Il campionato del gambero aspettando la Champions. La Roma consolida il terzo posto
I giallorossi liquidano l’Udinese e consolidano il terzo posto in classica staccando il Milan di tre punti e l’Inter di cinque
di Dario Ceccarelli
5' di lettura
È dura, diciamo la verità. È dura parlare di un campionato già stravinto dal Napoli (e con Lazio e Roma galoppanti verso il secondo e il terzo posto) ma appeso come un salame a quanto accadrà tra martedì e mercoledì in Champions, con le sfide di ritorno tra Napoli-Milan e Inter-Benfica, sfide che sposteranno completamente ogni giudizio e pregiudizio.
Perché alla fine, lo sappiamo, tutto dipenderà dagli esiti di questi due snodi, decisivi praticamente per tutte le protagoniste. Perfino per il Napoli, che pure, da incontrastato Re del campionato, avrebbe il diritto di godersi la sfida europea con il Milan come un delizioso babbà da gustarsi a prescindere. Una bella pastiera da ammorbidire con un liquoroso Lacryma Christi del Vesuvio.
E invece no. Perfino la squadra di Spalletti vive momenti di ansia e incertezza. La città è pavesata d’azzurro, tutto è pronto per la grande festa, ma questo incrocio con il Milan, al di là delle inevitabili spavalderie, cambierà comunque qualcosa. Un successo sui rossoneri sarebbe la prova provata che questo è l’anno del Napoli con tutti gli annessi e connessi del caso.
Una caduta, anche onorevole e combattuta, sarebbe invece “una carta sporca” che spariglierebbe il mazzo dello scudetto. Un velo grigio che appannerebbe l’azzurro splendente del golfo, con gli inevitabili strascichi che sotto il Vesuvio non mancano mai, come si è visto con le recenti contestazioni alla dirigenza.
La corsa dei gamberi
E se il Napoli, che pure recupera il suo gigante Osimhen, non dorme sonni tranquilli, figuriamoci le milanesi che, nel nome dell’Europa, in campionato hanno corso come i gamberi: un passo avanti e due indietro, una processione sui ceci che ha provocato piaghe e sberleffi, feroci critiche e pesanti contestazioni.
La più esposta è l’Inter di Simone Inzaghi, che con le sue spericolate montagne russe tra campionato e Champions è ormai una sperimentato format che si ripete quasi ogni settimana. C’è il mercoledì da leoni, come a Lisbona col Benfica, e poi c’è il sabato italiano con pernacchie, fischi e processi che trafiggono il povero Inzaghi come San Sebastiano nel quadro del Mantegna.
«Dobbiamo fare tutti mea culpa, io in primis che sono l’allenatore», spiega Simone con lo sguardo mesto del peccatore dopo l’ignominiosa sconfitta con il Monza a San Siro, terza caduta di fila in casa senza mai segnare un gol. Un ritmo da retrocessione che sembra incredibile dopo la magica notte di Lisbona. Eppure il mistero resta: leoni in Europa, pecorelle smarrite in patria. Che fare?
Inzaghi appeso a un filo
Già volano gli ultimatum: “Il destino di Inzaghi appeso a un filo” annuncia la Gazzetta dello Sport, ben sapendo però che se mercoledì il dio del calcio gliela manda buona, tutto si ribalterebbe. Con Inzaghi che da incallito peccatore, responsabile di 11 cadute su 30, ritornerebbe ad essere il mago delle sfide senza ritorno, il navigatore dalle mille vite che risale dagli abissi. Dove stia la verità è un bel mistero. Nemmeno l’ipotesi di saltare la Champions l’anno prossimo, mandando in fumo 60 milioni, sembra stimolare questa strana compagnia di viaggio. Perfino l’idea di scavalcare i cugini rossoneri, frenati dal pareggio di Bologna, ha dato la scossa ai nerazzurri che ora traccheggiano al quinto posto (fuori quindi dall’Europa) dietro Roma e Milan.
E vogliamo parlare del Milan? Pure Pioli non dorme tranquillo. Vero che il pareggio di Bologna, condizionato da un paio di episodi da rigore a favore dei rossoneri ignorati dall’arbitro Massa, è meno rovinoso della caduta dell’Inter, però il rallentamento del Diavolo in campionato è quasi imbarazzante. Nell’ultimo mese i tre pareggi con Salernitana, Empoli e Bologna e la sconfitta con l’Udinese pesano come macigni. Certo cambiare per turn over dieci giocatori come a Bologna ha un costo, ma comunque resta un problema: che se va male martedì a Napoli, il Milan si ritrova con quasi nulla in mano, a parte un traballante quarto posto per la Champions.
