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I ritardi Ue sul Recovery Fund e l’impatto sui rating Gli investitori: crisi lasciata a Governi e Bce

Gli analisti concordano: la partenza del fondo a inizio 2021 è troppo lontana e non servirà a tamponare i danni derivanti dal lockdown. «Finora Bce ha addomesticato i mercati, ma l’assenza di coesione rischia di aprire una crisi dell’euro»

di Alessandro Graziani

(Epa)

3' di lettura

C’è il serio rischio che in Europa la crisi finanziaria ed economica venga lasciata fino a fine anno nelle mani dei Governi nazionali, che aumenteranno il debito, e in quelle di Bce che incrementerà il bazooka per consentire ai singoli Stati di contenere il costo dell'indebitamento. Ma da ora a inizio 2021 i debiti, pubblici e di banche e aziende private, saranno in balia dei declassamenti delle agenzie di rating (nella serata di venerdì 24 S&P ha emanato il suo primo verdetto sull’Italia confermando il BBB con outlook negativo).

I mercati si aspettavano di più dall'Europa

Ma le attese su un rapido accordo tra i Capi di Stato della Ue sul Recovery Fund sono andate deluse. Come dimostrano i commenti, inviati agli investitori globali, delle banche d'investimento. «Date le divisioni tra i leader europei sulla struttura del nuovo fondo, c’è il rischio che la decisione concreta sulla creazione del Recovery Fund possa arrivare non prima di settembre ed essere operativa solo a inizio 2021», è il commento degli analisti di Goldman Sachs all'indomani del Consiglio Europeo di giovedì' 23 aprile.

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«L'impatto del Recovery Fund dipende dalla sua dimensione, dal modo in cui sarà finanziato e da come i fondi saranno utilizzati. Su nessuno di questi elementi c'è ancora un accordo», fanno eco da Morgan Stanley evidenziando come il fattore tempo sia decisivo. “Negli ultimi giorni gli spread col Bund dei titoli dei Paesi periferici si sono allargati e prevediamo ulteriori pressioni senza un chiaro accordo in Europa sul Recovery Fund - commentano da Morgan Stanley - e ipotizziamo che Bce interverrà ancora per prevenire un peggioramento della situazione ampliando a breve il suo programma Pepp».

Negativo anche il giudizio che arriva da Citigroup: l'ipotesi che il Fondo parta a inizio 2021 è troppo in là nel futuro. Ma anche le finalità del Recovery Fund sembrano non adattarsi alla gestione dell'emergenza. «Si tratta di uno strumento deputato a finanziare gli investimenti post pandemia nell'economia green e digitale - commentano da Citi - ma non servirà a tamponare nei prossimi mesi i danni all'economia derivanti dal lockdown. Con la conseguenza che i Governi saranno lasciati da soli a gestire la crisi nel breve termine. Con la Bce che, ancora una volta, sarà chiamata a essere l'unica salvaguardia dell'Europa».

La governance del Consiglio Europeo, che a differenza della Bce richiede il voto all'unanimità, sta dimostrando ancora una volta di non adattarsi a decisioni di emergenza. Ma data la gravità e unicità di questa crisi, gli investitori si aspettavano decisioni tempestive. «Il ritardo della Ue sta testando la pazienza e la resistenza dei cittadini europei, dei Parlamenti nazionali e dei mercati che finora sono stati addomesticati dalla Bce», commentano da Mediobanca Securities evidenziando che «senza qualche forma di condivisione dei rischi c’è il serio timore di un'escalation della crisi nella zona euro».

Le difficoltà nel trovare in tempi rapidi in Europa un approccio comune alla gestione della crisi, d'altra parte, emergono a più livelli. Nei giorni scorsi il numero uno della Vigilanza bancaria di Bce Andrea Enria aveva proposto la creazione di una band bank europea per alleviare le banche dal fardello dei nuovi (e vecchi) crediti in sofferenza. Immediata la risposta del capo della supervisione bancaria della tedesca Bundesbank Joachim Wuermeling che, in un'intervista ad Handelsblatt, ha rifiutato l'ipotesi perché «non necessaria».

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