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I vini degli “indipendenti”: appunti di degustazione

di Mauro Giacomo Bertolli

12' di lettura

Si è concluso pochi giorni fa a Piacenza il settimo Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti organizzato da FIVI in collaborazione con Piacenza Expo. Posso già anticipare le date della prossima edizione, 24 e 25 novembre 2018, di quello che secondo me è ormai diventato, per importanza, il terzo evento del vino in italia, dopo Vinitaly e Merano WineFestival. Nel 2018 la FIVI - Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti – festeggerà i 10 anni di vita.
Record di visitatori, addirittura 15.000, con un aumento di circa 6.000 persone rispetto all'edizione 2016, quella con il maggior numero di presenze tra tutte le precedenti. Tra i motivi del grande successo sicuramente, oltre alla qualità dei vini degli espositori, il format della manifestazione: la possibilità di incontrare e parlare direttamente con i vignaioli, la comodità della location – la Fiera di Piacenza – spaziosa e facile da raggiungere, la formula “mercato” che permette ai visitatori di acquistare i vini assaggiati, cosa da non trascurare visto l'avvicinarsi del Natale.

Il messaggio dei vignaioli, vero slogan della manifestazione, è stato “Scarpe grosse, cervello FIVI”, ben rappresentato su centinaia di magliette. “Siamo convinti che il successo crescente del Mercato – ha dichiarato la presidente FIVI Matilde Poggi – sia la diretta conseguenza della credibilità che ci stiamo guadagnando a livello istituzionale, in Italia come in Europa. Abbiamo le scarpe grosse e il cervello FIVI, le mani nella terra e la testa rivolta a una causa comune”. Sono molte le battaglie combattute anche quest'anno dalla FIVI: dall'etichetta nutrizionale, giudicata dalla FIVI un inutile aggravio, alla regolamentazione dell'Enoturismo, di cui FIVI come componente della CEVI (Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti) sta discutendo con le istituzioni europee: proprio tre giorni dopo la chiusura del Mercato FIVI, il 29 novembre, è arrivata l'approvazione di un emendamento della Commissione Bilancio del Senato che porterà, se l'iter legislativo si chiuderà positivamente, al riconoscimento normativo dell'attività enoturistica .

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L'impegno principale della FIVI è però, come sempre, per la sburocratizzazione di un settore, quello vitivinicolo, schiacciato da una burocrazia che ostacola il ruolo di tutela del territorio che il vignaiolo riveste. Tutti questi temi sono stati affrontati nell'assemblea della domenica mattina, nella quale sono state anche approvate delle modifiche al regolamento che porteranno a cambiare i criteri di ammissione alla Federazione per le Srl “partecipate” da altri gruppi e ad una valutazione nei prossimi anni sulla possibilità di restare in FIVI per le aziende di questo tipo già iscritte. Sono stati premiati come Vignaioli dell'anno, di fronte a una platea di amici e colleghi commossi, Germana Forlini e Alberto Capellini, coppia in vigna e nella vita nelle Cinque Terre.

Cos'è la Fivi
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un'associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla FIVI solo i produttori che soddisfano alcuni precisi criteri: “Il Vignaiolo FIVI coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta”.
Attualmente sono poco più di 1100 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 11.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 80 sono i milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale si avvicina a 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 280 milioni di euro. Gli 11.000 ettari di vigneto sono condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico, per il 10 % secondo i principi della lotta integrata e per il 39% secondo la viticoltura convenzionale.

