Il canone classico: perché i codici antichi (ri)popolano il presente
Lire e volti mitologici diventano decorazioni per tessuti d'arredo, la pietra esplora tracciati primordiali e la terracotta racconta la Magna Grecia.
di Stefano Salis
5' di lettura
C'è qualcosa di nuovo, anzi di antico, nell'aria che gira intorno: e anche nelle nostre case. C'è qualcosa di nuovo forse perché “sa” di antico. O magari, ribaltando il ragionamento, l'antico non è mai stato così nuovo. La primavera del 2023 porta, con un pizzico di sorpresa, una ventata di classicità. La moda, il design, le mostre: la cultura che si respira mira a una risposta, anche se fosse solo un'atmosfera, che viene da tempi profondi, sedimentati nelle nostre coscienze e conoscenze, che si impongono con una nuova, imprevista, consapevolezza. Che è superficiale, all'apparenza, ma insita nel nostro modo – soprattutto di noi italiani – di vedere e sperimentare le cose.
Del resto, a dettare le linee guida di una tale riconfigurazione della presenza del classico è stata una mostra fondativa alla Fondazione Prada, Recycling Beauty, curata da un antichista di provata fede e fama come Salvatore Settis (con Anna Anguissola e Denise La Monica, e un sontuoso progetto allestitivo ideato da Rem Koolhaas/OMA). Nella loro nuda ed inequivocabile bellezza materica le opere erano collocate direttamente sui pallet da viaggio e trasporto, sui loro stessi imballaggi, ma visibili con modernissime poltrone da ufficio: pavoni, gruppi marmorei, sculture, tombe, sarcofagi, portali, iscrizioni, copertine di libri, teste, statue colossali, cosmatesche e camei, ci si presentano per ciò che sono sempre stati: materiali d'uso. Perché questo è il sottofondo che ci si dischiude: nel catalogo, infatti, ci vogliono 60 (sessanta!) pagine prima di arrivare al primo saggio. E sono 60 pagine che, da sole, ti aprono gli occhi. Sono un “viaggio in Italia” fotografico da Roma (ovvio!) a Rimini, da Lucca a Terracina, da Volterra a Pozzuoli, da Milano ad Assisi, Perugia, Siracusa, Gerace; da ponti a chiese, da strade all'apoteosi del Pantheon, colonne napoletane e capitelli spoletini: l'antico non è una rovina e non è nemmeno passato. È struttura di convivenza, è pietra oltre il tempo, è presente che non si stanca di ripetere la sua attualità, è promessa di futuro, è genio e fantasia, è ricapitolazione, scarto, riutilizzo, riciclo, anche, ma è, soprattutto, vita.
Questa è la lezione: conviviamo con il nostro passato, ci camminiamo sopra, ci lavoriamo, passiamo oltre: ed è lui che ci supera, non noi lui. Di più: il passato ci indica una strada per il futuro e ne diventa un immancabile contesto. Si spiega così la scelta di sfilare in uno scenario mozzafiato che prevede i templi di Luxor e le piramidi di Giza, luoghi mitici dell'antico Egitto che non solo rendono ancora più presente il patrimonio archeologico egiziano (una vetrina per rinnovare l'immagine dell'Egitto e attirare i marchi del lusso): solo per fare qualche esempio, nello scorso inverno Stefano Ricci e Dior hanno collezionato piramidi e innovazione oltre che abiti e fruscianti bellezze. Si spiega così il prestito di un giorno, dal Museo archeologico di Napoli, dei due Corridori di Ercolano per fare da sfondo allo show ideato da Matthieu Blazy, direttore creativo di Bottega Veneta.
