ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLe sfilate di Parigi / 3

I sogni fioriti di Marni e le magistrali sorprese di Dries Van Noten

Convince il nuovo controllo estetico di Francesco Risso da Marni. Le architetture di Balmain, l’essenzialità di The Row e la sensualità di Courreges

di Angelo Flaccavento

Marni PE 2024

3' di lettura

Allungamenti: a parlare di silhouette rilevanti sembra di riportare l’eloquio modaiolo indietro di qualche decade, ma è indubbio che la tornata di sfilate in corso a Parigi appaia decisamente verticale. Non si tratta, sia chiaro, di elongazione anni Novanta, chiesastica e punitiva, volta a coprire ogni possibile centimetro di pelle. Gli orli adesso sono lunghi, anche lunghissimi, ma le forme sono attillate, fasciatissime; i soprabiti e i cappottini dalle spalle strette, poi, si accompagnano a sotto corti e anche cortissimi, un po’ come negli anni Settanta, senza nostalgie citazioniste.

Oddio, un’ariata di psichedelia, ma in colori deliziosamente sobri, percorre il detour parigino di Marni, che sfila nella Ville Lumière come parte di un programma in corso ormai da un anno, peripatetico e itinerante. Teatro dello show è una magione patrizia, tutta oro, stucchi e magnifico giardino: scena ideale nella quale far deambulare, per provocatorio contrasto, i beautiful freak di Francesco Risso, l’affabulante direttore creativo. I reietti in questione, splendidi nelle loro fisiognomiche espressioniste, indossano righe male assortite e cappottini verticali, giacche aperte sui fianchi e camicie vaporose, mostrando un controllo estetico che per Marni è nuovo, fresco; altrimenti, indulgono nelle crinoline papier-maché e nelle fioriture metalliche, che danno invece un po’ di già visto. È una collezione bifronte, questa, che convince davvero nei suoi angoli meno forzati.

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Da The Row non c’è nulla di artificioso: la verticalità qui è fluida e priva di sforzo, toccata da materiali e dettagli sportivi e così rilassata da arrivare a proporre l’asciugamano al posto della sciarpa come accessorio da spalla. La linea delle sorelle Olsen continua a catturare l’essenza penitenziale, la crudezza old money della vera eleganza wasp, ma questa stagione appare più di mantenimento che di avanzamento.

C’è una fisicità tesa e scattante dentro le verticali di Courreges, progetto che di stagione in stagione conferma il talento del direttore creativo Nicolas Di Felice, e la sua ferma intenzione di portare il marchio lontano dai futurismi ye ye verso territori più goderecci e sensuali, pur mantenendo le linee intonse e i colori puri, ma aggiungendo drappeggi, fenditure e un fiero sex appeal.

In un antro sgarrupato ma luminoso, Dries Van Noten, imperituro maestro di una sottigliezza infinita, sovverte iconografie e gioca con le nozioni del maschile e del femminile, ma anche del decorato e dello sportivo, partendo da ciò che è familiare per giungere ad un risultato nulla affatto familiare, pieno di contrasti risolti con uno slancio ineffabile. Mischia i cristalli e il regimental, le righe da rugby e il denim, le piume e le paillette, inserendosi nella schiera immaginifica ed esaltante di quanti propongono a gran voce di tornare a giocare con la moda: non a favor di camera, ma per divertimento personale.

Le femmine di Acne Studios sono parate come bombardone industriali per affrontare il dopolavoro discotecaro: prediligono colori spenti, da fabbrica, ma sono fasciate in abiti seducenti e rivelatori, e issate sempre su tacchi chilometrici, con qualche omaggio di troppo a Balenciaga. Per quanto possibile, Olivier Rousteing, da Balmain, alleggerisce e allunga, senza rinunciare all’architettura di costruzioni che ridisegnano il corpo femminile e lo superomizzano. Apre in nero e poi spezza tutto a colpi di colori intensi e ricami in 3D. Sembra di vedere un Emanuel Ungaro sotto acido, ma la fantasia di queste bamboline scintillanti ha il suo fascino, per quanto letterale e scolastico. Le crinoline e le farfalle - vive - di Undercover sono infine di un lirismo intenso e decadente: memento di come la moda, ancora, possa far pensare e sognare.

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