Il big russo Alrosa si allea con De Beers nella blockchain dei diamanti
di Sissi Bellomo
2' di lettura
Due big dei diamanti, una sola blockchain. La nuova piattaforma per la tracciabilità delle gemme creata da De Beers ha raccolto l’adesione della russa Alrosa, numero uno mondiale per carati prodotti: un’alleata davvero preziosa – è proprio il caso di dirlo – per consentire l’affermazione di Tracr come sistema vincente per rassicurare i consumatori, oggi sempre più attenti agli aspetti etici nella filiera dei gioielli, ma anche sempre meno innamorati dei diamanti.
Avviata quest’anno, la piattaforma Tracr aveva già coinvolto a maggio il gigante della gioielleria Signet. L’arrivo di Alrosa darà una marcia in più al progetto, che già spicca come una delle applicazioni di maggior successo della blockchain nel settore delle materie prime.
La tecnologia della «catena dei blocchi» – resa celebre dalle criptovalute – si presta alla perfezione per certificare le caratteristiche e la storia di un diamante, dalla miniera alla vetrina del gioielliere. Grazie a un registro digitale pubblico distribuito, consente infatti di conservare per sempre, in modo sicuro e accessibile, ogni informazione e transazione.
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Nello settore dei preziosi ci sono anche progetti concorrenti, in particolare TrustChain, promossa da Ibm e Richline Group, che ha ottenuto tra l’altro la collaborazione di Rio Tinto (il terzo produttore mondiale di diamanti dopo Alrosa e De Beers).
Un altro esperimento è stato avviato a Hong Kong da ZhongAn Technology, controllata dalla cinese ZhongAn Insurance, che ad agosto affermava di aver già “schedato” grazie alla blockchain 760mila gemme.
La lotta contro i cosiddetti «diamanti insanguinati», la cui vendita serve a finanziare attività di guerriglia, è iniziata una ventina d’anni fa ed è ormai consapevolezza diffusa che i risultati siano stati poco soddisfacenti.
Il Kimberley Process Certication Scheme (Kpcs), varato nel 2003, copre uno spettro troppo limitato di violazioni, che ora si vorrebbe ampliare in modo da tenere conto anche di diritti umani, tutela dell’ambiente, riciclaggio. Il World Diamond Council la settimana scorsa ha appoggiato un processo di riforma, che dovrebbe partire a novembre con l’assemblea plenaria dei Paesi aderenti.
De Beers e Alrosa hanno bisogno di muoversi più in fretta nella tracciabilità delle gemme anche per contrastare le difficoltà del mercato: nei primi nove mesi dell’anno la controllata di AngloAmerican ha visto calare le vendite dell’11% a 23,9 milioni di carati, la mineraria russa ha subito un declino del 9% a 29,1 milioni di carati.
La colpa in parte è del rallentamento dell’economia. Ma c’è anche il cambiamento dei costumi: il «solitario» non affascina più come un tempo, specie se solleva dubbi etici. In più c’è la concorrenza, sempre più temibile, dei diamanti sintetici, gemme create in laboratorio e dunque identiche a quelle estratte in miniera, ma molto più economiche e sicuramente mai «insanguinate».
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