Ecco perché, a guardare con questo occhio, non sorprende più di tanto che designer e stilisti vogliano essere ancora più immersi nel classico: e solo per fare qualche esempio, date uno sguardo a queste pagine. Se, in occasione di Maison&Objet 2023, il designer Antonio Aricò ha presentato Magna Graecia, una famiglia di oggetti realizzati interamente in terracotta che celebra le antiche colonie greche del sud Italia (prodotta da Seletti e pensata per interni e outdoor), un innovatore senza tema di smentite come Konstantin Grcic presenta, con la solennità che si deve a una scultura di Canova, la libreria oversize Wall disegnata per Galleria Giustini/Stagetti. Tre moduli, venduti anche individualmente, in legno verniciato a mano: un sogno dalle movenze architettoniche che riempie del suo equilibrio formale qualsiasi parete. Non è finita: i tessuti di Rubelli immettono nel loro immaginario lire e antiche bellezze greche. Il volto di Antinoo suggerisce una eterna ricerca e voglia di superare i confini del tempo.
Dal design all'arte, ecco, invece, le nuove risultanze dalla ricerca solitaria dell'artista catanese Sergio Fiorentino: nel suo sognare icone contemporanee ha realizzato una collezione con materiali tipici delle arti decorative siciliane del passato (bronzo, ottone, argento, lapislazzuli, corallo). In ciascuno di questi pezzi, come in alcuni automi, reliquiari e mobili del passato, un segreto che, una volta scoperto, fa aprire l'oggetto e uscire il blu oltremare, colore tipico dell'artista. E così ad esempio nel Mobile di San Sebastiano, tirando le frecce, si aprirà il corpo del Santo in bronzo argentato e il mobile stesso; nel Mobile delle Aguglie, spostandone una, si aprirà con un sistema di controbilanciamento la parte superiore. Ed infine, nella Testa in bronzo, la pressione di un occhio di lapislazzuli farà scattare una molla che aprendo la testa mostrerà lo smalto blu interno. Nel mezzo busto di San Sebastiano in maiolica, nel punto in cui ci sarebbero stati i fori delle frecce, ci saranno piccoli vasi monofiore di ottone. Nasceranno fiori dai fori. Avranno una tiratura che va dai 12 ai 50, ma ognuno sarà un pezzo unico per gli interventi eseguiti dall'artista.
Ed è per questo, ancora, che passando dal classico, e attraverso di esso, ci si àncora sempre di più alla suggestione delle forme primordiali: qui, solo per dare degli esempi, ecco la collezione Circle di Alessandra Facchinetti, ispirata alla forma di un cerchio perfetto e composta da cinque oggetti pensati per servire tè e caffè. O il sottobicchiere di pizzo con perla di Gohar World, fondato dalle sorelle Laila e Nadia Gohar, che individua nella pietra un cardine di leggerezza e consistenza che rinnova l'oggetto. E sarà una ricerca ancora più primordiale, che si pone a celebrare la stessa materia e la forma come elemento di ispirazione irriducibile, a dettare le prossime mosse di una presenza del primigenio che si fa sostanza.
Uno degli esempi, insieme più allucinati e fascinosi, è proprio l'installazione Antipodes dell'artista argentina Pilar Zeta con lo scultore messicano Andrés Monnier (per Galerie Philia), un mondo escheriano che evoca e ribadisce. Una sequenza di pensieri creati in un mondo digitale, ma resi materici dalla pietra. La roccia. Come ci ha insegnato il grande Roger Caillois, la scrittura e la lettura delle pietre sono elementi di incomparabile bellezza, nella quale l'umano, non ancora perturbato dalle sue distrazioni, rivive l'eterno del cosmo e ne indovina figure che precedono l'arte.
«L'affinità di scegliere le rocce come materiale per il nostro mondo umano è il legame che abbiamo con le culture antiche. L'apprezzamento e la malleabilità delle rocce sono presenti nell'evoluzione umana. In natura, le pietre possono essere trovate in molti formati, dalle trame delicate a una superficie grezza e brutalista», spiegano gli artisti. E raccontano di un elemento scarno, la pietra, che tutte le civiltà hanno contemplato, forgiato, onorato e venerato. La pietra è il più forte memento di tempo che l'uomo incontra nella sua esperienza: un infinito che gli sopravvive e respira i moti del cosmo.
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