Appunti di degustazione

Valle d'Aosta DOC Chardonnay Cuvée Bois 2015 di Les Crêtes - Aymavilles (AO)
L' Azienda vitivinicola Les Crêtes nasce nel 1989 in Aymavilles, per opera di Costantino Charrère, che ha continuato la tradizione di famiglia, da cinque generazioni dedita alle produzioni agroalimentari ed alla lavorazione dei propri vigneti, il tutto intorno ad uno storico mulino ad acqua del ‘700. Costantino è diventato negli anni il punto di riferimento della viticoltura valdostana, contribuendo alla salvaguardia di vitigni a rischio di scomparsa, come la Premetta (Prié Rouge) ed il Fumin. Nei vigneti de Les Crêtes sono coltivate sia varietà autoctone (Fumin, Petit Rouge, Mayolet, Cornalin, Petite Arvine, Premetta) che internazionali (Chardonnay, Syrah, Pinot Noir, Merlot). Tutta la famiglia è coinvolta in azienda; la produzione attuale è di 180.000 bottiglie con poco più di 20 ettari vitati. Mi piace ricordare che Costantino Charrère è stato il primo Presidente della FIVI.
Chardonnay Cuvée Bois credo sia l'etichetta più rappresentativa dell'azienda, uno Chardonnay in purezza vinificato e affinato “sur lie” per 11 mesi in rovere francese con “batonnage”.Nel bicchiere è di colore giallo dorato. Al naso note fruttate di banana, mela ed agrumi, floreali di tiglio e speziate quali vaniglia, chiodi di garofano e liquirizia. Da non dimenticare la nota di cioccolato bianco. Al sorso è morbido, elegante, con una striatura sapida, persistente.

Maremma Toscana Rosso DOC Lunarius 2016 di Poggio La Luna – Scansano (GR)
Azienda agricola fondata e gestita da Elisabetta Tommasoni, con il sostegno dei suoi due figli Filippo e Andrea. Siamo nel 2012, quando Elisabetta decide di trasferirsi definitivamente nel cuore della Maremma Toscana, a Scansano, in una zona collinare non molto distante dal mare. L'azienda, 18 ettari di cui 4 attualmente vitati, è in conversione biologica. Oltre al vino, si producono anche miele, olio extravergine di oliva e grappa.
Il Lunarius è un vino Maremma Toscana Rosso, ottenuto da uve Syrah (85%) e Sangiovese (15%).
Vinificazione in acciaio senza lieviti selezionati, matura poi in barriques di rovere francese per circa 9 mesi.
Nel bicchiere è di colore molto vivace, quasi rosso porpora, caratterizzato da intensi profumi di frutto rosso maturo, di prugna, di mora, di piccoli frutti del sotto bosco, che si integrano perfettamente con semplici note speziate, pepe nero ed un accenno di vaniglia. Al sorso è di grande bevibilità, fresco, di buon corpo e struttura, di grande persistenza.

Teroldego Rotaliano DOC Sangue di Drago 2015 di Marco Donati – Mezzocorona (TN)
Cantina fondata nel 1863 da Luigi Donati, di generazione in generazione è passata fino a Marco Donati, che la conduce con la moglie Emanuela e la figlia Elisabetta. L'azienda dispone di circa 26 ettari di vigneti, con una produzione annua intorno alle 110.000 bottiglie. Alcune delle vigne, piantate dal bisnonno Marco, sono quasi secolari.
Marco, enologo formatosi all'Istituto Agrario di San Michele, è uno più interessanti produttori di Teroldego, vino rosso simbolo dell'enologia trentina, ottenuto da uve provenienti dal vitigno omonimo. L'azienda è molto attenta alla sostenibilità, con una gestione salubre del vigneto. Vi è anche una piccola produzione di olio grazie ad un uliveto nei pressi di Castel Toblino.
Sangue di Drago è il vino più rappresentativo di Marco Donati, ispirato ad una leggenda locale secondo la quale il giovane cavaliere Conte Firmian uccise un Drago che terrorizzava la popolazione di Mezzocorona. Alcune gocce del sangue del Drago caddero sul terreno rotaliano facendo germogliare i primi ceppi di Teroldego.
Vinificazione in acciaio, maturazione in barriques di rovere francese per un minimo di 16 /18 mesi.
Di colore rosso rubino, con appena accennati riflessi granato. Al naso è un trionfo di profumi di confetture di frutti di bosco – lampone, fragola, mirtillo – di grande intensità, accompagnati da più sussurrati sentori speziati, liquirizia, pepe nero e chiodi di garofano principalmente. Al palato sapori di frutto, di gran corpo, è quasi masticabile, delicato nei tannini, equilibrato nella sua grande struttura. Piace

