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I testi corretti a Dahl e le autocensure ironiche di Calvino

Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare dell’assurda censura ad alcuni testi inglesi di un grande classico della letteratura come Roald Dahl: parole come grasso, brutto o nano, giudicate irrispettose, sono state sostituite, edulcorate.

di Andrea Kerbaker

3' di lettura

Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare dell’assurda censura ad alcuni testi inglesi di un grande classico della letteratura come Roald Dahl: parole come grasso, brutto o nano, giudicate irrispettose, sono state sostituite, edulcorate. La cosa, di per sé abbastanza ridicola, è anche più grottesca se si pensa che queste correzioni sono suggerite da un gruppo di sensitivity readers, lettori-censori anglosassoni che si incaricano di passare al lanternino i libri da ripubblicare per verificare le eventuali offese contenute nei testi. Un atteggiamento che, come è stato notato, potrebbe portare a censurare praticamente tutto e tutti, perché da qualche parte nel mondo esisterà sempre una sensibilità che potrebbe essere toccata da un argomento; e non si sa se ridere o piangere.

C’è poco da ridere, si dirà. E tuttavia a volte una dose di ironia può servire a farci vivere le meschinità del presente con un maggiore distacco. Senza neppure tornare ai tristemente celebri mutandoni che nell’epoca della controriforma venivano dipinti su alcuni affreschi considerati
troppo osé, possiamo provarci pensando a come alcuni decenni fa si sono comportati in situazioni analoghe due grandi autori del nostro Novecento, Italo Calvino e Umberto Eco.

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Il precedente di Calvino ci porta al 1965, quando l’autore sanremese ristampa il suo Barone rampante in un’edizione per le scuole. Nel farlo, sottopone il testo a una revisione puntualissima, volta a semplificare i passaggi più ostici per i lettori piccoli; così facendo, emenda anche il leggero turpiloquio di alcune pagine. Ecco così un “battichiappe” diventare un anonimo “spiedo per i tordi” mentre gli insulti dialettali “Cuiasse! Belinùi!” si trasformano in un indiretto «lanciarono i peggiori improperi». I cani non fanno più «una pisciatina contro un sasso», ma pudicamente «alzano una zampa» e l’irriverente barone non dice più a suo padre: «Ma io dagli alberi piscio più lontano!» bensì un insensato: «Quando io sputo dagli alberi, sulla terra ci piove!». Traggo questi esempi da un accurato lavoro di Claudia Giancola, Sguardi sulle tre edizioni de “Il barone rampante”, che ci racconta anche come dall’edizione scolastica del romanzo siano espunti alcuni riferimenti sessuali, politici e soprattutto religiosi, probabilmente per non offendere il pubblico degli insegnanti. Indubbiamente i cambi, che non sembrano in alcun modo imposti dall’esterno, stupiscono qualsiasi ammiratore di Calvino, che lo sa storico nemico di tutte le censure e perfino difensore dell’uso delle parolacce, in un articolo sul «Corriere della Sera». Più severo con se stesso che con gli altri? Forse; ma comunque temprato dall’ironia. Nel testo finale, infatti, si dice che la riedizione è stata curata da un «meticoloso docente e pedagogista», Tonio Cavilla, che altro non è che l’anagramma dell’autore. Così, in questa duplicità in cui gli emendamenti sono introdotti dall’alter ego, la tensione dell’autocensura si stempera nel disincanto del gioco letterario.

La vicenda di Eco, più vicina a quella di Dahl, riguarda un breve racconto per bambini, I tre cosmonauti, che l’autore del Nome della rosa si era divertito a scrivere a metà anni 60: una storia un po’ strampalata di tre astronauti, accompagnata dalle illustrazioni dell’artista genovese Eugenio Carmi. Quando, una ventina di anni più tardi, alcuni editori stranieri vogliono ripubblicare il libro, dagli Usa arriva una richiesta: «Quando i tre terrestri facevano amicizia con un marziano, nella prima versione gli offrivano una sigaretta. Nel 1966 questo sembrava un normale atto di cameratismo e cortesia. Ma naturalmente, nel 1988, all’editore americano si sono rizzati i capelli in testa: come si poteva raccontare ai bambini che è bene invitare qualcuno a fumare? Forse la protesta era troppo politically correct, ma dal punto di vista educativo era giusta. E così, nella seconda edizione, i tre offrono al marziano un bicchier d’acqua. Il che permette uno sviluppo anche più divertente, perché il marziano, non abituato all’acqua terrestre, praticamente si ubriaca. Il che è un altro modo di insegnare che le diversità vanno prese così come sono, capite e rispettate».

Certo, Calvino ed Eco s’erano corretti da sé, mentre le varianti di Dahl sono inserite da altri: prevaricazione imperdonabile. Eppure, di fronte ai toni incupiti di questi giorni, impossibile non provare almeno un po’ di nostalgia per l’allegra superiorità con cui gli Eco e i Calvino di questo mondo – così impegnati contro le censure e gli atteggiamenti codini – sapevano anche sorriderne, quand’era il caso.

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