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I reperti ossei antichi mappati in alta risoluzione

L’innovazione permetterà di realizzare progressi significativi nello studio dell’evoluzione umana

di Marco Onnembo

(Adobe Stock)

2' di lettura

Messa a punto una nuova tecnologia per tutelare il patrimonio culturale dei reperti ossei antichi. Si tratta di una innovazione messa a punto da uno studio delle Università di Bologna e Genova, che consente di mappare ad alta risoluzione la presenza del collagene, proteina fondamentale per realizzare datazioni al radiocarbonio.
Sarà così possibile campionare strategicamente i reperti, individuando i frammenti e le aree adatte da sottoporre alle analisi.

I risultati - pubblicati sulla rivista Communications Chemistry del gruppo Nature – sono stati definiti “sorprendenti” dal team, tutto italiano, che ha testato il nuovo metodo su ossa archeologiche rendendo, di fatto, visibile l’invisibile e che si presenta come una vera e propria rivoluzione nel campo dell'archeologia. “Questa innovazione permetterà di realizzare progressi significativi nello studio dell’evoluzione umana”, spiega Sahra Talamo, coautrice dello studio e direttrice del Laboratorio di datazione al radiocarbonio Bravho dell’Università di Bologna, perché “potremo analizzare i preziosi reperti ossei e ottenere datazioni precise, riducendo al minimo la quantità di materiale prelevato”.

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Le ossa degli antichi ominidi

Le informazioni che si potranno così reperire appaiono estremamente importanti perché le ossa degli antichi ominidi e i gioielli in osso ritrovati nei siti archeologici sono beni estremamente preziosi. Non solo perché si potrà meglio collocare sulla linea del tempo quanto scoperto, ma soprattutto perché da questi reperti sarà possibile ottenere molte informazioni sulla vita delle popolazioni umane antiche, cosa mangiavano, le loro abitudini riproduttive, le loro malattie, i loro spostamenti e migrazioni.La possibilità di ottenere queste informazioni è però legata alla quantità di collagene presente nei reperti ossei. Per coniugare l’esigenza di preservare il più possibile l’integrità dei reperti con la necessità di realizzare analisi con il radiocarbonio, gli studiosi hanno messo a punto un metodo che grazie a una fotocamera associata al vicino infrarosso permette di rilevare il contenuto medio di collagene nei campioni osservati. Gli studiosi prevedono che questa tecnica permetterà di realizzare datazioni al radiocarbonio anche in molti siti archeologici in cui fino ad oggi non era stato possibile analizzare i campioni venuti alla luce a causa della loro scarsa conservazione.

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