Valtellina Superiore Grumello DOCG 2013 di Gianatti Giorgio – Montagna in Valtellina (SO)
Giorgio Gianatti ha preso in mano a soli 18 anni la piccola azienda agricola di famiglia a causa di una malattia del papà che, una volta guarito, gliene lasciò la gestione. I vigneti sono a Montagna in Valtellina, nella sottozona del Grumello. Giorgio produce poco più di 11.000 bottiglie di Grumello, con passione e grande capacità, tanto da essere per me uno dei migliori interpreti in Valtellina di questo vino: non a caso l'ho definito in passato “Il Signore del Grumello”.
Ottenuto da uve Nebbiolo vendemmiate ad ottobre, vinificato in acciaio, matura per almeno 18 mesi in botti di rovere. Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino con sfumature granata. Al naso note floreali di petali di viola e rosa, ribes rosso, marasca, prugna e lampone. Leggera speziatura, un tocco di balsamicità ed un sentore di cuoio ne completano il bouquet. Al sorso è fresco, scattante, dai tannini eleganti ma vivaci, dotato di corpo e struttura ma ancora giovanilmente esuberante. Piacevole e persistente.

Pinot Nero Oltrepò Pavese DOC Giorgio Odero 2013 di Frecciarossa – Casteggio (PV)
Frecciarossa sorge sulle colline dell'Oltrepò Pavese. L'azienda agricola nasce nel 1919, quando Mario Odero, bisnonno dell'attuale conduttrice, Valeria Radici, di origine genovese ma per lavoro in Inghilterra, torna a vivere in Italia, innamorandosi di questa tenuta sulle colline dell'Oltrepò, per cui vende tutto ciò che ha a Genova e si trasferisce. Il giovane figlio unico Giorgio viene iscritto ad Agraria e poi mandato a fare esperienza in Francia, dove impara a vinificare, soprattutto il Pinot Nero. Nel 1933, alla fine del proibizionismo, Frecciarossa è tra le prime aziende italiane presenti con i propri vini sul mercato americano. Alla morte di Giorgio, il testimone passa nelle mani della figlia Margherita, da alcuni anni affiancata da sua figlia Valeria, pendolare tra Parigi, dove fa la mamma, e l'Oltrepò Pavese. Oltre a dare grande spazio a Croatina, Uva Rara e Barbera, l'azienda declina il Pinot Nero in tutte le sue versioni, ma il vino bandiera dell'azienda è Giorgio Odero, Pinot Nero vinificato in rosso. Le uve provengono dalla sola parte centrale dello storico Vigneto del Pino, vengono vinificate in acciaio. Maturazione per almeno 12 mesi in botti da 25 hl.
Uno dei vini storicamente più rappresentativi dell'Oltrepò Pavese. Di colore rosso con riflessi granato, è estremamente intenso nei profumi, che giocano sulla sovrapposizione dei frutti maturi del sottobosco, ribes, mirtillo, fragolina, e di eleganti note speziate come, pepe, chiodi di garofano, tamarindo, fino ad una delicata striatura balsamica. In bocca è rotondo, di gran corpo e struttura, con evidenti sapori di frutta molto matura, persistente e di personalità.

Gioia del Colle DOC Primitivo Riserva 2012 di Pietraventosa – Gioia del Colle (BA)
Sono passati ormai più di 10 anni dalla nascita di cantina Pietraventosa a Contrada Parco Largo, pochi ettari vitati, 5,5, non lontani dall'abitato di Gioia del Colle, ma l'entusiasmo iniziale di Marianna Annio e di suo marito Raffaele Leo è addirittura aumentato, spinti dalla passione per il Primitivo, vitigno autoctono di cui vogliono dimostrare le grandi potenzialità anche dalle loro parti, e non solo nel tarantino (leggesi Manduria), in uno dei tanti “derby” che rendono unico il nostro paese. Nei loro vigneti, sempre battuti dal vento, su terreni di natura calcarea, con roccia carsica e ricchi di minerali, oltre al Primitivo troviamo un po' di Aglianico. Di grande successo anche la versione rosata del suo Primitivo, Est Rosa.
La Riserva 2012, Primitivo in purezza, dopo la vinificazione ha una maturazione di 18 mesi in legno. Nel bicchiere è di colore rosso rubino, acceso, vivace, con riflessi ancora purpurei. Al naso si è quasi travolti dall'intensità dei petali di rosa, dai frutti del sottobosco, dalla prugna, dalla ciliegia. Le spezie dolci, la vaniglia, il tamarindo, il pepe, ma anche la liquirizia arricchiscono straordinariamente il bouquet. Al sorso è deciso, equilibrato nei tannini, muscoloso, persistente e di grande piacevolezza. Degustato insieme a dei viticoltori dell'Oltrepò, ha spopolato!

