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«I servizi professionali come la revisione, la consulenza, e come l'intero mondo del business sono da anni oggetto di una veloce trasformazione digitale. È fisiologico che le «big four» del settore abbiano fatto massicci investimenti nel digitale e siano in grado di offrire servizi di migliore qualità efficientando e ottimizzando i costi rispetto a quanto accadeva anni fa. Tariffe cinesi? Con il digitale alcuni costi e dunque i prezzi dei servizi si abbassano, e questo accade nei settori dove la competizione è elevata». Così Donato Iacovone, managing partner di EY per Italia, Spagna e Portogallo, replica al monito lanciato da Giulio Tremonti sull’eccesso di poteri delle 4 big della revisione (EY, Kpmg, Deloitte e Pwc) che ormai esonderebbero in ogni settore della consulenza nell’intervista pubblicata su Il Sole24Ore del 3 maggio (e disponibile sul sito Internet).
Iacovone non intende alimentare polemiche e sottolinea come nel mondo del business è in corso una «chiara evoluzione, anche nell’industria dei servizi professionali» ed è naturale che «ci sia confronto tra chi ha la forza e le competenze, oltre che la volontà per investire nel digitale e chi innova meno. La velocità del cambiamento sta rimodulando il mondo dei servizi professionali».
La storia dei decenni scorsi ha visto «le professioni basarsi sulle competenze professionali: il servizio fornito ai clienti di interpretazione delle varie normative, ad esempio, è remunerato con il pagamento delle ore dedicate. Questo business model negli ultimi anni sta cambiando - prosegue Iacovone - perché le tecnologie hanno permesso di investire in software e in modelli operativi che consentono, ad esempio, la ricerca di informazioni e di elaborazione dei dati e trasformazione degli stessi in tempi rapidi e a basso costo. Questa parte del business, per chi ha investito, è diventata una attività ricorrente ed è normale che l'automazione di alcune fasi delle nostre attività - come sta accadendo in tutti gli altri settori - porti a un recupero di produttività. Sintomo di un mercato efficiente. È quello che ci chiedono i nostri clienti, maggiore qualità a costi più contenuti».
Iacovone si limita a parlare per EY, ma il quadro è analogo per le altre tre big di revisione e consulenza e per tutte le realtà che competono nel medesimo mercato. «Solo EY negli ultimi 3 anni ha investito in nuove tecnologie 50 milioni di euro in Italia e a livello globale circa 3 miliardi. Nell’era digitale la differenza - anche nel nostro settore - continuano a farla le competenze ma indubbiamente conta la capacità di investire». Nel mondo di revisione e consulenza manageriale sono dunque destinati a sbaragliare il campo i 4 grandi colossi Usa? «Vince chi si adegua al mondo che cambia - prosegue Iacovone - ed essere partner di un grande gruppo globale come EY ci consente di accompagnare all'internazionalizzazione le aziende italiane e di poter lavorare nel mondo. Ma EY Italia è una realtà italiana che riporta a un network internazionale con oltre 300 soci italiani e 6.000 dipendenti in Italia».
Una critica che spesso viene sollevata alle 4 big globali della revisione riguarda la reale tenuta delle “muraglie cinesi” rispetto all'attività della consulenza. Come risponde?
«In Europa negli ultimi anni è entrata in vigore una nuova e stringente disciplina della revisione di bilancio, che tra l'altro ha introdotto nel nostro continente il principio della rotazione per i revisori, e che disciplina nel complesso il business in linea con le best practice internazionali. L'attività è vigilata ovunque nel mondo da Authorities molto rigorose, in Italia è la Consob. Non ci limitiamo a rispettare le regole - spiega il managing partner di EY - abbiamo anche policy interne di rigorosa divisione delle attività». Il futuro dunque sarà sempre più a favore dei colossi del settore e dunque delle «big four? Che futuro vede per le libere professioni?
«Il futuro non può prescindere dagli investimenti nel digitale e nelle competenze. Vale per noi come per tutte le società di servizi professionali, basti pensare a quanto gruppi come le strategic firm, studi fiscali, legali e consulenziali in genere investono in tecnologia».
Finiranno le libere professioni? «Io dico di no. È certo che servono le risorse da investire. In Italia sono state introdotte le società di capitale per professionisti, credo che sia una risposta alle esigenze di creare strutture dimensionali più adeguate a competere per il futuro. Per quanto ci riguarda continueremo a investire e a cercare di fornire servizi sempre più utili e a prezzi più competitivi usando le tecnologie e integrando competenze diverse per una maggiore soddisfazione dei nostri clienti».
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