La riforma fiscale

I tempi sono maturi per fare scelte ispirate ai criteri Esg

di Patrizio Braccioni

(AdobeStock)

3' di lettura

Di recente si sono moltiplicate proposte al governo e al legislatore volte a fornire contributi per una riforma fiscale.

Qualunque sia la portata degli interventi previsti, la premessa di fondo è che, a nostro parere, le linee portanti debbano tenere in considerazione i contenuti della Comunicazione della Commissione Ue al Parlamento e al Consiglio del 18 maggio in materia di business taxation per il 21esimo secolo. Il tema da affrontare è se, e con quali caratteristiche, quelle linee portanti siano da considerare allo stesso tempo sia presupposto sia oggetto dei criteri di sostenibilità Esg (Environmental, Social and Governance o Ambientale, sociale e di governance). Una rilettura critico/analitica del provvedimento comunitario ci pare utile.

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La fiscalità come presupposto dei criteri Esg si fonda sulla constatazione che le entrate tributarie costituiscono il fondamento della finanza pubblica, senza la quale pressoché nessuno dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile individuati dall’Agenda Onu 2030 potrebbe essere raggiunto.

Assai più articolata è la verifica dell’allineamento delle politiche e delle scelte fiscali (o almeno di parte di esse) con i criteri Esg.

Si è così cercato di individuare un nesso forte tra indicazioni contenute nella citata Comunicazione e obiettivi di sostenibilità, tralasciando nel contempo gli aspetti non conferenti o non più attuali.

Partiamo dal tema ambientale, per il quale è essenziale tenere a mente gli obiettivi imposti dal Regolamento Tassonomia (Regolamento Ue 2020/852): mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, prevenzione dell’inquinamento, protezione delle risorse idriche, della biodiversità e degli ecosistemi, transizione verso l’economia circolare; in sottofondo il green deal della Presidente Ursula Von der Leyen. In questo ambito le indicazioni della Commissione sono molteplici. È anzitutto allo studio una versione rinnovata di direttiva sulla Energy taxation del 2003, e altre misure di fiscalità ambientale volte a sostenere la transizione verde. Resta inalterata l’intenzione di attuare il principio del “chi inquina paga”, di cui all’art. 191 (2) del Tfue. Inoltre, la Commissione proporrà misure allo scopo di sostenere gli obiettivi comunitari sul clima, invitando gli Stati ad abrogare gradualmente i sussidi (anche nella forma di esenzioni), ritenuti dannosi.

Altrettanto ampie ci sembrano le misure rivolte a obiettivi di carattere sociale. In evidenza l’invito alla riduzione delle imposte sul lavoro, a oggi fonte principale di gettito per molti Paesi. In secondo luogo, un no secco a incrementi delle aliquote Iva, già molto elevate, ma un’azione sulla limitazione di agevolazioni ed esenzioni, spesso difficilmente giustificabili e foriere di distorsioni alla competitività delle imprese. Essenziali sono gli sforzi tesi a rendere più agevoli gli investimenti crossborder, con la riduzione sia di barriere fiscali sia di ingiustificati costi di compliance; vanno poi combattuti con forza abusi, riciclaggio e frodi. In merito, si riconosce che con le Direttive Atad e Dac sono stati fatti molti passi in avanti, ma questo percorso deve continuare, anche focalizzandosi sull’utilizzo improprio di veicoli societari o altri strumenti che consentano il trasferimento di interessi e royalties in Paesi a fiscalità privilegiata senza che gli stessi siano stati assoggettati a tassazione nell’Ue. Va infine garantita l’efficacia dei processi di riscossione delle imposte, senza per questo rinunciare a regole di equità.

Infine l’ambito governance, nel quale la parola d’ordine è trasparenza. Le grandi multinazionali dovrebbero rendere note le imposte versate nei Paesi in cui operano, superandosi così le attuali norme relative al country-by-country reporting e il tax rate tradizionale che non è assolutamente idoneo a misurare le imposte versate alle comunità locali/nazionali.

Nel tirare alcune personali conclusioni, le ricette più semplici e immediate per i contribuenti italiani sarebbero l’estensione più ampia possibile del regime di adempimento collaborativo e un’accelerazione sulla digitalizzazione dei servizi fiscali.

La tematica è indubbiamente più ampia (non dimentichiamo la giustizia tributaria), ma solo ispirandosi a criteri Esg si contribuirà a un sistema fiscale rivolto a uno sviluppo sostenibile nel lungo termine e non più alla rincorsa di “buchi” di bilancio da coprire.

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