Valtellina Superiore DOCG Nebbiolo 2010 di Marcel Zanolari – Bianzone (SO)
Negli anni '80 il papà di Marcel, Giuliano, sperimenta la coltivazione della vite senza trattamenti anticrittogamici su due appezzamenti a Bianzone, lavorando non solo sul Nebbiolo, in Valtellina chiamato Chiavennasca, ma anche su Pinot Nero, Cabernet Sauvignon, Pinot Bianco, Riesling e Traminer. L'azienda nasce poi nel 2001 con Marcel, naturalmente supportato dalla famiglia. L'azienda si certifica biologicamente e negli ultimi anni Marcel, dopo aver assimilato ed applicato le idee di Steiner diventa biodinamico, con relativa certificazione assimilando ed applicando le idee di Steiner. Marcel è uomo di grande passione e spinta ideale. Tra i suoi obiettivi quello di raggiungere fra alcuni anni una produzione a ciclo chiuso, diventare cioè un'azienda autosufficiente e indipendente soprattutto per la produzione dei preparati biodinamici e dei cumuli per la fertilizzazione e rivitalizzazione del terreno. I suoi vini sono di grande interesse, espressione a volte quasi violenta di un territorio duro, difficile ma capace di coinvolgere indissolubilmente chi voglia andarlo a conoscere.
Veniamo al suo Nebbiolo: le uve fanno un parziale appassimento in vigna, vinificazione in acciaio ed almeno 36 mesi di maturazione in barrique di 2°-3°passaggio.
Di colore rosso rubino dai riflessi granato, al naso spiccano i petali di rosa appassiti, la mora, ma anche il cacao, il cuoio, una lieve nota balsamica. Al sorso è deciso, spigolosamente di montagna ma equilibrato nei tannini, con tocco erbaceo, di buonissima persistenza.

Amarone della Valpolicella Classico Riserva DOC La Mattonara 2006 di Zymè – San Pietro in Cariano (VR)
Zymè, per chi non ha fatto il classico, proviene dal greco e significa “lievito”.
L'azienda è di Celestino Gaspari, uno dei nomi di riferimento nel mondo della Valpolicella, che da sempre sostiene l'idea di uomo custode della sua terra, per cui fare vino vuol dire sia proteggere che rinnovare il territorio. Forse proprio per questo lui fa vini sia tradizionali sia estremamente innovativi. Zymè nasce nel 1999 dal recupero di un'antica cava d'arenaria a San Pietro in Cariano, nel cuore della Valpolicella classica: l'azienda è sempre cresciuta negli anni fino alla costruzione della nuova cantina, completata nel 2014, che merita di essere visitata. Attualmente l'azienda gestisce, in proprietà, in affitto o tramite collaborazione con dei conferitori, 30 ettari di vigneto, producendo circa 120.000 bottiglie.
Celestino ha imparato molte delle cose che sa direttamente da suo suocero, con cui ha lavorato per 11 anni, il grande “Bepi” Quintarelli, e proprio a lui dedicherà prossimamente un vino, per i 90 anni dalla nascita. Sarà un Recioto della Valpolicella, in versione amandorlato.
E veniamo a La Mattonara, che è da sempre uno dei miei amaroni preferiti.
Riserva prodotta solo nelle annate più importanti, è il vino simbolo di Celestino. Il nome “Mattonara”, dialettale, ricorda che la cantina è stata costruita in una cava in pietra arenaria un tempo adibita all'estrazione di mattoni. E' un uvaggio di Corvina al 40%, Corvinone al 30%, Rondinella al 15%, Oseleta al 10%, Croatina al 5%. Matura per 9 anni in botti grandi e tonneaux di rovere di Slavonia.
Nel bicchiere è di colore rosso rubino, intenso, con appena accennati dei riflessi granata. La parte olfattiva si caratterizza per un frutto maturo ma ancora assolutamente vivo, frutta rossa, ciliegia, marasca, prugna, poi frutta secca. Delicata la nota balsamica, ed ecco arrivare la speziatura, elegante ed avvolgente, con caffè, cardamomo, pepe, liquirizia e cioccolato. In bocca è caldo, morbido, appagante, dai tannini morbidissimi, persistente e destinato a durare probabilmente altri 20 anni.

