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«Il 2023 anno della crescita di Gaia X, aperti 3 hub negli Usa, non siamo protezionistici»

Il punto del ceo Francesco Bonfiglio sul progetto per federare le infrastrutture cloud e i dati nel mercato europeo

di Simona Rossitto

Francesco Bonfiglio, ceo di Gaia X

4' di lettura

2021: la definizione; 2022: l'implementazione; e nel 2023, per Gaia X è arrivato il momento della crescita, «aprendo le porte all'adozione degli standard da parte del mercato». Continua il percorso del progetto per federare infrastrutture cloud e dati nel mercato europeo che durante l'ultimo summit di Parigi, a novembre scorso, ha annunciato proprio il passaggio alla verifica della compliance rispetto agli standard Gaia X, elemento cruciale per fare nascere i servizi nel mercato. «Abbiamo annunciato questo passaggio che si traduce – afferma il ceo Francesco Bonfiglio a DigitEconomy.24, report del Sole 24 Ore Radiocor e di Digit'Ed, nuovo gruppo attivo nella formazione e nel digital learning- nell'attivazione delle prime digital clearing house, che riprendono il concetto delle clearing house nate in ambito finanziario decenni fa come punti di verifica delle transazioni finanziarie di valore».

Report / DigitEconomy.24 - Il futuro del cloud

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«Nel 2023 atteso effetto palla di neve, il mercato comincerà a richiedere servizi Gaia»

Quanto ai rapporto con il Psn, il Polo nazionale strategico del cloud, Gaia X si candida, spiega Bonfiglio, a una sempre più stretta collaborazione, nell'ambito di un modello quanto più federale possibile. Intanto, fuori dall'Europa, Gaia X, che non si propone come «progetto protezionistico»; ha aperto ben tre hub negli Usa, segno che la contrapposizione non è tra Usa ed Europa, ma tra pochi operatori dominanti e modello federato. Nel 2023, in particolare, ci si aspetta di vedere, tre fenomeni: «i primi market place di servizi, la pubblicazione di servizi Gaia X compliance da parte dei fornitori (che pubblicheranno servizi in formato Gaia X in cataloghi visibili a tutti); gli utilizzatori di tecnologia che chiederanno conformità a Gaia X. Si creerà un effetto palla di neve, il mercato comincerà a richiedere la tipologia di servizi Gaia X, creando l'incontro tra domanda e offerta. Tutto ciò sta già avvenendo».

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«Gaia X sta abilitando l'economia reale, sempre più basata sullo scambio dei dati»

Ad esempio, spiega Bonfiglio, «abbiamo fatto vedere alle aziende i lighthouse project, i progetti faro. Il fornitore si trova a far parte di un ecosistema allargato, in un contesto sicuro, avendo accesso a informazioni a cui normalmente non avrebbe accesso, visto che vedrebbe solo i suoi dati. In secondo luogo, si aumenta la resilienza della filiera e diminuiscono i singoli punti di rottura delle catene». Le filiere digitali «stanno dimostrando tutta la loro efficacia industriale: sono dei veri e propri progetti industriali». Giaia X, quindi, «sta abilitando l'economia reale. D'altronde sempre più l'economia è basata sullo scambio di dati grazie a meccanismi di fiducia che Gaia X si è prefissata di realizzare».E' stata avviata, intanto, nel contesto italiano, l'operatività del Polo strategico nazionale gestito dalla cordata Tim, Sogei, Cdp e Leonardo: «già prima che partisse il Polo strategico avevo personalmente avuto rapporti con il Governo e nel progetto si trovano già riferimenti chiari a Gaia X. Peraltro, gli assegnatari del Polo, Tim in particolare, erano e continuano a essere nostri soci dal primo giorno. C'è un'evoluzione interessante che si sta concretizzando; il Polo da soluzione centralizzata si sta spostando verso una soluzione federata, in particolare nei confronti dei vari nodi di calcolo, dei vari fornitori cloud delle regioni. Credo che sia una parte trascurata nel disegno originale, sia stata prevista ma non è stata avviata dall'inizio». Secondo Bonfiglio, nel mondo dei dati, la realtà centralizzata è «anacronistica». Ci sarà, aggiunge, «un'evoluzione in chiave federale con diversi nodi. Non ha, infatti, senso centralizzare alcuni dati critici tipo sanità e mobilità, dati che sono naturalmente decentralizzati. E', ad esempio, impensabile gestire la mobilità di una città centralizzando i dati per poi riportarli indietro. Serve un approccio vicino al luogo dove vengono fruiti». Con una svolta «federale», il Psn vedrebbe un avvicinamento «ancora più forte con Gaia X».

«Dualismo non è tra Europa e Usa, ma problema è dipendenza da pochi operatori»

Fuori dall'Italia, e anche dell'Europa, Gaia X ha aperto tre hub negli Usa: uno in California, uno in Texas e uno a Washington: «Come per tutti gli hub non siamo noi a sollecitarli, ma è la comunità industriale che si costituisce in hub perché riconosce gli obiettivi di Gaia X». D'altronde, «quello che sta facendo Gaia X non è un progetto protezionistico, non soddisfa solo gli utilizzatori europei di tecnologia ma è un bisogno assoluto, non si può pensare di poter sopravvivere in uno Stato quando le nostre vite, le nostre giornate di lavoro, le giornate a scuola dei nostri figli dipendono da piattaforme tecnologie nelle mani di 3-4 operatori nel mondo. Il problema non è di un dualismo America-Europa, ma di dipendenza da un manipolo di pochissimi operatori privati dominanti, fattore inaccettabile in Europa come altrove».Negli Usa, ad esempio, «secondo l'approccio americano molto pragmatico, sono partiti dall'esigenza di un progetto molto ambizioso che coinvolge le infrastrutture di un intero Stato, implementando un grande obiettivo di ‘intellingent infrastructures'. Si tratta di creare, ad esempio, strade già sensorizzate, con tecnologia adatta a raccogliere informazioni e trasferirle a nodi di calcolo allegati all'interno delle stesse infrastrutture. Grazie all'Intelligenza artificiale tutta questa infrastruttura diventa appunto intelligente, parlando con dispositivi, automobili, mezzi di trasporto». In Italia «ci sono già molti progetti che vedono partecipare anche società italiane, negli ambiti più disparati, dall'automotive alla ricerca di competenze. Solo per citare un esempio, c'è il progetto Prometeus nell'ambito dell'educazione e del reskilling che si occupa di raccogliere dati e creare uno spazio dati comune europeo per mappare le competenze e farle incontrare, verificarle rispetto alle opportunità di lavoro e quindi creare anche gli strumenti per colmare eventuali gap. E' un progetto molto interessante, partito dalla Francia, ma sta arrivando in Italia. Ci sono già aziende italiane che fanno parte del progetto. D'altronde, iniziative che partono da un Paese possono incontrare piattaforme e iniziative in altri Paesi, in diversi Paesi europei integrati, e questo vale per tutti gli altri progetti raccontati nel nostro sito . Quasi tutti puntano alla creazione di filiere digitali, ma anche all'abilitazione di un modello federativo, tanto più importante perché al momento – conclude Bonfiglio - non c'è un player europeo».

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