Sanità ha recentemente parlato di ricorso a diagnosi complesse non sempre necessarie e richieste di urgenze non realistiche).

Per l’ad del Santagostino «c’è una lunga lista di medici che firma richieste di assistenza essenziale in modo inappropriato. Tolte le urgenze, che devono continuare ad avere un carattere preferenziale, bisogna che i medici controllino e filtrino le richieste talvolta inutili dei pazienti. Le cosiddette ricette rosse sono troppe. Finché non lavoriamo sulla domanda le liste d’attesa rimarranno un problema».

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