Malvasia di Castelnuovo Don Bosco DOC Gilli 2017 di Cascina Gilli – Castelnuovo Don Bosco (AT)
Cascina Gilli si trova in Piemonte, sulle colline del basso Monferrato, in un territorio vinicolo di cui forse si parla troppo poco. Siamo in un edificio storico del 1700, di proprietà della famiglia Vergnano. Dal 1983 se ne occupa Gianni Vergnano, che ha costruito la nuova cantina e si è dedicato ai vitigni della tradizione piemontese: Freisa, la Barbera d'Asti, la Bonarda Piemonte e la Malvasia di Castelnuovo Don Bosco. Importante il progetto di studio e lavoro sulla Freisa, sviluppato in collaborazione con la facoltà di Agraria di Torino ed in particolare con il professor Gerbi, iniziato con la prima vendemmia del 1985.
Tutta la famiglia è impegnata con Giovanni in azienda, dalla moglie Luisa ai figli Paolo e Alina. Voglio ricordare l'enologo, Giampaolo, figlio del prof. Gerbi, ed il cantiniere, Giovanni Matteis.
Passiamo al vino, ottenuto da Malvasia di Schierano e Malvasia Nera Lunga. La vendemmia è manuale, la vinificazione e la maturazione sono in acciaio.
Vino rosso dolce, leggermente frizzante. Profumi intensi e di grande piacevolezza, roselline di bosco, iris e glicine a cui seguono i piccoli frutti di bosco, fragoline soprattutto. In bocca è fresco, di pronta beva, un vino che definirei allegro.

Greco di Bianco DOC Passito 2013 di Lucà Santino – Bianco (RC)
L'azienda è a Bianco, sulla costa ionica reggina, in una zona in cui la viticoltura risale alla colonizzazione greca. Tutta la famiglia di Santino, dal fratello ai genitori, lavora in azienda: 15 ettari con vigneti, agrumeto, uliveto e coltivazione dei cereali. I Lucà hanno anche un allevamento allo stato brado di capre razza Aspromontana e di suino Nero di Calabria. I vigneti coprono una superficie di 4,5 ettari. La produzione annua è di circa 20.000 bottiglie. Già il nonno di Santino produceva vino, fino agli novanta si vendeva uva, mosto e vino sfuso. E' stato Santino ad iniziare ad imbottigliare.
Il Greco di Bianco è un vino passito ottenuto dal vitigno autoctono Greco Bianco in purezza. Il vitigno ha origine da un tralcio importato dai coloni greci sbarcati nell'VIII secolo a.C. presso Capo Zefirio, odierno Capo Bruzzano, proprio nel territorio di Bianco.
Le uve, dopo la vendemmia manuale nella prima decade di settembre, vengono poste al sole per circa 8-10 giorni sui tradizionali “graticci”. Dopo la vinificazione in acciaio, matura per 8 mesi in acciaio e per altri 15 mesi in legno.
Vino da meditazione, e da dessert, è di colore ambrato. Intensi e variegati i profumi, zagara, frutta matura, scorza d'arancia candita, cedro, noce fichi secchi. Dolce e morbido al palato, molto persistente, vi si ritrovano i sapori di noce e fichi secchi.

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