Insomma, la posta in palio è altissima. Certo questo doppio binario tra Champions e campionato sta provocando dei terremoti senza precedenti. Come dimostra lo splendente secondo posto della Lazio, sicuramente ben guidata da Sarri, ma sgravata dagli impegni europei.
Vola anche la Roma: 3-0 all’Udinese
Intanto con un perentorio 3-0 la Roma liquida i friulani e consolida il suo terzo posto in classica staccando il Milan di tre punti e l’Inter di cinque. Una Roma concreta che, scacciando i fantasmi della sconfitta europea con il Feyenoord, ribadisce che non vuole perdere il treno della Champions. Opposta a un’Udinese in decrescita, la squadra di Mourinho sfrutta al meglio le palle inattive andando al gol dopo un rigore tirato sul palo da Cristante e ribadito in rete da Bove.
Di Pellegrini, ben servito da Belotti, e di Abraham nel recupero, le altre due reti giallorosse. Un rigore, non sfruttato da Pereyra, è stato concesso anche all’Udinese. La Roma comunque va a gonfie vele. E le vanno tutte bene, compresa una sua certa facilità a conquistarsi i rigori come dimostra il suo record (9 penalty) ottenuti finora in questo campionato. Il vulcanico Mourinho, con il suo attivismo mediatico, evidentemente li attira. «Rigore è quando arbitro fischia», diceva giustamente Vujadin Boskov
Seconda sconfitta di fila per la Juventus
Che l’Europa sia matrigna, lo dimostra anche il nuovo ko dei bianconeri, sconfitti per uno a zero (rete di Defrei) dal Sassuolo. Anche la squadra di Allegri era reduce dal turno di coppa. E infatti per un’ora la partita è stata straziante. Di una noia abissale. Con l’esperimento del doppio centravanti (Vlahovic-Milik) miseramente fallito. Passata in svantaggio, la Juve è uscita dal buio ma ormai era troppo tardi. Non era mai accaduto, quest’anno, che la squadra di Allegri venisse battuta due volte di seguito. È il terzo ko nelle ultime 4 gare. C’è anche un certo mal di trasferta per le sei sconfitte subite lontano da casa. Segnali allarmanti. Pur non brillando, prima almeno vinceva. Ora è più coerente: gioca male e quindi perde.
Amstel Gold Race, nuovo exploit di Pogacar
Con un campionato ormai tutto proiettato sulle sfide di Champions, ci pensano gli altri sport a darci delle emozioni. Il tennis con Sinner che sfiora il colpo grosso a Montecarlo. Poi la MotoGp con Bagnaia che cade anche ad Austin dopo aver dominato la pole e la Sprint; infine il ciclismo che corsa dopo corsa ci racconta gli exploit di una nuova generazione di fenomeni come Pogacar, Van Der Pole, Van Aert. L’ultima straordinaria impresa è quella di Andrej Pogacar che, dopo aver dominato due settimane fa i muri del Pavè al Giro delle Fiandre, firma questa volta un nuovo capolavoro vincendo in Olanda la classica della birra, l’Amstel Gold Race, dopo una fuga di 90 chilometri in cui ha frantumato la resistenza di una quindicina di audaci che hanno inutilmente tentato di stargli dietro. L’ultimo a cedere è stato il campione olimpionico di mountain bike Tom Pidcock. Ma anche il britannico, a 28 km dal traguardo, sulle rampe del Keutemberg, ha dovuto mollare la presa. Troppo forte, Pogacar, che firma l’undicesimo successo della stagione, il 57esimo della sua carriera. Un fenomeno questo sloveno, punta di diamante di un ciclismo giovane e sempre arrembante, che si è già prenotato per la prossima Freccia-Vallone e per la Liegi-Bastogne -Liegi (domenica prossima), l’ultima corsa delle Ardenne che chiuderà il ciclo della classiche del Nord. Van Der Pole, già vincitore all’ultima Roubaix, questa volta non ha partecipato ma, come ha raccontato Pogacar, è stato comunque sul pezzo. «Mi ha telefonato dicendomi di attaccare proprio sul Keutemberg…», ha rivelato al traguardo lo sloveno. Rivali in corsa, ma quasi amici nella vita. È lo spirito di una nuova generazione che sta profondamente rigenerando il ciclismo... Peccato che gli italiani, a parte Filippo Ganna, non facciano parte di questa nouvelle vague sempre al caccia di nuovi traguardi. A proposito: Andrea Bagioli, primo degli azzurri, si è qualificato sesto con un ritardo di oltre tre minuti.
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