Il Bisonte in mani giapponesi cresce a Oriente ma rimane brand a filiera corta
Nuova squadra al timone del marchio toscano di pelletteria, rilevato dalla Look Holdings Inc., quotata a Tokio. E piano di sviluppo a ritmi ordinari
di Silvia Pieraccini
2' di lettura
Capita di rado che un marchio sia acquisito dal proprio distributore storico, in questo caso giapponese. Così come capita ancor più di rado che sia acquisito a un prezzo pari a circa 20 volte l’ebitda adjusted, il margine operativo lordo rettificato. Per questo la vicenda del Bisonte, il marchio fiorentino di pelletteria artigianale casual-chic passato nel giugno scorso dal fondo britannico di private equity Palamon alla Look Holdings Inc., quotata a Tokio, per un valore pari a 100 milioni di euro (tre volte la cifra pagata da Palamon nel 2015), si configura come un unicum che ora ha bisogno di rientrare su binari “ordinari” per costruire una nuova strada di sviluppo.
La nuova squadra al timone
Alla guida dell’azienda – dopo l’abbandono dell’ad Sofia Ciucchi (entrata nel board esecutivo di Ermanno Scervino) – c’è ora Luigi Ceccon, 50 anni, una lunga esperienza proprio in Palamon e già nel consiglio di amministrazione del Bisonte, che ha dato il via alla ristrutturazione: «C’è un nuovo team stilistico senza art director, nuovi sistemi informativi, meno centralizzazione e più lavoro di squadra – spiega Ceccon – e Wanny Di Filippo (fondatore dell’azienda negli anni Settanta e finora rimasto come uomo-immagine, ndr) avrà un ruolo maggiore su prodotto e visione».
Crescita a filiera corta
La crescita repentina vissuta dal Bisonte nel 2017-2018, con impennate del fatturato del 30% all’anno (fino ai 35 milioni del 2018 con ebitda all’8% e utile a 1,9 milioni), si è fermata nel 2019, chiuso sotto i 36 milioni di ricavi, per il 50% realizzati in Giappone (dove Look Holdings gestisce 42 monomarca), per il 15% in Italia (ci sono quattro negozi a Firenze, Milano e due a Roma), per il 10% in Europa e per il resto in Asia, Australia e Usa. Le vendite per la primavera-estate 2020 sono rimaste stazionarie ma quest’anno, secondo Ceccon, servirà a preparare la nuova crescita.
La produzione e il quartier generale rimarranno a Firenze, assicura la proprietà, mentre lo sviluppo ora guarda soprattutto a Oriente: «Guardiamo all’Asia, non solo al Giappone ma anche alla Cina – sottolinea Ceccon – e da questo punto di vista abbiamo la fortuna di avere un azionista che conosce bene l’area. Il prodotto? C’è bisogno di adattare i livelli qualitativi ai tempi attuali».
Il vanto di un marchio internazionale come il Bisonte, negli ultimi anni, è stata una filiera corta “a km30”, con tutte le lavorazioni di borse e accessori concentrate nell’area fiorentina, l’apertura di un centro logistico a Pontassieve e la ristrutturazione del vecchio stabilimento per rafforzare la parte di sviluppo tecnico e di prototipia industriale.
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